Autonomie e Dirigenze scolastiche fasulle

Aurelio Di Matteo*

È dal 1997 che gli Istituti scolastici hanno autonomia gestionale e capacità giuridica di autodefinirsi e connotarsi. E sono quasi altrettanti anni che presidi e direttori didattici hanno acquisito la qualifica di Dirigenti. È da quella data che fu prefigurato dalla normativa un nuovo modello del sistema formativo nazionale attribuendo alle singole istituzioni scolastiche le funzioni proprie dell’amministrazione centrale per quanto riguarda la gestione del servizio di istruzione. I singoli istituti, quali autonomie funzionali con personalità giuridica pubblica, cessarono di essere il terminale di un sistema piramidale gerarchico per diventare essi stessi centri di erogazione di funzioni formative. Cosa doveva significare e comportare l’autonomia funzionale? Innanzitutto la potestà organizzativa e la flessibilità per rendere diversificato, efficiente e efficace il servizio scolastico. In tal modo la scuola avrebbe perso la connotazione di “servizio”, quasi fosse stato un ufficio dell’INPS o qualsiasi altro sportello burocratico della Stato, per acquisire quella sua propria di svolgimento della “funzione” formativa. Di conseguenza sarebbero state nella sua competenza la definizione e la realizzazione pedagogiche, organizzative e didattiche dell’offerta formativa. L’autonomia gestionale avrebbe dovuto comportare un obiettivo fondamentale: la capacità di coordinarsi con il territorio, di elaborare proposte d’integrazione culturale, di interagire con gli Enti locali e di razionalizzare le risorse umane e materiali. Dopo più di dieci anni, di questo cosa si è realizzato, al di fuori del riempimento di pagine patinate di ripetitivo e generico pedagogismo d’accatto e di “progettini” buoni per spendere qualche soldino a beneficio del solito imbonitore di piazza? A un’analisi anche superficiale l’autonomia non ha trovato attuazione e la dirigenza non si è espletata nella sua funzione. Senza queste due realizzazioni tutti i tentativi di riforma sono inesauribilmente destinati a fallire. La stessa Dirigenza si è risolta solo in un aumento stipendiale senza responsabilità e in un “titolo” da esibire sul bigliettino da visita. In dieci anni nessuno mai che sia andato a dire, in qualsiasi forma, se quel dirigente abbia raggiunto gli obiettivi insiti nei suoi compiti o quell’Istituto abbia conseguito i risultati connessi alla sua funzione. È ormai convinzione accreditata che si potranno attuare la concreta autonomia e un’efficace azione dirigenziale se si introdurranno un serio e articolato sistema di valutazione, se si abbandonerà il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per tutti i dipendenti scolastici e se si articolerà in fasce giuridicamente distinte la carriera dei docenti. La mancata realizzazione di una governance funzionale ha comportato la poca attenzione alla qualità del servizio erogato e conseguentemente è venuta meno la sollecitazione a cercare modelli organizzativi adeguati al contesto territoriale e rispettosi degli obiettivi assegnati dallo Stato alla scuola. In tutti i Paesi, pur nella diversità dei sistemi adottati, la valutazione del Sistema scolastico in generale e dei singoli Istituti è stata considerata determinante sia per stabilire se la qualità e il funzionamento dell’organizzazione adottata corrispondessero agli obiettivi formativi e gestionali richiesti sia per sollecitare e stimolare la ricerca di miglioramenti del sistema scolastico. Quasi tutti i Paesi più industrializzati hanno creato organismi esterni all’Amministrazione per monitorare l’efficienza e la qualità del sistema scolastico. Ciò è servito non solo a migliorare il prodotto formativo ma come base conoscitiva per attuare le continue e rapide iniziative di riforma. Si pensi che da noi la scuola secondaria non ha visto una riforma dai tempi di Gentile! Analogamente la modifica dello stato giuridico del docente è l’altra condizione per una scuola che voglia riappropriarsi della sua funzione di luogo di formazione di eccellenze. Uno degli alibi della cattiva performance didattica dei docenti è la costante lamentela sulla retribuzione non “europea”; ma l’insegnante italiano mal pagato è una favola, un acritico luogo comune, una falsità che da anni serve da alibi per ogni rinnovo contrattuale a tipologia “collettiva” e “nazionale”. L’Europa è diventata così un mito, lo spazio e l’ambiente nei quali ognuno potrebbe finalmente realizzare la propria professionalità e le proprie aspirazioni, potrebbe finalmente conseguire l’obiettivo di un insegnamento appagante e di un ruolo sociale restituito al presunto antico prestigio. L’obiettivo di colmare la distanza con il docente europeo è sacrosanto, ma va conseguito non soltanto per il parametro economico, ma per tutti gli altri, dei quali evidenziamo almeno tre: i docenti italiani lavorano meno dei loro colleghi europei, sono molti avendo il più basso rapporto insegnante-alunni e questi alunni conseguono i risultati peggiori di tutti i Paesi europei. Lo slogan molto caro a un sindacalismo conservatore e di retroguardia, “basta insegnanti con stipendi di fame”, dovrebbe essere preceduto da altri molto più veritieri e fondanti: basta insegnanti che lavorano poco, a volte per niente, e male; basta insegnanti firma cartellini e livellati; basta con l’istituzione scuola vista come Ufficio di collocamento! La vera Riforma della scuola italiana non ci sarà senza queste necessarie condizioni: reale autonomia di governance; valutazione degli Istituti, dei Dirigenti e dei Docenti; mutamento giuridico del ruolo del personale; articolazione della carriera; contratti di lavoro personalizzati.    

*Comitato per la razionalizzazione della formazione per il Turismo – Ministero del Turismo

 

Un pensiero su “Autonomie e Dirigenze scolastiche fasulle

  1. se è per questo si è già proceduti ad un licenziamento di massa con la gelmini. mi meraviglio che non venga citato, e palesemente taciuto, un elemento di valutazione ulteriore e cioè che l’Italia è la nazione europea che spende meno, in termini finanziari, per la scuola. e, quindi, in termini assolutiil rapporto qualità del prodotto e quantità di risorse, la produttività, è il più alto di tutti. infine per una valutazione completa vanno evidenziate le differenze di qualità a livello territoriale, infatti mentre per il meridione l’analisi è abbastanza oneste ciò non è affatto veritiero per le regioni del centro nord. quindi in conclusione egregio dottor di matteo ma dove vive?
    perchè per sostenere una politica ideologica dice cose così iverosimili? il mio parere è che qua pur di tagliare risorse si è voluto buttare via insieme all’acqua sporca anche il bambino.
    infine perchè non dice che l’Itaia è la nazione che finanzia maggiormente le scuole private? insomma la statistica e le considerazioni statistiche non possono avvalorare un pensiero ideologico.

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