Il Vangelo della Domenica commentato – Abbazia della Scala
Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore- Lc 10,38–42
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
“Parola del Signore” “Lode a Te, o Cristo”
Pietro Bonifacio Carparelli obl—osb Webmaster abbazialascala.it
Padre Antonio G. Cassano
Lo Spirito Santo continua a ricordarci la vita e l’insegnamento di Gesù. Come quella volta che era in cammino ed entrò in un villaggio e una donna di nome Marta con la sorella Maria l’ospitarono in casa loro. Gesù è accolto da Marta, ma questa è distolta dai molti servizi, quindi Gesù riceve attenzione solo da Maria, che si siede vicino a lui per ascoltarlo. Marta, allora, appare urtata per il comportamento della sorella e vuole spingere Gesù a rimproverarla. È Marta invece ad essere ammonita. Perché? Marta chiama Gesù con il titolo di Signore, un attributo di rilievo, importante, e che appare il fulcro di tutta la situazione; infatti, il titolo torna altre due volte nel testo. Le due sorelle assumono nei confronti del Signore atteggiamenti opposti: Marta si preoccupa di servire il Signore, Maria di ascoltarlo. Marta si agita e affanna, Maria è seduta, potremmo dire serena, ad ascoltare il Signore, in quell’atteggiamento tipico che in quel tempo avevano appunto i discepoli, ossia seduti ai piedi del maestro quando insegnava. Tra i due comportamenti il Signore gradisce di più l’atteggiamento di Maria, spiegandone il motivo:«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno».Il Signore mette in rilievo che Marta si affanna e si agita per molte cose, è assorbita da molte cose da fare, che la distolgono dall’unica necessaria, l’unica di cui doveva sentire il bisogno. Quale? Ascoltarlo, porsi in ascolto di Lui, del Signore. Tornando al comportamento di Maria, ella aveva scelto di ascoltare ed era questa la scelta migliore. Una scelta, o meglio una parte che non gli sarà tolta perché Lui, il Signore, proprio per insegnare era venuto. Non molto tempo, infatti, era passato quando, avendo davanti a sé una grande folla che si radunava e accorreva a lui da ogni città disse con una parabola: Il seminatore uscì per seminare il suo seme. Mentre seminava–iIl seminatore è Lui, il seme è il suo insegnamento. Nella storia della spiritualità cristiana per diverso tempo le persone di Marta e di Maria furono prese come simbolo della vita attiva o apostolica o di carità l’una e di vita contemplativa o di preghiera o mistica l’altra. Simboli, appunto, perché il testo dell’evangelista Luca non sembra dire questo. Gesù richiama Marta ponendo palesemente in evidenza che è meglio ascoltare piuttosto che essere preda di occupazioni, in cui agitarsi e affannarsi, e che la distolgono da Lui. Il rimprovero non è però aspro, la ripetizione del nome “ Marta, Marta” ha come un sapore di bonarietà, come a voler dire qualcosa che sa di correzione ma senza calcare i toni. Gesù, dunque, non valuta negativamente l’opera di Marta; all’aggettivo migliore, la parte migliore, non si oppone l’aggettivo peggiore, ma buono. In altre parole, come accade non molto tempo dopo, una donna, presa da ammirazione, interruppe il Signore mentre insegnava e ad alta voce gridò:«Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti allattato!». La donna elogiava la madre di Gesù, ritenendola fortunata di aver avuto un figlio del genere; ma Gesù subito chiarisce il suo punto di vista: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!»È appunto questa sequenza di verbi che dà la risposta a Marta qual è la cosa necessaria. Cioè sono beati, felici, fortunati quelli che prima ascoltano e poi osservano, o per meglio dire, mettono in pratica. Infatti, com’è possibile agire secondo carità apostolica se questa non è scaturita da un precedente incontro e ascolto del Cristo? Cosa offrirebbe un cristiano, in spessore di amore, se prima non si è abbeverato a quell’amore che Cristo ha prima effuso nel suo cuore, e poi è traboccato in gesti, comportamenti d’amore per i fratelli e le sorelle incontrate? Scriverà Giovanni nella sua Prima Lettera: In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Giovanni sottolinea proprio questa sequenza del prima e del poi. Solo dopo aver conosciuto, fatto esperienza di come siamo stati amati e continuiamo ad essere amati da Dio, possiamo essere capaci a nostra volta di amare, di comunicare quell’amore che abbiamo provato; ne abbiamo avuto la carica, l’energia, la motivazione a farlo.