AN e Nuovo PSI: storie diverse e unico progetto

 

Aurelio Di Matteo*

Solo lo schematismo ideologico astratto di una sinistra conservatrice, che ha perduto il contatto con la realtà ed è incapace di dare risposte adeguate ai problemi, può chiedersi come sia possibile che AN e la tradizione riformista socialista, che continua nel Nuovo PSI, possano ritrovarsi uniti nel PDL. Allo stesso modo si può dare una risposta al perché, dopo il 1994, gli elettori del Partito socialista scelsero nella quasi totalità il centrodestra. Porsi queste domande è quasi d’obbligo dopo che due Consiglieri provinciali, Rocco Giuliano e Massimo Cariello, con una lunga esperienza nello schieramento di sinistra, hanno aderito al Nuovo PSI cofondatore del PDL. Solo la pregiudiziale acredine e il solito ostracismo di una sinistra incapace ormai di “elaborazione” e ancora chiusa nella presunzione dell’infallibilità e della verità, può emettere acritiche valutazioni che niente hanno di politico e tutto di moralistico risentimento. Direi, anzi, che ritrovarsi uniti nel PDL è quasi naturale per chi si ispira ad una visione politica riformista, al solidarismo sociale, prefigurando una società meritocratica e sollevata dai bisogni.   Basterebbe ricordarsi dell’intervento di Martelli al Congresso socialista di Rimini del 1982 e del discorso di Craxi dell’ottobre dello stesso anno per affermare che a distanza di tanti anni i Socialisti hanno avuto ragione e che il loro progetto di rinnovare la società si sta realizzando proprio all’interno del PDL.Se si vuole dare alla formazione politica del PDL una condivisa concezione di vita, una Weltanschauung, una diffusa visione etica e civile, nelle quali ci si possa ritrovare, pur provenendo da storie e vicende diverse, non si può non ricordare quel Congresso dei “meriti e dei bisogni” (Martelli) o la “questione sociale ed istituzionale” (Craxi).È il netto ed inequivocabile superamento della visione marxiana della società, è l’approdo al liberalismo socialista, è l’obiettivo di coniugare le libertà individuali ed i bisogni collettivi, in modo che siano riconosciuti i meriti di ciascuno. Se si valorizzano i meriti, si può garantire la soddisfazione dei bisogni. Uno degli obiettivi proposti dai socialisti nel 1982, ed oggi forse in via di attuazione con il governo di centrodestra e con il PDL, è la modernizzazione dello Stato, eliminando burocrazie, privilegi e clientele, innovando regole ed istituzioni, promuovendo la craxiana “democrazia governante”. Dopo un lungo cammino fa eco a queste proposizioni Alleanza Nazionale: “I giovani di oggi si trovano schiacciati su due fronti nella propria realizzazione. Da un lato dai privilegi e dalle tutele selettive di alcune caste, dall’altro dalla difficoltà di pianificare il proprio futuro. Diventano urgenti quindi alcuni provvedimenti per favorire il merito e il diritto al futuro delle nuove generazioni”. E come non vedere nella nascita del PDL quanto auspicato da Bettino Craxi, il quale riteneva che la semplificazione del quadro politico era lo strumento fondamentale per la riforma della società: “Conservare i caratteri di una democrazia pluralista non significa incoraggiare la proliferazione delle formazioni politiche e delle liste elettorali”. Sono parole pronunciate nel 1982, quando proponeva uno sbarramento elettorale “in maniera da favorire l’aggregazione di forze affini ma distinte”. È il riformismo craxiano che fu chiamato “Grande Riforma”; ma non aveva nulla dell’attesa messianica dell’illusorio paradiso marxiano e comunista. Esso è, oggi come ieri, la condizione per dare efficienza ed efficacia al governo, credibilità e rispetto allo Stato democratico. Il meglio della tradizione socialista, il liberalismo socialista, vive bene nel PDL, anzi ne costituisce la Weltanschauung, il progetto, il “sol dell’avvenire”. Certo sembra che da qualche tempo non si ascolta più la parola socialismo. A sinistra è ormai un termine da evitare: da quella estrema, che preferisce nostalgicamente chiamarsi comunista, a quella cosiddetta riformista, che dopo averlo proditoriamente assassinato politicamente dovrebbe ammettere che Craxi ha avuto ragione e che il suo progetto è stato ed è prospettiva valida. Forse l’ultimo vero progetto che la politica italiana abbia avuto! Nel PDL è invece possibile parlare di socialismo, perché esso nella tradizione autenticamente riformista costituisce la condivisione progettuale e l’obiettivo nei quali si riconoscono e convergono forze politiche con storie completamente diverse, in qualche caso alternative. La visione liberal-socialista della vita e della società è l’unica, diventando sostanza culturale e politica del PDL, che può riempire dei suoi valori l’etica dei giovani tra i quali, morte tutte le ideologie, si è diffusa da tempo la concezione di un vivere senza passato e senza futuro, senza progetti e senza problemi, senza il desiderio di andare “oltre”, simili ai protagonisti dei romanzi di Moccia, che vivono un desiderio che si consuma in se stesso, nell’amoralità dell’attimo senza tempo. Il problema che la politica ha di fronte è proprio questo: ridare una speranza ed un avvenire, un’alternativa ed un progetto, riempire di senso il futuro. Questo è compito prioritario di chi si richiama ai valori del liberalismo socialista e del riformismo senza utopia. Ed un nuovo progetto è possibile per una società non tanto dei diritti ma del diritto e della garanzia ad esercitare i diritti; nella quale la sicurezza e la libertà di vivere in sicurezza siano il primo degli obiettivi; nella quale siano ripristinate meritocrazia e selezione, valutazione e verifica; le città siano a misura non dei costruttori ma della persona, l’amministrazione pubblica a servizio di tutti i cittadini, il privato non prevarichi ed il pubblico sia onesto ed efficiente, la scuola istruisca e formi, e la giustizia sia rapida ed imparziale. Tutto ciò, di fatto, è progetto socialista: sguardo al futuro, speranza e sol dell’avvenire. 

*Membro della Società Italiana di Scienze del Turismo