Si venda la Rai

Angelo Cennamo

La crisi che ha colpito le economie di mezzo mondo potrebbe durare più del previsto, ma fare delle previsioni sugli scenari futuri è pressochè impossibile. Ci hanno provato in tanti, senza successo. Ora i governi provano con fatica ad adottare delle misure per riportare i conti in ordine, cercando di raschiare il barile degli sprechi e dei costi superflui. Si tratta di manovre dolorose delle quali avremmo fatto volentieri a meno. Ma, come ha chiosato il nostro ministro Tremonti nella recente conferenza stampa di presentazione : ” Primum vivere, deinde philosophari”. E allora pensiamo a vivere, anzi a sopravvivere, il resto si vedrà. In Italia, il piano di recupero impegnerà, in due anni, una somma vicina ai 25 miliardi di euro. Meno di quanto hanno messo in preventivo altri governi, più di quanto avrebbe voluto il presidente del consiglio. “Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani” è questo lo slogan che accompagna la manovra. In effetti, spulciando le carte, non si scorgono nuovi balzelli, eccezion fatta per qualche pedaggio autostradale. Ci saranno dei tagli, per la verità inconsistenti, alle indennità dei politici, meno trasferimenti agli enti locali, la solita lotta all’evasione con la riemersione dei cosiddetti immobili fantasma. Ritorna la tracciabilità di Visco, ma sopra i 5.000 euro, un giro di vite alle pensioni dei falsi invalidi ed il blocco del rinnovo dei contratti agli statali, categoria meno scalfita dalla crisi per una serie di ragioni strutturali ( posto fisso, deflazione, con conseguente aumento del potere di acquisto dei salari), ma anche in virtù del fatto che negli ultimi dieci anni gli stessi lavoratori hanno percepito aumenti pari al 42%, contro la metà dei loro omologhi del settore privato. L’annunciata abolizione delle Province, o di quelle più minuscole, resta invece un mistero. Dopo un iniziale dietrofront, l’operazione slitterà di qualche mese per essere compiuta con tutti crismi del formalismo costituzionale (sic). Il fatto certo è che saranno ridotti una serie di sprechi oramai divenuti insostenibili, oltre che eticamente inaccettabili, a cominciare dal sostentamento di numerosi enti inutili. Sono tanti, anzi troppi, ma ci sarebbe piaciuto scorgere nella lista dei depennati anche mamma rai. E’ chiedere troppo? Non sarebbe conveniente, e non solo per motivi di risparmio, vendere il carrozzone di viale Mazzini con tutti Santoro, le Parietti e i Malgioglio ivi compresi? Un bel pacchetto, o a seconda dei gusti “contropacchetto”, da rifilare al miglior offerente, disposto a rilevare le tre reti nazionali – fondate per dispensare servizio pubblico, ma trasformatesi in contenitori di reality e di programmi ben poco istruttivi – per farne quello che vuole, ma soprattutto per farlo a proprie spese e non di quelle dei contribuenti. Sono oramai centinaia i canali televisivi sintonizzati sui nostri telecomandi e l’offerta dei palinsesti è supervariegata. Il tempo delle due reti in bianco e nero e dei televisori a valvole è finito da un pezzo. Così come è scaduto il tempo per rinnovare contratti esosi a star televisive che potrebbero dare il meglio di sè in altri luoghi dell’etere. Non c’è che dire : sarebbe un bel colpo di fortuna che consentirebbe ai nostri bilanci di alleggerirsi di qualche miliardo di euro, mica bruscolini. Primum vivere deinde philosophari.  

 

Un pensiero su “Si venda la Rai

  1. è singolare e stimolante come riesci a proporre di vendere la rai per risolvere il problema di bilancio dello stato italiano. senza filosofare bisognerebbe dire che sono due anni che perdiamo tempo dietro un negare l’evidenza e un agire senza criterio. comunque vendiamo la rai e aggiungo, senza filosofare, togliamo i doppi incarichi con doppi stipendi ai nostri politici, anche per dare un senso di rigore morale che non guasta mai, iniziando dal presidente della provincia che percepisce lo stipendio di parlamentare e di presidente con molta non chalance. ovviamente il discorso vale per tutti i doppio stipendisti politici.

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