Sud, Campania, Napoli: l’essere è ….. ammalato
Giuseppe Lembo
In Campania si protesta per una stupida goliardata del leghista On. Matteo Salvini che ha parlato male di Napoli e dei napoletani. Razzismo o gratuito pensiero sui mali purtroppo endemici di Napoli e dei napoletani? È facile oggi etichettare per razzismo giudizi sul Napoli – pensiero e sui comportamenti dei napoletani che non sono certamente il meglio del vivere civile e democratico. È nelle cose, è nei fatti, una situazione di profondo malessere legato alla napoletanità; non è un’invenzione né della lega, né di tanti altri che in termini fortemente critici parlano dei mali di Napoli e dei difetti umani e sociali di un popolo ormai alla deriva, in quanto incarna in sé condizioni diffuse di un’amara negritudine delle coscienze dei più. Anziché protestare, alzare la voce, ottenendo il solo effetto da “sceneggiata napoletana” è opportuno riflettere a fondo sui propri mali, sui propri difetti che sempre più spesso diventano dei veri e propri marchi di vita, compromettendo la dignità e la civiltà di ciascuno, compresi quelli che cercano disperatamente di vivere, anche nel malessere, civilmente e dignitosamente. Non è solo Salvini a parlare male di Napoli e dei napoletani; ne parlano sempre più spesso male, con analisi impietose e sofferte gli stessi napoletani, ormai stanchi di vivere la loro vita in una città sempre più immorale, sempre più degradata e poco rispettosa dei diritti della tanta “buona gente” che abita una città meravigliosa, da troppo lungo tempo sedotta e volgarmente abbandonata. Mari di inchiostro, fiumi di parole, sono quotidianamente usati per parlare della crisi profonda di una napoletanità che, dimentica del suo passato, non sa esprimersi positivamente e far vivere bene i suoi concittadini. Le cause del malessere sono veramente tante; richiamano la crisi umana ed esistenziale di tanti, ma proprio tanti che non sanno ormai più pensare positivo e vivere, rispettando gli altri. Ha ragione, ha tanto, ragione il prof. Luigi Labruna (Corriere del Mezzogiorno – giovedì 9 luglio “ordinanze demenziali”), quando evidenzia, in modo democratico le cause del malessere legate al traffico. Di voci come quelle di Labruna ce ne sono tante a Napoli; non si tratta certamente di voci contro, per razzismo o per puro spirito critico verso gli altri. Si tratta di voci disperatamente alzate contro le condizioni di invivibilità diffusa che regnano a Napoli, in Campania e più in generale al Sud, dove un profondo vuoto di conoscenza, rappresenta le vere radici della differenza con altre realtà del Paese e del mondo. Non è “razzismo”, parlare dell’africanizzazione di Napoli. Il suo malessere profondo, il crescente sottosviluppo è, purtroppo, nella realtà delle cose. Anziché alzare la voce per protestare, è opportuno assumere comportamenti virtuosi, recuperare le radici, l’identità perduta ed uscire, tutti insieme, dalla condizione diffusa del “non c’è niente da fare”. Per un problema grave quale quello del traffico cittadino fa dire a Labruna “aspettiamo senza fiducia”. L’augurio e si tratta di un augurio giusto, è di sperare che un giorno al disordine amministrativo e politico si ponga davvero fine. Ma ad opera di chi, se il malessere di cui soffre Napoli, la Campania e più in generale l’intero Sud, è ormai un malessere profondamente radicato nelle teste e nelle coscienze della gente che vive la sua quotidianità senza neppure accorgersi dei mali da cui è circondata e senza neppure pensare come possibile che, oltre a questa “vita d’inferno” possa esistere una vita migliore (più umana, più solidale, più aperta al domani e più desiderosa di cambiamenti centrati sulla crescita dell’uomo e del suo sociale di riferimento)? Il Sud, la Campania, Napoli sono profondamente ammalati e lontani dal pensare positivo per un insieme virtuoso, fatto di rispetto dell’altro. Partiamo da qui; partiamo dalla lontananza delle istituzioni. Al Sud, in Campania, a Napoli lo Stato che non c’è, le istituzioni fortemente colluse, il profondo vuoto culturale ed esistenziale rappresentano la causa vera di un profondo ed insanabile malessere. Per cercare di risalire la china, non servono le sole critiche e/o gli atti di rifiuto. Serve, invece, un confronto serio; un dialogo aperto che permetta a ciascuno di esprimersi ed a dare in modo fortemente solidale, il proprio contributo, da parte dei più forti a favore dei più deboli, per cambiare e restituire la dignità tradita dell’uomo di Napoli, del Sud del mondo e più in generale del mondo globale, in cui va costruita, come prima cosa, un vita vera per tutti gli uomini della Terra, mettendo la parola fine alle barbarie, alle immoralità di quanti ancora (e sono tanti) agiscono, per soddisfare i propri egoismi, contro l’uomo, sacralmente centrale alla dignità della vita umana sulla Terra.