Salerno: nel ricordo di “Don Canio”

Aldo Bianchini

Ho conosciuto tardi, troppo tardi, Don Canio Caramuta che non è stato un semplice sacerdote, è stato “il sacerdote” che tutti noi vorremmo un giorno incontrare sul nostro cammino. Come Don Canio, diciamoci la verità non ce ne sono molti. Come don Canio ne conosco soltanto un altro, don Peppino parroco in una chiesa di Cava de’ Tirreni. Ma chi è stato e che cosa è stato Don Canio Caramuta per Salerno e soprattutto per il centro storico. Don Canio secondo me, nel corso del suo lunghissimo magistero, ha rappresentato il giusto anello di congiunzione tra i fedeli e la Chiesa in senso lato. Lontanissimo dalle congiure di palazzo e dai veleni della Curia “Don Canio” ha volato alto camminando, sempre a piedi, tra i vicoli e i cortili del centro storico raccogliendo le istanze della gente comune, facendole sue e cercando di trovare sempre una parola di conforto. La favola della sua missione cominciò nel lontano 1954 quando, già prete da qualche anno, si trovò ad amministrare il dopo-alluvione. Si prodigava per ventiquattro ore al giorno, fino allo sfinimento fisico e psicologico, per far fronte all’immensa sciagura. Si racconta che un giorno Don Canio, aiutato da alcuni suoi fedelissimi, distribuiva pasta sfusa prelevata dai sacchi ricevuti dai soccorritori. A fine giornata qualcuno si accorse che per Don Canio non era rimasta nemmeno un grammo di pasta; la voce corse rapida di bocca in bocca e di vicolo in vicolo. Decine di persone tornarono sui propri passi per restituire a Don Canio tutto quello cha avevano avuto in modo da poter sfamare lo stremato sacerdote. Sempre a piedi, dicevo, ed è stato così fino alla fine con il sole, con la pioggia e con il freddo. Niente fermava Don Canio, neppure la sua voce ormai roca e flebile che a stento i fedeli riuscivano a sentire durante le sue omelie. Eppure nella chiesetta di Santa Rita c’era sempre il silenzio assoluto quando Don Canio, con semplicità disarmante, lanciava i suoi sermoni. La morte della sorella, avvenuta poco più di un anno fa, lo ha irreparabilmente segnato in maniera definitiva. Qualche giorno fa il trigesimo è stato celebrato in sordina, quasi in silenzio, senza autorità e strombazzamenti. Cinque i sacerdoti officianti e tutti visibilmente segnati dalla scomparsa del piccolo-grande sacerdote nato il 21 aprile 1914 e scomparso il 1° aprile di quest’anno. L’ultimo scherzo tirato da Don Canio a tutti, andandosene in un giorno di festa. Semplice ed accorato il ricordo della fedele “Maria Rosaria Pellegrino”, letto con la voce rotta dall’emozione: “Il pensiero che oggi l’intera comunità parrocchiale di S. Andrea nell’Annunziatella vuole dedicare al nostro caro Sac. Mons. Don Canio Caramuta è rivolto al ricordo dei suoi preziosi e indimenticabili insegnamenti: egli ci ha insegnato la carità, ci ha insegnato ad amare ma soprattutto a perdonare, ci ha insegnato a non attaccarci alle cose terrene ma a quelle spirituali. “Noi che lo conoscevamo, lo amavamo così com’era, per la sua fama di Sacerdote inflessibile e irriducibile e insieme così dolcemente amabile nella sua natura fatta di bontà ed apertura nella comunicazione dei valori del Vangelo nella parola e negli atti”. (Citazione di Enzo Colabene). Così come oggi lo ricorda chi da giovane è diventato adulto con lui che custodiva tutti i nostri segreti. Ora resterà sempre vivo nei nostri cuori e dall’alto ci guiderà e ci proteggerà ugualmente. A conclusione voglio rileggere le parole tratte da un’omelia attribuita a S. Pietro che gli dedicammo nel suo 70° anniversario di sacerdozio e da lui apprezzare con grande commozione (come lo sono io in questo momento): “Che cosa sei – Padre e Signore dell’universo, Padre e Dio, custodisci il pastore con il gregge. Tu sei la causa, tu la forza. Noi siamo coloro che hanno bisogno di aiuto. Tu sei l’aiuto, il medico, il salvatore, il baluardo, la vita, la speranza, il rifugio, la gioia, l’attesa, la pace. In una parola, tu per noi sei tutto”. A nome di tutti, grazie Don Canio”.

Un pensiero su “Salerno: nel ricordo di “Don Canio”

  1. D O N C A N I O

    Ad Aldo Bianchini, che ha scritto: “Ho conosciuto tardi, troppo tardi, Don Canio Caramuta”, potrei amabilmente rispondere: “Ho conosciuto presto, troppo presto, Don Canio”…

    Molto religiosi, i miei genitori mi affidarono subito a Lui (agosto 1951) appena arrivati da Licata (AG), dove mio padre, nativo di Erchie, era stato comandante della locale dogana.

    Andammo ad abitare a casa della nonna materna, Lucia Di Mauro, di Marina di Vietri, 50 metri più su dell’Annunziatella e 50 metri più giù del forno ch’era stato di mio nonno, Francesco De Filippis.

    Don Canio era un talent scout. Scoprì e lanciò floride vocazioni: Scarpitta, Lauciello, Musi (fratello del prof. Aurelio) e le giovani d’Azione cattolica Cozzi, Malzone, Mauro. Cercava di capire le attitudini di ognuno per affidargli un compito adeguato. A me diede subito l’incarico di scrivere i verbali delle riunioni e gli avvisi sacri in calligrafia.

    Non indossò mai il clergyman. La forza del sacerdote di Acerenza era tutta nell’abito talare. E si vedeva soprattutto quando sul campetto dell’orfanotrofio, a Canalone, faceva il calciatore con noi Aspiranti o Juniores.
    Se giocava in difesa erano impossibili dribbling e verticalizzazioni. Gli bastava allargare le gambe per il possesso del pallone e portarselo poi, con velocissima discesa, fino… alla porta avversaria.

    Aveva molte idee ed era prodigo di iniziative. Nel 1960 regalò a noi ragazzi una settimana… alta, lassù a S.Liberatore, e con una giardinetta veniva a portarci fin su ad Alessia pane fresco e viveri.

    Con poche lezioni m’insegnò come accompagnare il canto con la musica, battendo alternativamente sempre gli stessi tasti del piccolo piano ch’era a sinistra dello splendido altare barocco in marmi policromi del Cartolano. Ma mi adattavo a mansioni meno… artistiche quando, mentre il parroco, da vero maestro cantava e suonava l’organo, io davo energia alla musica… girando la manovella. E ricordo che non mancavano ispirati, ascetici sorrisi verso una suora del coro ch’era bella come un angelo.

    Ma il sorriso di Don Canio era sempre disponibile per tutti. Un giorno d’estate (1968 ?) la 600 guidata da Antonio Luciano fu superata sul lungomare di Pastena dalla vettura del nostro parroco. Capimmo che andava alla Colonia S.Giuseppe, dov’era la spiaggia riservata a preti e suore, e decidemmo di tallonarlo. Tuttavia lui, rallentando, gesticolava e ordinava, seppure col più bel sorriso: “Jatevenne, jatevenne!…”

    All’ingresso della Colonia S. Giuseppe, c’era Don Comincio il quale rivolse al parroco dell’Annunziatella qualche scherzosa battuta di circostanza.

    E Don Canio fu rapido a rispondere, con altrettanta vis ironica: “Comincio, nunn’accumincià!…”

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