Vita di Missione: sentiamoci bene dappertutto

Padre Oliviero Ferro

In Africa si dice”quando un uomo arriva in un villaggio,osservalo bene. Se egli non pianta delle piante di banane,è il segno che non vuole fermarsi,né integrarsi con clan. Tu riconoscerai l’uomo che si integra dal fatto che pianta un bananeto(da cui prenderà i caschi di banane).,che collabora attivamente al benessere e allo sviluppo del paese”. Insomma,se ci si sente bene in un posto,si fa tutto per renderlo migliore. Non ci si può limitare solo a parlare. Vediamo che qui in Italia diverse persone scelgono di abitare in alcune zone,solo per riposarsi,stare tranquilli. >Ma che fanno fatica ad integrarsi,a vivere con le persone del paese. Non fa parte dei loro interessi. Per quelli preferiscono andare altrove. Nella nostra parrocchia laggiù in Africa, è molto sviluppato l’allevamento delle galline. Ce sono a migliaia(certo più delle persone). I proprietari investono in questa attività,perché pensano che può aiutare a sviluppare la loro vita personale e quella del paese. Passando nel villaggio(di 24mila abitanti), si sente un rumore assordante:i pulcini e le galline si fanno sentire. Insomma c’è la vita. Piano piano si chiede ai proprietari di collaborare anche allo sviluppo del paese. Non sempre ci sentono da quell’orecchio,ma con un po’ di pazienza qualcuno comincia a essere sensibile(almeno per fare pubblicità alla sua merce..).

Certo c’è chi lavora per migliorare il mondo e chi invece fa tutto il contrario,come i protagonisti della nostra storia che ora vi racconto “C’erano una volta 3 giovani,tutti e tre abili e intelligenti. Uno di loro era figlio del Capo. Desiderava da molto tempo esplorare una montagna che tutti dicevano che era interdetta e un giorno ci andò. Traversando la foresta,passando un torrente saltando di roccia in roccia, scalò la montagna e scoprì l’entrata di una buia caverna. Dei rumori strani uscivano con delle nuvole di fumo giallastro. D’un tratto,senza accorgersi, si vide attorniato da tre uomini terribili:avevano gli occhi di fuoco,i denti  e le labbra tagliate a sega,delle unghie lunghe come coltelli e dei capelli che da molto anni non erano più stati pettinati. Erano dei potenti stregoni. “Che cosa sei venuto a fare qui?”gli chiesero. Lui rispose:”Sono venuto alla vostra scuola per imparare a diventare stregone”. Ingannati per questa semplice risposta che solleticava il loro orgoglio,lo fecero entrare da loro senza fargli alcun male. Nella casa di suo padre,quando non lo videro più tornare,tutti furono inquieti e il capo promise una grande ricompensa a coloro che lo avrebbero riportato a casa. Nessuno osava rischiare,perché la montagna interdetta spaventava tutti. Però,i due amici del prigioniero ci andarono,portando,non delle armi da guerra,ma delle anfore piene di birra molto alcolica. Come il loro amico,furono ricevuti nella caverna dai tre terribili stregoni che volevano subito massacrarli per fabbricare degli ingredienti magici. Ma uno di loro scoperse le anfore”Vi abbiamo portato un piccolo regalo. Questa birra è per voi”. Non resistendo più all’odore che veniva dal liquido fermentato,i tre stregoni lo gustarono. Si misero a bere, così da ubriacarsi e da addormentarsi sul posto,il naso nelle anfore. Allora i tre giovani se ne scapparono via e il figlio del re ritornò a casa sua e tutti furono pieni di gioia”.