Regione: SICA, come nasce una stella

Aldo Bianchini

Era, giorno più giorno meno, esattamente giovedì 8 luglio 1991 e una platea immensa si prepara ad assistere alla replica finale di Bettino Craxi in quello che passerà alla storia come “l’ultimo congresso socialista”. La location è l’anfiteatro della Fiera di Bari. Un giovane ventenne, scaltro e rampante, si aggira guardingo nei vari padiglioni della Fiera. Parla con tutti, si accredita in maniera autonoma, si avvicina a tutti quelli che potrebbero portarlo verso i leader nazionali del partito. Il suo obiettivo, ovviamente, è Craxi in persona ma deve accontentarsi del suo delfino Claudio Martelli. Con una mossa a sorpresa riesce ad agganciarlo e si qualifica manifestando il suo sogno: “Sono Ernesto Sica, di Pontecagnano, e vorrei l’incarico di presidente provinciale dei giovani socialisti”. Lo dice tutto d’un fiato, tanto che il ministro di grazia e giustizia rimane un attimo perplesso, poi pensando forse ad un tranello di partito con freddo garbo risponde: “Si iscriva al partito, partecipi al dibattito interno e se avrà le necessarie qualità vedrà che sarà giustamente eletto”. Insomma fu questa, più o meno, la scena alla quale alcuni veri socialisti salernitani assistettero in quel di Bari; scena e momento che segnarono l’avvio ufficiale della vita politica di Ernesto Sica. Esattamente diciannove anni dopo, sempre di giovedì e sempre l’8 luglio, finisce probabilmente la tumultuosa escalation politico-amministrativa del sindaco di Pontecagnano, ormai ex assessore regionale. In quel lontano 1991 furono molti i socialisti che protestarono violentemente per l’ardire del giovane Ernesto che in un colpo solo aveva tentato di scavalcare tutte le gerarchie (allora ferree!!) del partito. Dovette intervenire lo stesso ministro per le aree urbane Carmelo Conte per placare l’accenno di protesta onde evitare anche alcune eclatanti dimissioni. Del resto era stato lo stesso Conte ad aprire le porte della corte socialista al giovane Ernesto per intercessione dell’intera famiglia Sica che in qualità di imprenditori molto noti avevano da tempo stretti buoni rapporti con la politica locale e soprattutto con il PSI del 33%. In pratica il giovane rampollo della famiglia Sica entrava a pieno titolo in politica, quella che conta, autoaccreditandosi di rapporti ed amicizie altolocate che molto verosimilmente non aveva. E’ stato questo il vezzo, se non proprio il vizietto, che Sica ha evidenziato nel corso di tutti questi ultimi diciannove anni, fino allo sfascio del connubio con Carboni, Lombardi, Martino e Verdini. Oggi lo si potrebbe tranquillamente definire “il bamboccione” della politica anche perché egli stesso cerca di accreditare questi fantasiosa ipotesi rispondendo alle accuse odierna in maniera sibillina e rivolgendosi a Caldoro così: “Stefano, è stata solo una leggerezza, io là in mezzo sono il più scemo”. Non il classico scemo di Collegno ma quello che più praticamente si nasconde per non andare alla guerra.  Del resto come non credergli, basta guardare in retrospettiva all’intera sua vita pubblica per capire che al di là di tutto Ernesto Sica è stato ed è un “facilone”. Gli piacciono le belle donne, per loro fa follie. Si intrufola in casa Barlotti (Hotel Ariston) con la promessa di impalmare la giovane e bella figliola, poi passa in casa De Mita di cui, grazie alla figlia, diventa subito il pupillo. Assiste immobile alla scontro anche fisico tra una sua ex e la compagna del momento in un noto ristorante di Pontecagnano, utilizza una paletta non proprio legale nel pieno centro storico di Roma urtando anche la suscettibilità del sindaco Alemanno. Viene eletto per la prima volta in consiglio regionale nelle file del PPI e lo zar di Nusco lo lancia verso traguardi inimmaginabili. Nomina addirittura l’ex prefetto Corrado Catenacci nella sua giunta municipale forse solo per accreditarsi ancora e sempre di più. Poi la svolta radicale e la grande amicizia, almeno così dice lui. Sarebbe entrato in buoni rapporti con l’imprenditore battipagliese Cingotti rampollo di una delle famiglie  più ricche del Paese). Questi lo avrebbe presentato direttamente a Paolo Berlusconi. Da qui, dopo un sapiente lavoro di accreditamento forzato, la decisione di entrare in Forza Italia prima e nel PdL poi. Il suo consenso elettorale è larghissimo, la sua ricerca del meglio è inarrestabile. Punta sempre più in alto, come quella volta a Bari, e tenta di entrare direttamente a Palazzo Grazioli. La sua ascesa sembra inarrestabile e incontrollabile, ma lo sfascio arriva improvviso e travolgente. Il bamboccione ritorna in fasce, si trincera  incredulo dietro il suo sguardo smarrito. Ha ben capito, però, quello che lo aspetta nell’immediato futuro.