Rapina: la mancata solidarietà

Aldo Bianchini

La rapina con sparatoria in pieno centro continua a far parlare i protagonisti passivi di quell’eccesso di violenza da parte di una banda napoletana composta da quattro giovanissimi e da un minorenne. Fortunatamente, al di là dei danni materiali e dell’enorme spavento, non ha prodotto danni fisici degni di nota. Certo a sentire il racconto di Pasquale Parisi (titolare della gioielleria ed ex poliziotto) viene davvero la pelle d’oca al solo pensiero che in una città sufficientemente tranquilla, in una città a dimensione europea (come ama dire il sindaco), possano circolare liberamente giovani ma già incalliti criminali disposti a tutto, tanto da far dire al questore Vincenzo Roca che bisognerebbe buttare la chiave. Non so se il Questore ha realmente pronunciato una frase del genere, se lo ha fatto ha certamente sbagliato perché un personaggio istituzionalmente preposto ad garantire la sicurezza, anche psicologica, dei cittadini non può far lievitare più di tanto lo stato di allarme in cui già viviamo. Detto questo passo a raccontare quello che io ho visto di quegli avvenimenti riportandoli in una sequenza quasi filmica. Partendo dalla dichiarazione del Parisi posso affermare che mentre Egli lottava sul marciapiede dietro la gioielleria con i criminali io cercavo di trovar posto nel parcheggio ad ore proprio davanti l’ingresso della Villa Comunale su Via Roma. Avevo un appuntamento di lavoro nel Bar Umberto. La pioggia era battente. Avevo appena spento il motore della mia autovettura quando una Panda infilandosi tra le macchine in movimento quasi urtò lo specchietto retrovisore esterno destro; in quel momento avvertii distintamente il suono delle sirene della polizia. In un attimo tutto il traffico si bloccò; capii che qualcosa stava accadendo pochi metri più avanti. Sul marciapiede passarono di corse due uomini in borghese con pistola in pugno diretti verso nord. Scesi dall’auto e munito d’ombrello corsi verso il teatro Verdi. La prima scena che ho visto è stata quella di un ragazzo (credo Gioacchino Piscopo, ventiduenne) tenuto schiacciato pancia a terra da un uomo (poliziotto in borghese!!) mentre un altro lo ammanettava. Per qualche secondo ho incrociato gli occhi e lo sguardo di quel ragazzo, freddi come il ghiaccio, terrificanti. Il poliziotto che lo teneva fermo urlava ai compagni che “quello” aveva sparato al suo indirizzo un colpo di pistola e ordinava di trovare immediatamente le altre pistole (forse gettate sotto le macchine in sosta). La pioggia continuava a cadere insistentemente, un rivolo di sangue usciva dalle labbra di quel giovane criminale. Normale, anzi ovvio, dopo una colluttazione in cui criminale e poliziotto si erano affrontati ad armi impari: il poliziotto con le mani, il criminale con pistola in pugno. E’ stato sollevato di botto e scaraventato in una macchina civetta con un poliziotto che si è subito seduto al suo fianco. Il poliziotto che lo aveva placcato, ormai libero, urlava verso un suo collaboratore: “Che cazzo fai qui, mi devi prendere la Smart nera che è fuggita, hai capito!!!”. Un andirivieni spaventoso, veloce, violento. Gli automobilisti fermi nella macchine con  il viso attonito, quasi paralizzati; poi sempre quel poliziotto (forse un capo!!) ad urlare verso le macchine per far riprendere la circolazione e far ritornare la città alla normalità. E difatti nel giro di qualche minuto quel luogo è ritornato alla normalità, quelle immagini già svanite tanto da far pensare se siano mai esistite. Un’azione, oserei dire, quasi perfetta da parte della Polizia, ho messo il “quasi” solo perché niente è perfetto in questo mondo. E i poliziotti, gente comune che casomai dopo qualche ora incontri al bar come se niente fosse, per loro non c’è pubblicità, non ci sono commenti sui giornali e sulle tv; in fondo che hanno fatto se non il loro preciso dovere, quello di garantire a tutti noi sicurezza e tranquillità. Eppure sono padri e figli di famiglia, ritornano quotidianamente a casa e affrontano i problemi comuni a tanta altra gente e nessuno pensa più che qualche ora prima hanno rischiato la vita per noi sempre irriconoscenti o, nel migliore dei casi, superficialmente solidali. Già, la solidarietà che spesso, purtroppo molto spesso i questurini non ricevono, anzi. Mentre ero sul marciapiede sotto la pioggia e mentre sul selciato stradale infuriava la battaglia di legalità due individui dalla dubbia moralità gridavano a squarciagola contro i poliziotti, anzi contro quel poliziotto, perché stavano maltrattando i due criminali e non avrebbero potuto farlo. Poi i due vigliacchi (credo salernitani!!) si sono rapidamente allontanati imboscandosi tra i vicoli den centro storico. Spero che il poliziotto, quel poliziotto, non abbia sentito impegnato com’era nella lotta contro quel giovane e lucido criminale per garantire la vita a noi cittadini mettendo seriamente a rischio la sua. Voglio solo sperare che a quel poliziotto, a quei poliziotti, venga almeno riconosciuto un atto di valore nel corso della prossima festa della Polizia.

2 pensieri su “Rapina: la mancata solidarietà

  1. I poliziotti hanno SEMPRE la mia solidarietà!

    W le forze dell’ordine!

    W l’Arma dei Carabinieri!

    Caro direttore, purtroppo anche a Napoli e dintorni, quando viene arrestato un camorrista, sentiamo le vaiasse gridare contro le forze dell’ordine!

    E’ in quegli ambienti che nasce e cresce la delinquenza.

    Per quanto mi riguarda, li metterei tutti in galera e butterei la chiave!

  2. carissimi amici e l’ esigenza che porta a certe situazioni… buttare la chiave nn e cosa buona, e prima di giudicare andate infondo alle cose xche il peso dell’ esigenza un giorno lo potreste sentire anche voi.

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