La Costituzione ed il cattocomunismo

Angelo Cennamo

La polemica sulla antistoricità della costituzione italiana ritorna al centro del dibattito politico. Ricorderete le dispute sul titolo V – riformato prima dal centro sinistra sotto il governo Amato, con una maggioranza risicata, e poi inutilmente dal centro destra del Berlusconi bis – in ordine alle competenze ripartite tra Stato e Regioni. E che dire del presidenzialismo, che fino a pochi giorni fa ha riempito le pagine dei giornali ed alimentato i dibattiti nei talk show televisivi. Chi lo voleva alla francese, chi all’americana. Sta di fatto che l’argomento, chissà perchè, è finito nel dimenticatoio, tanto che nessuno ne parla più. Ma la lex superior è una fonte inesauribile di discussioni e non smette di far parlare di sè. Questa volta a tenere banco è l’art. 41, quello sulla libertà d’impresa, il quale recita più o meno così : “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana…”. A riesumare il contenuto della norma, praticamente un fossile giuridico, è stato il nostro premier ad una assemblea della Confartigianato. Nel suo intervento, Berlusconi ha annunciato una vera e propria rivoluzione per la libertà di impresa : chiunque vorrà aprire bottega, potrà farlo in un solo giorno, senza alcun adempimento burocratico, basterà la sola autocertificazione. Sarà vero? Ad ogni modo, se dovesse accadere ne saremmo davvero lieti, visto che nel nostro amato Paese anche per sistemare un chiosco occorrono mille adempimenti amministrativi; i cosiddetti “lacci e lacciuoli” dai quali i diversi politici di turno da anni intendono liberarci, ma solo in campagna elettorale. L’azzeramento della burocrazia, dice Berlusconi, dovrà comportare una modifica dell’art. 41 della costituzione, che, come il resto della carta, è stato concepito in epoca remota e da forze politiche poco avvezze alla cultura liberale. Ma è proprio necessario cambiare quella norma per sburocratizzare la libertà di impresa? Probabilmente no. Basterebbe una legge ordinaria, magari con due o tre articoli scritti per bene. La considerazione di Berlusconi, tuttavia, non è priva di fondamento. La costituzione del ’48, che a tratti è meno liberale addirittura dello Statuto Albertino del 1848, è nata, infatti, dal difficile compromesso tra le due ideologie più in voga nel ‘900 : il cattolicesimo sociale di Dossetti ed il marxismo di Togliatti. E le cronache del tempo ci dicono che le discussioni tra democristiani e comunisti per trovare la quadra sul testo definitivo furono spesso accese e turbolente. Definire allora la nostra costituzione una legge catto-comunista non è un’esagerazione, ma equivale a ristabilire una verità storica. Non c’è da offendersi, nè da vergognarsi. Vergognarsi no, ma dissentire sì. E chi aborra quel brodo di coltura nel quale si sono formate e stratificate la nostra società civile e la nostra classe politica dissente eccome! L’argomento è complesso, variegato, e si riverbera in tutta la sua molteplicità sul nostro sentire comune. La manovra finanziaria di questi giorni, l’enorme debito pubblico, gli abusi delle intercettazioni telefoniche, gli scarsi poteri del primo ministro italiano rispetto ai suoi omologhi europei, l’alta pressione fiscale sulle persone fisiche e sulle aziende, la burocrazia asfissiante che soffoca la libera impresa,  non sono altro che alcune delle storture che ha prodotto fino ad oggi il catto-comunismo. Ce ne sarebbero molte altre ancora, dalle gabbie salariali – per fortuna abrogate – alla contrattazione collettiva, dagli scatti di anzianità ai privilegi delle varie caste. Chi ama e crede nel liberalismo sperava che con la fine della prima Repubblica sarebbero scomparsi anche i fantasmi culturali e politici di quella nefasta esperienza cinquantenaria. Ed invece, nonostante la caduta del muro di Berlino, nonostante tangentopoli, nonostante 16 anni di berlusconismo, il nostro Paese appare ancora prigioniero e al tempo stesso affascinato dalla mentalità cattolico-statalista del secolo scorso. Riusciremo mai ad affrancarci da questa zavorra, senza modificare la costituzione del ’48, che di questa impostazione ideologica è il primo vessillo?

 

 

2 pensieri su “La Costituzione ed il cattocomunismo

  1. è un tuo pallino voler cambiare la costituzione. cosa giusta e leggittima, ma questo cambiamento non può essere umorale, ideologico e squilibrato. non avrebbe senso. a me la costituzione piace come è, tutti questi costituzionalisti stregoni non mi garbano e solitamente parlano di costituzione, la sparano grossa, quando vogliono distogliere l’attenzione dai problemi veri. ora non fai un’analisi storica completa e veritiera quando ti dimentichi una terza parte della costituente e cioè quella dei liberal-azionisti che pure diedero un apporto fondamentale all’iscrizione della carta. questa dimenticanza è ricorrente come è ricorrente il fatto di riferire, giustamente che l’esperienza comunista è fallita dove è stata applicata e contemporaneamente dare per scontato che l’unica via di uscita per la società sia un liberalismo smithiano e necoconsevativo che pure, e di recente, ha fatto più guai e creato più problemi di quelli che è stato in grado di risolvere. la politica è una cosa seria che richiede persone capaci di guardare al futuro e non parlare alla pancia. detto questo mi pacerebbe capire perchè l’iniaziativa privata dovrebbe svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana?
    una cosa vera la dici e la condivido e cioè se volessero davvero far nascere un’impresa (ma poi dove sono tutti questi imprenditori)in un giorno basterebbe una leggina che richiederebbe meno impegno di quella sulla riforma della giustizia o della privacy che dir si voglia. quindi caro cennamo è solo fumo di incompetenti in mala fede.

  2. Sì è vero : è un mio pallino. Credo che la nostra Carta vada riformata per due terzi. Ha 62 anni, fu concepita in un’altra era storica, dopo venti anni di dittatura, tra mille difficoltà e compromessi. Se il nostro Paese ha dei problemi strutturali lo deve anche alla sua costituzione.

    AC

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