Un Paese di caproni?

Michele Ingenito

 

 Mandare allo sbaraglio una coalizione politica e di governo nel pieno della sua stabilità significa una sola cosa. Trattare gli italiani come un branco di caproni. Senza alcun rispetto per l’esigenza di un popolo che ha diritto ad essere governato, invece che usato all’occorrenza per i capricci d’annata di questo o quello.La sola ipotesi di nuove elezioni da qui a tre mesi ci riempie di disgusto. E inietta nell’inconscio popolare la certezza di un trattamento schizofrenico da parte dei cosiddetti rappresentanti del popolo incaricati di cotanto mandato. Non escludiamo che, al momento di andare in pagina, la querelle incomprensibile tra i big del PdL sia rientrata e che qualcuno possa essere rinsavito. Ma il clamore suscitato dalla sola ipotesi di dovere tornare in cabina elettorale ha generato e genera un moto di indignazione, ben al di là delle motivazioni peraltro incomprensibili di chi ha scatenato tanto putiferio. Potremmo osare una analisi politica sui comportamenti dei protagonisti. Ma un minimo di obiettività critica ci costringerebbe ad andare giù duro. Evitiamola, quindi, per non cadere nella tentazione della polemica, sperando che certi schizzi di follia si dissolvano nell’aria prima che i motori del sistema restino infettati da una nuova nuvola di polvere islandese. Perché se la cosa si avverasse, cari governanti, se, cioè, si andasse a votare, si aprirebbe uno scenario apocalittico tale da disorientare l’intero elettorato, in particolare quello che sostiene il governo. La stabilità e la credibilità della classe dirigente andrebbe a pallino e le conseguenze si ritorcerebbero automaticamente contro i protagonisti impazziti di tale disastro. L’opposizione ne trarrebbe automatico e giustificato beneficio, un regalo inatteso di cui menar vanto senza avere speso alcuna risorsa. Del resto, “chi è causa del proprio male pianga se stesso”. Soprattutto chi, per esperienza, maturità e militanza decennale, dovrebbe avere accumulato saggezza e prudenza sufficienti a farlo dimenare alla meglio dentro i labirinti impercorribili della politica italiana. Non sappiamo se è questo il modo di sbarrare la strada al Presidente del Consiglio. Ma è certamente questo uno dei tanti modi di farlo fallire per fallire. Attraverso l’autodistruzione. Non ci riescono gli avversari? Bene, si va allora per implosione da parte  dei diretti interessati. Giambattista Vico ci aveva pensato, ma non fino a questo punto. Alla fine il potere logora chi ce l’ha. Dispiace contraddire un presidentissimo del tempo che fu. Ma i fatti del giorno danno una sterzata violenta alla sua ormai celebre tesi. Ci si stanca di tutto, prima o poi. Perfino del potere. Chi oserebbe, infatti, minare un governo e una forza politica di cui fa parte nel pieno della sua navigazione? Qualcuno che si è stancato, evidentemente. Saranno magari anche valide le ragioni di chi ritiene politicamente utile aprire il conflitto interno. Ma molto oltre quelle ragioni, ci sono quelle ragioni degli italiani. Che caproni non sono e che come tali non vanno trattati. E la certezza della durata di un governo investito dal popolo è il minimo che si possa e si debba concedere a chi non pascola nei campi.Pensarla diversamente avallerebbe la tesi di chi pensa di avere a che fare con pecore e capre alla mercè del cane di turno. Se così fosse, non resterebbe che restituire al mittente tale convincimento, nel segreto dell’urna, inviando lui sì a gestire le greggi, a danno una volta per tutte del suo mandato.

 

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