Se l’ipotisi fosse un ragionamento razionale …

Antonio Pirpan

Ultimamente, richiamato da grandi cartelli pubblicitari, non ho resistito alla tentazione di andare a visitare una mostra d’arte moderna. Da grande ignorante della materia, sono stato sempre affascinato da quel certo senso del comico che pervade l’arte moderna, appunto, e del coraggio dei pittori buontemponi che la incarnano. Appena dentro, mi sono trovato davanti a una grande tela bianca in cui spiccava una macchia rossa. Pur sforzandomi, non sono riuscito a vedere altro nel quadro. Era tutto quello che io vedevo. Accanto a me, altre persone erano estasiate  a contemplare l’opera , e ogni tanto mi lanciavano uno sguardo, nell’intento – suppongo – di cogliere nell’espressione del mio viso segnali di meraviglia e di delusione insieme. Sollecitato ad esprimere un parere  da una visitatrice molto bella e ben fatta, mi sono lasciato andare e, con aria cattedratica, ho esordito. “Vede, signora, su queste tele si impernia l’opera dell’artista, perché nel contesto astratto-espressionista tra rumore e gesto, esse ci pongono all’improvviso faccia a faccia con un silenzio apocalittico. Suggerendo l’assenza di qualsiasi lavoro, di qualsiasi dimostrazione di abilità artistica, lasciano lo spettatore solo con se stesso e col vuoto che lo confronta. La sua ombra si muove sullo schermo e rispecchia le immagini balbettanti della sua mente riluttante, perché il “nulla” è intollerabile”. A questo punto, ho pensato di aver fatto un figurone e, nel silenzio che ne è seguito, sia io che la signora siamo scoppiati a ridere. Sia io che lei abbiamo creduto per un momento di ridere del quadro, ma penso che ridessimo l’uno dell’altra.