Samaritani donatori!
Un uomo scendeva da Gerusalemme…Il Vangelo rammenta la solidarietà interpretata da un samaritano, che si presta ad assistere un uomo deprivato delle vesti e percosso dai malfattori. Malgrado la cultura del tempo, il testo sacro insiste sul ruolo samaritano: l’amore per Cristo, spinge ad aiutare gli altri, senza distinzione di razza o di religione. A costo della propria vita. La donazione di se stessi o di parte del proprio corpo, cultura altruistica. Mezzo secolo fa, il primo trapianto. Nel 1967, Christian Barnard, fece battere il cuore di una giovane donna, nel corpo di quasi un sessantenne. Venuto meno dopo circa 20 giorni. Nel nostro Paese, i trapianti, mentre allungano le liste dei richiedenti, accorciano quelle dei donatori. Tra mille perplessità, l’informazione e la spinta a saperne di più, per poter salvare vite umane. Rispetto al passato, maggiore predisposizione, ma ancora inferiore il numero dei donatori di fronte alle attese. I donatori, nei primi mesi del 2010, e in particolare a marzo e aprile, in flessione del 3,4% rispetto al 2009. Minori quanti dribblano dinanzi al trapianto di un congiunto. L’Italia, per donatori, dopo Spagna e Francia. Recentemente, un gran fracasso per le samaritane, cioè tra estranei. Il Comitato nazionale di bioetica ed il Consiglio superiore di sanità, favorevoli a riguardo. Rispettando l’anonimato sia del donatore, che del ricevente, in ossequio legislativo. Tenendo sotto stretta osservazione l’aspetto psicologico e psichiatrico del donatore, nonché monitorandolo con esami clinici specifici. Il trapianto costituisce una sorta d’appendice, di qualcosa che non è proprio. Un organo appartenente ad un altro corpo, che continua a vivere e ad offrire la possibilità di vivere anche quando le speranze ridotte al lumicino, scemano l’esistenza!
Lei gentile direttrice menziona in questo suo articolo il nome del grande chirurgo e studioso Christiana Barnard.
Ma leggendo una sua biografia non ho letto che, almeno nei primi mesi del 1965 egli era all’ospedale San Vincento di New York.
So questo perchè, siccome lavoravo a quell’epoco in qualità di cameriere nel ristorante “Nazioni Unite” poco lontano da detto ospedale,ogni giorno mi toccava servire a tavola questo storico personaggio. Per quello che ricordo, veniva a pranzo ogni giorno sempre da solo. Devo anche asserire che il 25 aprile di quell’anno lasciai il ristorante e gli Stati Uniti per far ritorno nella mia patria nativa, l’Italia. Quindi, non sono in grado di dire se dopo quella data Barnard continuò a stare all’Ospedale San Vincenti di N:Y: City. Cordialità.