Il nuovo Psi esiste!
Quando parliamo di partiti è opportuno abbandonare la logica che ha sorretto per anni la politica italiana del decorso secolo, secondo cui l’adesione a una formazione era “militanza” in un’organizzazione strutturata e distinta da altre formazioni altrettanto strutturate. Dichiarare oggi l’appartenenza a una formazione politica significa, invece, l’adesione a un progetto, a un’idea, a una metodologia di governance, a un complesso di valori ai quali ispirare l’azione per promuovere lo sviluppo sociale, economico e culturale di una Nazione, di una Regione, di un Territorio. Questa premessa è necessaria per discutere l’affermazione con la quale il bravissimo Aldo Bianchini ha titolato un suo articolo e della quale non siamo per niente convinti: il Nuovo PSI è un “partito che non c’è”. Essa si muove pur sempre nella logica della nostra giovanile militanza, dalla quale, tra l’altro, molti di noi furono pesantemente penalizzati da metodi e strutture, da una parte perché erano eredi o epigoni dello stalinista centralismo democratico e dall’altra perché l’appartenenza si doveva man mano trasformare in obbedienza perinde ac cadaver. A pensarla diversamente dall’appartenenza di clan erano guai! E la strada dei partiti “che c’erano” è lastricata di vittime eccellenti! Alla domanda implicita di Aldo, il Nuovo Psi dove sta?, io risponderei in prima battuta, che esso pulsa nel cuore del PDL depurato dalle inevitabili purulente incrostazioni e dal rampantismo che spesso si accompagnano a una grande idea, che nel caso è quella riformista. E quel nucleo, piccolo o grosso, che esplicitamente e formalmente si richiama alla tradizione socialista e in particolare all’eredità della stagione craxiana dei primi anni ottanta, vuole essere la fiammella guida per ricordare che il riformismo ha un solo aggettivo ed è quello di socialista. Gli altri “riformismi” o sono un camuffamento della vecchia logica del tatticismo togliattiano o un improponibile e antistorico catto-comunismo. I fallimentari risultati, sia teoretici sia pratici, sono sotto gli occhi di tutti. Gli è che il nome di Craxi è scomodo per tutti, né basta esorcizzarlo rifiutando intitolazioni di strade, delle quali non ha bisogno, o evitando accuratamente di farne un’analisi storica scevra da accadimenti di spicciola cronaca alla Di Pietro.Da qualche tempo, è vero, non si ascolta più la parola “socialismo”. A sinistra è ormai un termine da evitare: da quella estrema, che preferisce nostalgicamente chiamarsi comunista, a quella cosiddetta riformista, che dopo averlo proditoriamente assassinato politicamente e moralmente dovrebbe ammettere che Craxi ha avuto ragione e che il suo progetto è stato ed è prospettiva ancora valida. Forse l’ultimo progetto che la politica italiana abbia avuto! È una sinistra che in questi anni, anziché ripensare se stessa, ha avuto come unica preoccupazione quella di liberarsi, ospite scomodo, della sua coscienza critica, compito agevolato dagli epigoni della DC, partner altrettanto interessati sia a far dimenticare il loro storico realismo consociativo sia a non rimestare vicende e ideologie che potrebbero risultare indigeste per i nuovi “compagni” di viaggio. Il socialismo vero è quello che si coniuga con “riformismo” e il riformismo socialista non è certo quello affermato e non elaborato della sinistra epigona del PCI. Esso è altra cosa e da tempo! Tanto per ricordarlo a chi fa finta di non saperlo per non riconoscere la propria sconfitta, è quello che si richiama alla stagione di Bettino Craxi del “Vangelo socialista” e non a quella leninista degli epigoni del PCI, quello del Congresso socialista di Rimini del 1982 e del discorso di Craxi dell’ottobre dello stesso anno, indiscutibili testimonianze che a distanza di tanti anni “quei” Socialisti hanno avuto ragione e che il loro progetto di rinnovare la società si sta realizzando proprio all’interno del PDL. Il riformismo socialista è quello del Congresso dei “meriti e dei bisogni” (Martelli) e della “questione sociale e istituzionale” (Craxi), degli obiettivi proposti dai socialisti