Università: DDL Gelmini, lagna continua
Continua la lagna di certe università sul decreto-legge Gelmini ormai in dirittura di arrivo. Sfornano mozioni approvate dalle solite assemblee di docenti di vecchio stampo sessantottesco, ancorati da sempre ai privilegi della casta, adusi a trarne benefici sostanziosi che, in casi paradossali eppur veri, si trasformano addirittura in vitalizi sotto forma di innocenti ma consistenti rendite mensili non si sa bene in virtù di quali meriti e quali impegni e di quali entità realmente profusi. Di compromessi di sicuro, tanto vale il silenzio di chi sa, ma non dice, pur di guadagnarci in cambio. Soliti taciti accordi tra mascalzoni in doppiopetto. Più mafiosi di così! In tempi di magra come questi è l’ennesimo insulto alla pubblica povertà. Buscarsi un appannaggio di un paio di migliaia di euro al mese in virtù di non si sa quali meriti conseguiti per chi già gode del benessere della casta e dei relativi privilegi fa a pugni con qualsiasi mozione che bellimbusti del genere osano promuovere e financo sottoscrivere. Per un pudore inesistente che pure metterebbe in forse il potere del Principe, ove prevalente sulle coscienze; di un Principe che tutto può e ancor più tutto vuole, in grado di garantire, nonostante i pareri contrari per le vie brevi, e ininfluenti, (del suddito di turno pur preposto dall’ufficio e dalla legge ai doverosi atti di controlli e conseguenti pareri formali e negativi), l’intrallazzo istituzionale per un ritorno di ‘pace’ a lui indispensabile: la neutralità (retribuita) del ‘nemico’. “Divide et impera!”, per l’appunto!! Romani si nasce. Ieri come oggi. Ci fosse nell’università italiana un’autocritica su tutto ciò che ha determinato lo sfascio e il crollo della sua credibilità, allora le osservazioni conseguenti a quel DDL sarebbero comprensibili. Il dramma, purtroppo, cari colleghi, è che l’università pubblica italiana vive di sprechi immondi, di intrallazzi e di compiacenze da Terzo Mondo (forse da Quarto), di ‘trucchi’ e ‘amicizie’ che producono soldi, soldi a non finire. Per finire, molto spesso, nelle tasche sbagliate. C’è una realtà accademica che discrimina i talenti, le risorse che vivono del proprio sotto forma di intelletto, capacità, voglia di fare e di produrre. Parliamo dei migliori, di quei giovani ingegni, vere e proprie eccellenze mentali, culturali e formative superiori alla media; costretti, però, a confrontarsi con ‘colleghi’ privi di analoghe qualità e che pur viaggiano alla velocità della luce in termini di carriera. In certe mozioni assembleari dei nostri giorni si ha il coraggio di criticare le risorse umane assorbite dal mercato accademico straniero. Bella faccia tosta, bella lagna per certi ipocriti insolenti che strumentalizzano l’accademia per le proprie carriere e quelle dei propri figli. Attori consumati del degrado, che dal degrado traggono i profitti maggiori. In un paese serio, dove la democrazia è un traguardo e non una parola, prenderebbero tante di quelle pedate al posto giusto da maledire il giorno in cui hanno osato varcare le soglie del sapere. Secondo voi, quei giovani costretti scientificamente ad ‘emigrare’ per terre straniere lo fanno volentieri? E’ forse facile per loro lasciare famiglie, affetti, amicizie per imbarcarsi là dove i talenti veri si valorizzano per qualità e non per cognome?
