Salerno: “L’immagine, il tempo di posa”

Sabato 17 aprile alle ore 19,00 con la mostra L’immagine, il tempo di posa”, Virginio Quarta, tra i principali interpreti della pittura salernitana, torna ad esporre dopo diversi anni alla Galleria Il Catalogo. La mostra, progettata da Lelio Schiavone e Antonio Adiletta e curata da Massimo Bignardi, propone poco più di venti dipinti, tutti appositamente realizzati per l’occasione, dedicati a Salerno, ai luoghi emblematici di una generazione, assunti dall’artista quali postazioni dello sguardo, di un vedere interiore che lega la pittura all’anima. Tra le opere si segnalano gli scorci di piazza Flavio Gioia, del campanile dell’Annunziata, della costa verso Vietri inquadrata da Canalone. Sono scorci che accolgono i corpi di nature morte, di oggetti, composizioni costruite abilmente dall’artista e dipinte secondo una tecnica che affida l’occhio all’inganno del reale. Avere nuovamente le opere di Virginio Quarta sulle pareti della nostra galleria – scrive Lelio Schiavone nella breve nota introduttiva al catalogo – assume un particolare significato; è sia la misura della tenuta di un rapporto di stima che personalmente da oltre quarant’anni mi lega all’artista, sia l’effettivo desiderio di continuare, caparbiamente, a mantenere un filo vivo con la città, con le sue forme creative, con la sua necessità di essere nel passo della storia, sobillando il silenzio e l’indifferenza di un pubblico sempre più distratto. Continua, dunque, l’impegno verso quanti da anni ci seguono, proponendo il lavoro di un artista che, certamente, si inscrive in una della pagine più significative della cultura artistica salernitana della seconda metà del novecento.” L’esercizio della pittura è – rileva Massimo Bignardi – una continua provocazione che Quarta organizza nel rapporto con il ‘reale’, anche se esso non tende verso una maggiore configurazione dell’immagine per farla aderire alla percezione retinica, nel tentativo di spingere la verosimiglianza al di là del ‘realismo’. È una scelta per sfuggire dall’iperrealismo, così come tempo addietro ed ancora oggi parte della critica suole circoscrive la sua l’esperienza. La pittura assume, per l’artista salernitano, il valore di pratica attraverso la quale manipolare sia la forma dell’oggetto, giungendo ad alterare volutamente la scala proporzionale per mettere in chiaro l’inganno orchestrato dalla pittura, sia agendo sul piano semantico, creando apparenti relazioni tra gli oggetti e lo spazio, insistendo su luminosità frutto di invenzioni abilmente costruite. Tutto ciò è tradotto ora dalla calda ed inquietante luce di giornate autunnali, proprie di un’atmosfera in senso morale (in omaggio allo stimmung dechirichiano), ora intervenendo con velature di tinte fredde tali da sottoporre i registri cromatici ad uno scarto che muove su minimi gradienti di viola e di indaco, accentuando un certo senso di panico, proprio di chi perde il contatto con la realtà. Una realtà, nel caso particolare Salerno (intesa come ambiente, luogo della sua esperienza sociale), osservata da più postazioni, da più registri interpretativi e raffigurativi. Quarta sul piano compositivo si serve di immagini attinte ovunque, sia direttamente – come pratica del disegno dal vero – dal territorio di oggetti che abitano il suo studio, la casa, sia da quello dilatato dei media, nutrendosi di stampe tratte da patinati magazine, pose di figure e oggetti fissate nel tempo dalla fotografia, ma anche di stampe d’epoca, di incisioni, di frammenti di giornali, un repertorio poco omogeneo e per qualità e per autenticità che miscela e filtra nell’irregolare tempo della memoria, attraverso la capacità che la durata ha di relazionare il passato al futuro.[…]”