Editoria e libertà di stampa

Aldo Bianchini

Non mi accade spesso, soprattutto in materia come la libertà di stampa e il rapporto tra editori – scrittori e giornalisti, di condividere le prese di posizione di un magistrato dichiaratamente di sinistra. Questa volta, però, devo riconoscere di essermi ritrovato, quasi interamente, sui contenuti dell’approfondimento di Raffaele Cantone, magistrato napoletano della DDA, in merito all’appello lanciato dal teologo Vito Mancuso verso tutti coloro che scrivono con la casa editrice Mondadori per invitarli a desistere dal farlo in quanto sembrerebbe che la Mondadori si sia avvalsa di una “leggina ad hoc” per risolvere in maniera vantaggiosa una controversia con il fisco. Il problema di coscienza e di etica, secondo me, non sarebbe proprio esistito se il padre-padrone della Mondadori non fosse stato l’onnipresente e ingombrante Silvio Berlusconi. Il magistrato napoletano Cantone risolve il presunto conflitto etico e di coscienza con una serie di argomentazioni davvero interessanti e conclude, giustamente, per la continuazione della sua collaborazione con la casa editrice internazionale. Al di là delle considerazioni (tutte opinabili!!) fatte dal magistrato sulla opportunità di una norma fiscale che pone delicati problemi di ordine politico-istituzionale, connessi alla presenza dell’irrisolto (e forse irrisolvibile!!) conflitto di interessi fra i titolari del “munus” pubblico ed i beneficiari delle leggi, la cosa che mi ha colpito in senso positivo della dichiarazione di Cantone è la seguente. “Mi sono chiesto più volte –dice- se la vicenda potesse essere un ostacolo, a maggior ragione per me che sono un magistrato e che tengo al rispetto delle regole più di ogni cosa, a pubblicare ancora con la Mondadori…Sono partito da un dato di esperienza; le persone che lavorano in Mondadori sono dotate di professionalità eccezionali e di grande autonomia, anche rispetto alle stesse idee dei vertici aziendali; ho scritto di camorra e mi accingo a farlo di nuovo, ed è un tema che certamente non piace alla proprietà, ma nessuno me lo ha impedito ed anzi ho trovato entusiasmo ed interesse…”Ma allora, mi sono chiesto, Berlusconi non controlla il variegato mondo dell’informazione? Tra le tante osservazioni positive, spiace dirlo, il bravo Cantone non ne fa una fondamentale che riflette la sfera personale di ognuno di noi, tutti portatori di proprie idee e valutazioni che inducono ad esternazioni e riflessioni di stampo radicalmente diverso. Io questo aspetto lo chiamerei semplicemente “democrazia”, e se è democrazia perché impedire a Berlusconi di pensarla in maniera differente dalla mia soltanto perché è ricco e si chiama Berlusconi. Il necessario per chi fa lo scrittore o, meglio ancora, il giornalista è incappare in un personaggio che può pensarla anche diversamente da me ma che non mi impedisce di esternare le mie idee attraverso uno strumento come una casa editrice che lui gestisce e paga. Questa valutazione complessiva probabilmente Cantone l’ha fatta, dispiace solo che non l’abbia chiaramente enunciata, ne avrebbe guadagnato il dibattito democratico e, forse, ne avrebbe guadagnato soprattutto l’immagine di Berlusconi che in tanti cercano di offuscare sotto ogni punto di vista. Nel caso specifico il magistrato ammette anche che l’operazione (conflitto con il fisco) non era tecnicamente illegittima ma, come dicono gli studiosi, “elusiva” se posta in essere solo per danneggiare il fisco. Ma qui gentile Cantone la Mondadori non ha inteso danneggiare il fisco ma, molto verosimilmente, ha cercato di difendere centinaia se non migliaia di posti di lavoro nell’ottica di salvaguardare il diritto alla “libertà di espressione” anche per scrittori come Lei, certamente non vicino alle posizioni del Cavaliere. E c’è un altro elemento che Lei, forse, non ha valutato e che i cervelloni della Mondadori sanno individuare immediatamente con grande fiuto commerciale. Una regola prima di tutto, il ritorno commerciale di un libro, di un giornale o di una tv. Se Lei non avesse dimostrato capacità narrative stia tranquillo che anche un “editore amico” non avrebbe pubblicato neppure un rigo del suo scritto. Sono proprio queste cose che mancano al mondo dell’informazione e dell’editoria in genere, e per questo il dibattito di avvelena e si radicalizza senza alcuno sbocco democratico. Insomma, per concludere, se da un lato il rispetto per le idee di chi scrive è sacrosanto, è altrettanto giusto che chi scrive rispetti le idee di chi edita. Soltanto quando questo reciproco rispetto verrà salvaguardato saremo in presenza della vera “libertà di stampa e di informazione”.

 

8 pensieri su “Editoria e libertà di stampa

  1. Del conflitto tra il cavaliere e la democrazia ne diceva Montanelli: “questo signore non ha idee, ha solo interessi”.

  2. Si tratta di “democrazia” e di “libertà di stampa” o
    di “ritorno commerciale”?

    Noto una contraddizione.

  3. Rache’ …. te lo volevo già dire per un altro tuo commento: “Ma statt ‘a casa”.

  4. Per chi ancora ricorda il latino, C.V.D.
    Per tutti gli altri, basta leggere “Vietato inviare commenti ingiuriosi!Non siamo un blog!”, appunto…
    Sempre per chi conosce il latino e vuol farsi due risate, ipse dixit…, hic manebimus hoptime…

  5. Per Occhi al cielo.

    Scommetto che, in questo periodo, sei per la reformatio in peius.

  6. Per Rachele: lasciamo agli avvocati il loro linguaggio. Da lettore, ho semplicemente voluto evidenziare, per usare le sue parole, una certa “reformatio in peius” di ciò su cui ogni mi tanto diletto a volger lo sguardo. Noto che la coerenza non par albergar su questi lidi.

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