Dopo anni di esperienze e di delusioni abbiamo cominciato a diffidare di coloro i quali promuovono assemblee per fare caciara, senza un minimo di autocritica, una sana autocritica che darebbe loro la indispensabile credibilità sui problemi da affrontare. Nell’Italia dell’accademia sprecona c’è gente che vive di finanziamenti inverosimili in virtù di ricerche di dubbia qualità, a danno di altre, tante altre che non godono del privilegio della ‘raccomandazione’. E via, così,. Centinaia di migliaia di euro annui, rinnovabili e rinnovati, sempre agli stessi, sempre alle matrone scodinzolanti del Principe-mattatore. “Divide et impera!’, ancora una volta! Già, l’eterna ‘raccomandazione’, vera palla al piede del nostro paese; soprattutto di quel paese che ormai l’’Economist’ ha definito sic et simpliciter Bordello! Se consultate Internet, noterete che per il famosissimo periodico britannico non esiste più un’Italia costituita dal Nord, dal Centro e dal Sud. Ma, hanno partorito quegli odiosissimi Inglesi, una nuova realtà geografica. Un’Italia del Nord e del Centro fino a Roma. Poi, in giù un’isola distaccata e vagante dal resto della penisola brutalmente chiamata Bordello!!! Stiano zitti, allora, coloro che predicano bene e razzolano male. Si assumano la responsabilità di avere contribuito ad un simile sfascio per quanto disfattista e spregevole essa sia nella connotazione linguistica assegnateci dai soliti perfidi figli di Albione. In qualcuna di quelle mozioni si ricorda, giustamente, che i paesi più avanzati aumentano e di molto i finanziamenti alle università, diversamente dal nostro. Vero, verissimo, anzi no. La Gran Bretagna, ad esempio, esce da una esperienza recentissima peggiore della nostra. I tagli recentissimi del governo alle università inglesi sono stati tremendi. Eppure parliamo di un Paese dove l’università è un po’ (si fa per dire) diversa dalla nostra. Dove il valore del titolo legale è una bruttura inesistente che nessuno conosce. Perché non sussiste. Lì come in tutti i paesi avanzati del mondo. Ci stiamo arrivando anche noi, forse. Perché il nocciolo del vero problema è tutto lì. Oggi come oggi insegnare in una università invece che in un’altra non cambia nulla. Stipendi e prestigio sono tutti uguali. Una volta dentro al sistema, infatti, i privilegi restano intatti. Se cominciassimo, invece, a distinguere tra università di qualità e università di quantità, per non dire peggio, le cose cambierebbero: previo abolizione del valore legale del titolo di studio.Vogliamo forse negare che molte università pubbliche italiane sono precipitate nell’ultimo decennio negli abissi? Vogliamo negare che i concorsi accademici locali hanno consentito alla classe politica italiana di sistemare i propri accoliti, portaborse, amici e amici degli amici sulle austere cattedre un tempo guidate da grandi maestri? Vogliamo negare tutto ciò? Vogliamo negare il nepotismo sfrenato, arrogante, rozzo e strafottente che ha consentito di mettere in cattedra autentici analfabeti-certificati? Chi sono, alla fine, i firmatari principali di certe mozioni d’ordine esemplari nelle forma e nei contenuti? Proprio coloro che, dell’università, hanno fatto tavola imbandita per le proprie discendenze e per quelle dei loro referenti politici e protettori!L’enfasi dell’appartenenza all’accademia intimidisce chiunque nel nostro paese. ‘Docente universitario’? ‘Sull’attenti!’Non più così dovrà dirsi per il futuro, ma:‘Docente universitario!’‘Si?’‘Ah, sì? E dove?…’Dal nome che verrà fuori, decideremo quale credibilità assegnare al soggetto che ci sarà di fronte.La fuga dagli atenei incerti sarà allora garantita per i migliori. Siatene e siamone tutti convinti! Mentre una nuova classe dirigente ritroverà la sua vera identità, nella qualità e per un futuro diversi e assolutamente indispensabili per il nostro paese. E il nepotismo e i collocamenti di scarto saranno dirottati necessariamente nei relativi altrove.
“Bella faccia tosta, bella lagna per certi ipocriti insolenti che strumentalizzano l’accademia per le proprie carriere e quelle dei propri figli. Attori consumati del degrado, che dal degrado traggono i profitti maggiori”.
Altre frasi avremmo potuto riportare. Queste bastano per dare un quadro di quanto successo da ultimo in posti che credo siano molto noti all’autore dello scritto. Non bastasse il profitto che alcuni traggono dal degrado, bisognerebbe anche valutare i danni che questi personaggi arrecano alla cultura locale e alle persone dedite allo studio. Il bello poi è che tutti lasciano fare.
Un intervento come questo e queste stesse due frasi, dovrebbero far scatenare un putiferio sulla stampa (locale e non). E invece nulla. Tutto tace. Tutto procede come prima… e i figli, intanto, crescono. Saluti in famiglia!