A dieci anni si e’ punibili per legge?
Giovanna Rezzoagli
In Gran Bretagna si. Lo ha ribadito con forza il Ministero della Giustizia inglese ieri, come riportato dall’Ansa, parlando del caso del bambino che nel 1993 torturò ed uccise a Liverpool un piccolo di soli due anni. Il giovane omicida fu condannato alla pena detentiva dell’ergastolo, ma in seguito venne liberato ed ora, alla veneranda età di ventisette anni è libero come l’aria che la sua vittima non respira più da diciassette anni. In Italia si è perseguibili e, assai raramente, punibili solo dopo aver compiuto quattordici anni. Premesso che non è ovviamente possibile stabilire per legge l’età della consapevolezza, e che ogni caso necessita di una puntuale disamina, un limite è necessario fissarlo perché la società deve difendersi. Dieci anni sono pochi? Quattordici sono troppi? Sostanzialmente il fulcro della questione si riduce a ciò. L’Italia è considerata all’estero, in modo piuttosto univoco, il Paese delle mamme, la patria del mammismo e dei relativi bamboccioni. C’è molto di vero in queste affermazioni, io stessa mi ritrovo in pieno nello stereotipo. Non ho problemi ad ammettere di essere la classica madre apprensiva ed iperprotettiva. Ma non per questo mi ritengo egoista a tal punto da negare a mio figlio il diritto di vivere la sua vita invadendo i suoi spazi o imponendo lui i miei pensieri o le mie idee. Un conto è essere presenti, altro è essere soffocanti. Di fronte alla fatidica domanda se un bambino a dieci anni sia consapevole della distinzione tra bene e male, tra cattiveria e crimine, da madre rispondo assolutamente si. Da counselor rispondo assolutamente si. Secondo la mia personalissima esperienza, sia umana che professionale, un bimbo discerne tra bene e male nel momento in cui racconta la sua prima bugia, per innocente che possa essere. Fosse anche a tre anni. Di fronte alla fatidica domanda se un bambino di dieci anni sia perseguibile e punibile come lo è attualmente nel nostro Paese a quattordici, mi permetto di rispondere che è sufficiente guardarsi attorno. Tra bulli classici, bulli in rete (i cosiddetti cyberbulli), tra bulletti di quartiere, per noia e mille altri esempi, quanti sono i minori di quattordici anni? Nella mia evidenza, personale naturalmente, tanti. E tanti ben coscienti di essere intoccabili dalla legge sino al fatale quattordicesimo compleanno. Il guaio è che molto spesso tendiamo ad osservare il mondo di oggi con occhi di ieri, di quando noi eravamo ragazzi, dimenticando che oggi si cresce molto più velocemente. Attenzione: crescere non è sinonimo di maturazione. Una cosa è sentirsi adulti, altra è diventarlo, esserlo. Ed ecco la grave contraddizione della nostra società: da un lato siamo genitori amici dei figli, concediamo loro tanta libertà da rendere fenomeno diffuso l’ubriacarsi a dodici, dico dodici, anni, dall’altro siamo prontissimi a deresponsabilizzarli se picchiano un compagno, se insultano un docente, se minacciano un diverso. Nel Paese più Libero del mondo (gli U.S.A. per tutti coloro che, come me fino a poco tempo fa, ignorassero come vengono definiti gli States dai nostrani giovanissimi cultori della libertà “ad ogni costo”) non ci pensano due volte a processare ed a condannare un bambino. Da noi nemmeno per sogno. Sarà per questo che in Italia siamo sempre più poveri di legalità, di giustizia e di coraggio, mentre siamo sempre più ben forniti di bamboccioni e di cyber-imbecilli?