Religione e rapporti affettivi- I^ parte

Maurizio Manzo

Seppur nei principi della nostra religione giudaico cristiana si trovano molti insegnamenti a favore del partenariato tra uomo e donna, va sottolineato che la “religione istituzionalizzata” (sia essa pagana, ebraica o cristiana) ha contribuito a mantenere le gerarchie della dominanza. In particolare nel Medioevo la Chiesa Cattolica svolse un ruolo di primaria importanza nel suscitare in uomini e donne inutili sensi di colpa, paure, sofferenze. E sebbene alcuni ecclesiastici non fossero celibi e qualcuno possedesse anche “case di tolleranza” (si dice che Papa Giulio II° fondò una casa del genere a Roma v. Lewinsohn, 1958, p. 135), la Chiesa si impegnava alacremente per l’escogitazione di regole e castighi sui comportamenti sessuali. Secondo Siricio (diventato Papa nel 384) l’ostilità della Chiesa verso la sessualità (particolarmente quella delle donne) seguiva gli insegnamenti di Cristo, ma la storica Ute Panke-Heinemann con sue ricerche ha confutato tale asserzione, evidenziando che Gesù: lottò contro gli uomini che lapidavano le donne; contestò la poligamia considerata un privilegio degli uomini ed il divorzio unilaterale degli uomini. Certamente non è stato il Cristianesimo ad introdurre l’ostilità contro il sesso, anche se furono i Cristiani ad insegnare ai Pagani il concetto dell’ascetismo sessuale. Molti Pagani, però già condividevano questa accezione di vita, infatti l’imperatore Marco Aurelio (che perseguitò violentemente i Cristiani) nelle sue memorie definì il sesso come “un attrito interno e un’espulsione di muco con una sorta di spasimo”, così mostrando lo stesso disprezzo e disgusto per il corpo umano, che poi si ritrova, pari pari riportato, negli scritti di quei Cristiani che avrebbero denunciato i Pagani per la loro licenziosità ed immoralità. Marco Aurelio si rifaceva alla scuola filosofica di Zenone, quindi come tutti gli stoici aborriva le donne, il corpo umano, il piacere sessuale.