Bambini immigrati ed integrazione

Alfonso Angrisani

La presenza di minori immigrati in Italia si è incrementata nell’ultimo decennio; si apprende dall’ultimo rapporto  Caritas Migrantes che  più di un quinto della popolazione straniera è costituito da minori che ammonta alle 862.453, a questi vanno aggiunti circa 40.000 minori che sono venuti a seguito di ricongiungimento familiare. La questione relativa  alla cittadinanza dei minori immigrati nati Italia ,  negli ultimi tempi è diventato oggetto di scontro politico, tralasciando i diversi aspetti legati  a questioni politico –giuridiche:  ci preme focalizzare l’attenzione sia dal punto di  vista pedagogico che sociologico, per cui abbiamo intervistato  la Dottoressa Ivana Guacci  mediatore linguistico e specializzate nelle Lingue Oientali. La sua esperienza con i bambini immigrati? Tutto ebbe inizio nel 2006 tramite un censimento territoriale che vedeva presenti sul nostro territorio e distretto industriale solofrano, la presenza massiccia di extra comunitari di origine cinese. Si pensò all’integrazione prima comune, poi individuale dei soggetti e tramite un accordo stipulato tra l’ufficio dei servizi sociali del comune di Solofra e i due circoli didattici presenti sulla cittadina; si avviò per il nuovo anno scolastico 2007-2008 il progetto che vedeva realizzarsi l’idea di creare un ponte tra la scuola e la famiglia non autoctona. Al bambino venne data così una duplice possibilità: oltre al supporto dei docenti, poteva avvantaggiarsi di un”aiuto”extra, ovvero la figura del mediatore,(quella che ho ricoperto per l’intero anno scolastico), dove oltre a svolgere lavoro di collaborazione con il corpo docente nelle varie discipline, la mia figura era mirata sopratutto nell’apprendimento guidato della lingua italiana partendo da un confronto con la nostra cultura alla loro, per esempio attraverso modi di dire, giochi didattici, etc…i bambini restano tali anche se provengono da culture diverse, l’approccio cambia sicuramente, come cambia la metodologia di insegnamento, ma ad ogni bambino bisogna dare lo strumento della curiosità,di interrogarsi, lo stimolo a capire e la sete di imparare.Quanti sono e quali sono le difficoltà che essi incontrano maggiormente? Sicuramente la difficoltà maggiore resta la lingua, ma un bambino a differenza di un adulto assorbe più facilmente gli assetti linguistici che permettono una minima conversazione, ha più mimica rispetto ad una persona matura e questo è già un vantaggio perchè attraverso un gesto riesce a far capire i suoi bisogni; poi, associando le immagini e i giochi riesce in breve tempo a stimolare la sua parte linguistica e a”conversare”. Questo però non arresta le difficoltà che una famiglia di emigranti trova sul territorio; un bambino non può svolgere le funzioni di un adulto e quindi di conseguenza vive uno stato di penalizzazione profonda. La società dovrebbe farsi carico a questo punto, e in modo più particolare gli uffici d’immigrazione e gli uffici di assistenza sociale, a creare un ponte tra il comune di residenza e le famiglie immigrate a non sentirsi”ospiti” ma cittadini, attraverso interventi mirati che passano prima dalla didattica della lingua italiana e poi a vere e proprie sensibilizzazioni verso la cultura italiana. Solo chi sa comprendere una lingua bene può imparare ad amare la sua cultura. Non le sembra giusto che i bambini vivano la loro giornata con i loro coetaeni italiani? L’integrazione avviene in un solo modo, a mio parere, vivendo la quotidianità: più i bambini, come gli adulti del resto,vivono nel paese e si integrano più c’è voglia di rispettare le nostre regole, le nostre abitudini, divenendo le loro regole ,le loro abitudini per una convivenza pacifica e una integrazione tra i popoli.