Bruxelles: politica comune della pesca, riforma radicale e maggiori fondi

 

Una riforma radicale e maggiori fondi per il settore della pesca UE, tenendo conto delle specificità regionali e con un occhio di riguardo per la pesca artigianale e costiera. E’ quanto chiede il Parlamento, sollecitando anche un’efficace politica di non-rigetto in mare del pescato, il sostegno all’acquacoltura di qualità, una maggiore informazione dei consumatori e la tracciabilità dei prodotti, anche importati. Vanno anche sviluppate le organizzazioni interprofessionali e le vendite dirette. Approvando con 456 voti favorevoli, 50 contrari e 65 astensioni la relazione di Maria do Céu Patrão Neves (PPE, PT) sul libro verde della Commissione relativo alla riforma della politica comune della pesca (PCP), il Parlamento rileva anzitutto “l’importanza strategica” di questo settore per suo rilevante contributo “in termini di benessere socioeconomico delle comunità costiere, sviluppo locale, occupazione, conservazione e creazione di attività economiche a monte e a valle, rifornimenti di pesce fresco e conservazione delle tradizioni culturali locali”. I deputati chiedono quindi una “riforma radicale” della politica della pesca per evitare il rischio di “ritrovarsi senza risorse ittiche e senza industria della pesca al momento della prossima riforma”. Ricordano, peraltro, che il principale obiettivo della PCP “deve essere di garantire il futuro “tanto delle risorse quanto dei pescatori”  e sottolineano che la salvaguardia della sopravvivenza della pesca e la conservazione della sostenibilità degli ecosistemi marini “non sono obiettivi inconciliabili”. Ritenendo poi che il processo di riforma della PCP debba concludersi all’inizio del 2011, i deputati rilevano che, con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento “non è più soltanto un organo consultivo ma diventa colegislatore nel settore della pesca, condividendo il potere decisionale con il Consiglio, tranne in materia di fissazione di TAC e quote”. Il Parlamento ritiene inoltre che le risorse finanziarie da negoziare nell’ambito del nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 “debbano comprendere una dotazione finanziaria maggiore per la PCP”, e respinge “ogni tentativo di rinazionalizzare i costi della PCP”. A suo parere, occorre poi “garantire un accesso più agevole” agli strumenti finanziari dell’UE e chiede “con insistenza” che sia articolata una strategia di sostegno finanziario “agli operatori professionali della pesca che potrebbero veder ridotta la loro attività o perdere il posto di lavoro in seguito all’adattamento delle capacità di pesca alle disponibilità di risorse alieutiche o a piani di ricostituzione delle risorse”. In generale, il Parlamento sostiene un sistema di gestione per il settore della pesca che si discosti dall’approccio verticale tradizionale (top-down), puntando invece sul principio della regionalizzazione e della sussidiarietà (decentramento a livello orizzontale). Respinge quindi “fermamente” ogni tentativo inteso ad adottare un modello comunitario unico di gestione della pesca e chiede invece che “si tenga debitamente conto delle caratteristiche specifiche dei vari mari europei”. Ma sottolinea anche l’esigenza di evitare di mettere a repentaglio la parità di opportunità tra i produttori nell’UE o l’armonizzazione delle condizioni di concorrenza.Il Parlamento si dice favorevole a trattare in modo differenziato la pesca di altura e quella a carattere più artigianale. Sollecita quindi la Commissione a lavorare “in vista di un modello distinto, chiaramente definito, liberale, de-burocratizzato e semplificato” per la gestione della pesca artigianale e costiera. Andrebbero poi istituiti programmi comunitari specifici di sostegno alla piccola pesca costiera e artigianale e alla pesca di molluschi, anche per ottenere un maggiore accesso ai mercati e aumentare il valore dei prodotti. Al contempo l’attuale FEP e i futuri fondi strutturali devono continuare a sostenere il rinnovo e l’ammodernamento dei pescherecci, in particolare per quanto riguarda la piccola pesca costiera e artigianale. Il sistema di gestione della pesca, “che siano complementari al sistema di TAC e quote”, anche per agevolare l’introduzione della politica di non-rigetto in mare e favorire “un adattamento più flessibile della flotta allo stato effettivo delle risorse nella loro diversità e distribuzione”. Ritengono inoltre che un meccanismo di gestione basato sullo sforzo di pesca permetterebbe di sviluppare un’efficace politica di non-rigetto e di semplificare le attuali procedure amministrative e di controllo. Occorrerebbe anche creare un Fondo per il disarmo, “quale soluzione efficace e a breve termine ai problemi di eccesso di capacità”.D’altro canto, i deputati ritengono essenziale che, in caso di periodi di riposo biologico per la flotta al fine di preservare gli stock ittici, “si tenga debitamente conto anche dell’industria conserviera, che non dispone di fonti alternative di approvvigionamento delle specie interessate da dette misure”.Il Parlamento chiede anche di rafforzare la protezione e la competitività dell’acquacoltura comunitaria “con un sostegno forte e continuo alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, il miglioramento dell’assetto delle zone costiere e dei bacini idrografici”. Vanno quindi sostenuti gli investimenti in nuove tecnologie dell’acquacoltura piscicola off-shore e d’acqua dolce, sostenendo in via prioritaria il miglioramento della sostenibilità ambientale. Nel chiedere incentivi a favore dell’acquacoltura biologica e di iniziative volte ad incrementare l’efficienza degli impianti di piscicoltura, sollecita finanziamenti alle imprese di acquacoltura “a prescindere dalle loro dimensioni”.Lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura, per i deputati, deve anche promuovere la produzione di “prodotti di qualità superiore” attraverso norme sanitarie migliorate, standard elevati in materia di benessere animale e un elevato livello di protezione dei consumatori. In proposito, sollecitano la Commissione ad accrescere le informazioni rivolte ai consumatori sull’origine e la qualità dei prodotti della pesca, tramite un monitoraggio rigoroso e una “tracciabilità completa”, dall’ottenimento della materia prima alla commercializzazione del prodotto finito, sia per la vendita di catture fresche che di prodotti trasformati derivanti da attività di pesca o dall’acquacoltura. In materia di po
litica commerciale
, il Parlamento sottolinea anche la necessità di assicurare anche la tracciabilità dei prodotti importati e la loro conformità ai medesimi requisiti sanitari, ambientali e sociali dell’UE. Inoltre, chiede di impedire che nuove concessioni a livello della protezione esterna “non vanifichino o compromettano gli sforzi per garantire sbocchi alla produzione comunitaria a prezzi sufficientemente remunerativi”. I nuovi accordi di pesca con paesi terzi dovrebbero quindi essere oggetto di una valutazione complessiva, “sulla base di criteri definiti dal Parlamento europeo”. Occorre poi adoperarsi per evitare di aggravare la dipendenza dell’UE dalle importazioni da paesi terzi e garantire, invece, la promozione esterna dei suoi prodotti quali le conserve di pesce, “in particolare … finanziandone la presentazione a concorsi e fiere internazionali”. Quale primo importatore mondiale, l’UE dovrebbe anche dare priorità alla lotta contro la pesca illegale.
Il Parlamento ritiene infine necessario creare raggruppamenti interprofessionali nel settore della pesca, con la partecipazione di proprietari, lavoratori, trasformatori, intermediari, ecc.. Considera inoltre necessario ridurre il numero di intermediari nella filiera tra produttore e consumatore ed incentivare e sostenere tutte le attività di vendita diretta o di commercializzazione da parte del produttore idonee ad accorciare la filiera. Occorre inoltre creare meccanismi “per promuovere la concentrazione dell’offerta”.