Paestum: SudCamp, neppure Fini scuote il PD

Aldo Bianchini

Si è conclusa senza botti la tappa paestana del tour SudCamp 2010 alla sua seconda edizione organizzata dall’ “Associazione Trecentosessanta” di Roma e curata nei dettagli dalla sede salernitana. Si potrebbe facilmente concludere dicendo “senza infamia e senza lode” per un partito, il PD, che almeno ai miei occhi appare sempre più incartato su se stesso ed incapsulato in una serie interminabile di spot e di slogan che non danno in nessun caso la scossa decisiva. Un grande partito riformista non può vivere di luce riflessa ma deve necessariamente produrre luce propria dando ai suoi numerosi elettori la certezza di un posizionamento su scelte sicure, condivise e definitive. Insomma non può continuare a trastullarsi con gli effetti più o meno esilaranti di battute ad effetto punzecchiando qua e là il nemico Berlusconi, lo stesso che da oltre quindici anni tiene in vita il PD a comando e secondo alcune studiate convenienze. L’occasione della seconda edizione del SudCamp, ottimamente organizzato, era eccezionale sia sotto il profilo dei contenuti che dei tempi. C’è stata la possibilità di parlare di tutto, dall’Europa che si è fermata ad Eboli alla manomissione delle parole, dal prezzo dell’onesta al sud come rete, dall’elogio della pazienza a fare sviluppo banca imprese lavoro per finire al tramonto del bipolarismo. Poco importante davvero che l’avellinese Carmen Verderosa venisse a dire che nel suo paese non c’era ancora l’adsl, fatto questo certamente negativo per la sua impresa ma fuori contesto rispetto ai problemi del Paese. C’è stata, invece, la realtà del nulla o quasi di un partito senza un proprio “filo conduttore”, senza una propria idea su come affrontare e risolvere i problemi reali del Paese, al di là del berlusconismo imperante, nel caso di un passaggio di consegne del governo nazionale. Non può un partito di sinistra, o meglio un popolo di sinistra, aspettare una frase ad effetto, sempre e solo sul premier, per lasciarsi andare ad un applauso convinto. E’ accaduto anche a Paestum, più di una volta, e per brevità riporto solo la frase di Marco Follini (che di destra se ne dovrebbe intendere!!) quando ha detto: “E’ indegno che il premier non abbia trovato un minuto, tra scandali e barzellette, per ricordare Angelo Vassallo il sindaco che ha dato esempio di buona amministrazione fino in fondo…”. Credo che un partito come il PD debba, invece, allontanarsi rapidamente da questo schema per spiegare come intende riformare e rilanciare il Paese. E’ strano ma ho avuto la netta sensazione, nel corso dell’intera mattinata, che tutto l’evento era incentrato non tanto sugli interessanti dibattiti per la soluzione dei problemi ma sull’arrivo di Italo Bocchino (capogruppo FLI) che avrebbe potuto infiammare la platea di sinistra. Sfortunatamente Bocchino non è arrivato ed il suo sostituto Fabio Granata non ha infiammato niente e nessuno ed ha ripetuto con cadenza quasi mnemonica i ritornelli già sentiti negli ultimi giorni, soprattutto sulla casa di Montecarlo che sembra essere diventata l’ombelico del mondo. Granata non ha risposto neppure all’intelligente domanda della conduttrice che chiedeva lumi circa la fiducia al governo sui cinque punti che Berlusconi si appresta a presentare alle Camere. E giustamente il popolo di sinistra non si è minimamente esaltato, neppure quando Granata ha detto testualmente: “Non è possibile che un paese come Santa Lucia dove gravitano interessi quotidiani di miliardi di euro grazie alla segretezza offerta alle società off-shore possa impantanarsi su una casetta di Montecarlo”. La frase di Granata la dice lunga e offre lo spaccato crudele del degrado politico nazionale che il Paese è costretto a subire, giorno dopo giorno. Fortunatamente a far lievitare il dibattito verso l’alto ci hanno pensato Gianni Pittella (eurodeputato) grazie ad una certa verve espressiva e sanguigna e Pierluigi Castagnetti grazie alla sua indiscussa preparazione culturale sui grandi temi politici ed economici del Paese. Castagnetti ha ammonito tutti sul fatto che lo “spirito leghista” (io mi occupo di me, degli altri me ne frego) sta invadendo l’intera Germania per la quale siamo tutti “a sud” e quindi non degni di attenzione. E a sud manca il clima di entusiasmo. Per concludere va detto che un partito come il PD, di fronte a d un Paese che chiede alla classe politica e dirigente il rispetto delle regole e della legalità con un tasso superiore a quello che esso stesso pratica quotidianamente, dovrebbe capire cha ha l’obbligo almeno di indicare chiaramente da che parte sta in merito al conflitto Fini-Berlusconi o allo scontro FiomCGIL-Fiat. Il PD non affronta nemmeno a Paestum questi temi sacrosanti ma si rifugia, invece, nella distribuzione di sterili e superati questionari quasi come spettasse agli elettori il compito di scegliere le linee guida  e non tanto il giudizio sulle posizioni espresse dalla leader-ship locale e nazionale. Un partito riformista non può fare come facevano un tempo le forze dell’ordine che preferivano aspettare la conclusione delle guerre intestine di malavita organizzata prima di intervenire. Così si rischia di trovare soltanto terra bruciata e nulla più.