nel 1982 e oggi in via di attuazione con il governo di centrodestra e con il PDL; è quello della modernizzazione dello Stato, dell’eliminazione di burocrazie, privilegi e clientele, dell’innovazione di regole e istituzioni: insomma non è la prospettiva di riformisti a parole, e nei fatti gestori di clientele, ma quella della craxiana “democrazia governante”, che oggi si trova proprio nel Nuovo PSI di Stefano Caldoro. Il Nuovo PSI “per esserci” non ha bisogno di organizzarsi come frazione o camuffarsi come Fondazione, perché esso esiste come progetto, come costume, come metodo, come idea, come proposta e, perché no, come “sol dell’avvenire”. Si chiami come si voglia, ma esso è sostanzialmente “un partito progetto”. Cos’è un partito progetto? È un’organizzazione stabile e permanente, proprio come il Nuovo PSI, ma aperta agli accessi allogeni, che assume a fondamento non un complesso di principi, ma un insieme identitario di valori, una cultura politica che garantisca e promuova l’auto strutturazione della società, una cultura non rivolta all’indottrinamento schematico dei seguaci, ma sociologicamente interprete dei problemi di una comunità e progettualmente capace di risolverli. E non appaia vezzo intellettuale richiamare quanto diceva, agli inizi del Novecento, proprio in polemica con l’ideologico partito socialista, un grande della nostra storia culturale e politica, Gaetano Salvemini: “Il partito ideologico è un partito che si organizza e si isola dal mondo, diventando una chiesa con i suoi preti. Un partito non ideologico è un partito che rifiuta programmi complessivi e totalizzanti, ma assume obiettivi precisi, funzionali all’allargamento della democrazia, che propone poche riforme immediate, concrete, applicabili e che vanno incontro agli interessi dei cittadini”.La costituzione del Pdl quale nuovo soggetto politico formato da Forza Italia, Alleanza Nazionale, dal Nuovo Psi e da altre formazioni politiche, non ha significato la liquefazione del Nuovo PSI, ma la costruzione di un partito che non fa riferimento a un’ideologia o a una struttura organizzativa cogente, ma un complesso di valori e a un insieme di idee forti; su questi fondare una cultura delle riforme, piuttosto che un vuoto, astratto e ideologico riformismo. Il nuovo soggetto politico del PDL è cofondato anche dal NPSI che continua a mantenere l’identità e l’autonomia, anche organizzativa, e all’interno produce idee e proposte secondo la linea della tradizione riformista democratica e liberale. In tal senso il Nuovo Psi più che esserci diventa totalizzante di un progetto, di una dea e di una finalità.
“Il Nuovo Psi pulsa nel cuore del PDL … depurato…”
Si rivoltano nelle tombe:
Filippo Turati
Giacomo Matteotti
Sandro Pertini
Pietro Nenni
Riccardo Lombardi
Francesco De Martino
…
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…
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guarda che lo stesso pertini non volle esponenti della politica e meno che mai uomini del psi craxiano ai suoi funerali. la questione morale per i socialisti va avanti da oltre un ventennio
Appunto! Pertini!
Ma ti pare che Pertini approverebbe questo “riformismo socialista” che va a braccetto con chi affigge manifesti in cui si nega il ruolo dei partigiani nella Liberazione?
Ti pare che Pertini – che fece piangere sua madre perché aveva presentato per lui domanda di grazia – approverebbe questo Nuovo PSI “non ideologico” che fa comunella con chi si sottrae alla giustizia appellandosi al “legittimo impedimento”?
Ti pare che Pertini, che parlava di “giustizia sociale”, approverebbe questi novelli socialisti, alleati del partito/governo che ha adottato la manovra economica definita la più iniqua della storia repubblicana?
Potrei continuare all’infinito.
Appunto.. Pertini non approvava quel che era diventato il suo partito ben prima di tangentopoli, figuriamoci cosa direbbe adesso che è divenuto un’accozzaglia di ibridi riciclati in cerca di uno scampolo di sole o di un riflesso di luce.. ma tant’è, la scena politica italiana ormai ci propina anche queste squallide pantomime..