Potenza: per Elisa, solo per Elisa

Aldo Bianchini

Pur non essendoci ancora l’ufficialità che il corpo ritrovato nel sottotetto della Chiesa di Potenza sia quello di Elisa Claps tutti i mass media danno ormai per scontato che lo sia. Vedremo!! Anche perché il giallo di Elisa è infinito, è iniziato la mattina del 12 settembre 1993 ed è destinato a durare ancora per anni. Perché tutti quelli che al giallo si avvicinano, inquirenti compresi, peccano di preconcetti o di convinzioni già radicalmente sedimentati e, dunque, difficilmente modificabili. Non mi addentro nelle segrete stanze giudiziarie di Potenza ma intendo soffermarmi su alcuni magistrati salernitani che da tempo indagano su quel giallo. Il primo in ordine di tempo fu Gelsomino Cornetta che all’epoca della scomparsa di Elisa era il capo della procura della repubblica di Potenza. Stando alle rivelazioni dell’ultima ora Cornetta, nel novembre 1993, avrebbe scritto alla Procura Generale “si tratta di omicidio” per ottenere l’iscrizione di Danilo Restivo come sospetto autore del delitto. Poco credibile questa versione, il procuratore Cornetta era uomo serio delle istituzioni e prima di affermare una accusa di delitto ci avrebbe pensato molto. Forse, ed è la versione più credibile, Cornetta scrisse “potrebbe trattarsi di omicidio” che è una ipotesi accusatoria molto più credibile, anche perché di indizi o prove certe non ne esisteva nemmeno l’ombra. Su questa ipotesi l’inchiesta venne condotta per anni dalla pm Felicia Genovese (Potenza) finita sotto inchiesta per via di un’accusa avanzata contro di lei  a causa di rapporti mai concretamente dimostrati tra suo marito e il padre di Restivo. La patata bollente passa a Salerno, proprio in coincidenza del passaggio dello stesso Cornetta quale procuratore capo da Potenza a Salerno e l’inchiesta sulla Genovese viene affidata a due pm salernitani Luigi D’Alessio e Rosa Volpe che nell’agosto 2001 (poco la morte di Cornetta) archiviano il caso, assolvono la collega di Potenza e decretano che “non esistono elementi di prova che potessero ricondurre univocamente a Danilo Restivo quale autore del grave e triste fatto delittuoso”. E come avrebbe fatto qualche anno prima il procuratore Cornetta a scrivere ”si tratta di omicidio”  quando i suoi sostituti salernitani lo smentiscono in maniera netta e decisa; più facile credere che Cornetta nel 93 scrisse “potrebbe trattarsi di omicidio” che è, ripeto, cosa ben diversa. Anche perché proprio in quel periodo del 1993 Cornetta era totalmente preso dalla vicenda complessa e drammatica delle perquisizioni da lui stesso disposte a carico di due colleghi baresi Nicola Magrone e Elio Simonetti, vicenda che scosse l’apparato giudiziario lucano-pugliese fin dalle sue fondamenta. La cosa, a questo punto, che più sorprende è perché, dopo il presunto ritrovamento del corpo di Elisa, l’inchiesta viene riaffidata a Salerno (dopo alcuni cavilli procedurali) sempre agli stessi magistrati, Rosa Volpe in testa. Quello di Elisa è un giallo a dir poco internazionale e di difficile risoluzione; ragionevolezza vorrebbe che ad indagare su quei fatti fossero diversi e nuovi magistrati in modo da rapportarsi con le intricate indagini sempre in maniera asettica e senza alcun preconcetto o convinzioni già radicate da precedenti indagini o meglio ancora da convincenti decreti di archiviazione. Fatta salva, ovviamente, la riconosciuta professionalità degli attuali inquirenti viene, comunque, da chiedersi se un minimo di ovvia ragionevolezza non dovesse consigliarne l’assegnazione ad altri PM che mai in passato avevano avuto rapporti con il giallo di Elisa. Preciso di nuovo che è solo questione di ragionevolezza e di immagini da offrire alla pubblica opinione; insomma come dire che se su un caso indagano dieci magistrati anziché cinque vuole dire che venti occhi potrebbero vedere meglio di dieci. E questo non perché dovrebbe essere una pratica diffusa per ogni caso giudiziario, ma qui parliamo di un giallo, non di un caso, nel quale i dubbi di turbative, di depistaggi, di rapporti interfamiliari, di irruzione forse anche dei servizi segreti sono palpabili e trasparenti. Non a caso sulla vicenda è piombato anche direttamente il capo della polizia Antonio Manganelli. La complessità del giallo è talmente forte da scuotere gli alti vertici dello stato, tranne la Procura della Repubblica di Salerno.