Contro la noia, baci di “Dama”

                               Antonio Pirpan

 Ognuno scaccia la noia a modo suo. In casa nostra, per antica usanza di famiglia, lo facevamo mangiando dolci. Con risultati eccellenti. Quando c’era aria di “mosciaria”, i cartocci di paste fresche andavano avanti e indietro e, all’istante, tornava il buonumore. Col tempo, le cose sono cambiate perché il mio pancreas ha deciso di produrre meno insulina, costringendo il medico a ridurmi gli zuccheri dalla dieta quotidiana. La tentazione, però, è sempre in agguato. Basta passare davanti a una pasticceria per restare a bocca aperta. Ricordo mia madre che diceva: “I dolci in questa vetrina non fanno male”, e poi aggiungeva: “Finchè rimangono in vetrina”. Ecco, quindi, babà alla crema, cassatine (o “zizze si monaca”, se preferite), cannoli siciliani e sfogliatelle napoletane, in agguato tra Scilla e Cariddi, funghetti al caffè, prussiane di sfoglie, “scazzette” del vescovo, torta di ricotta e pere. C’è da lasciarci il cuore. Mia moglie ha intuito il mio disagio e con un bel sorriso mi ha consigliato la ricetta per tenere a bada la mia golosità: semmai fossi stato tentato di sgarrare, avrei dovuto pensare a lei, e a quanto orgogliosa fosse di me, uomo “tutto d’un pezzo”, dice, capace di dominare gli istinti. L’altro giorno, passando davanti ad una fornitissima pasticceria del Corso, la tentazione di entrare mi è venuta e, com’è arcinoto, alle tentazioni è difficile resistere. Stavo già con un piede dentro, quando mi sono ricordato della raccomandazione di mia moglie e, un po’ crucciato, ho deciso di lasciar perdere. A volte, mi stupisco di essere così comprensivo.