Ma la solidarietà ha un prezzo?

Giovanna Rezzoagli

La notizia lascia quanto meno sgomenti: gli Stati Uniti hanno temporaneamente sospeso i trasferimenti dei feriti gravi da Port Au Price ai ben più attrezzati ospedali presenti sul loro territorio. Motivo? Non si sa chi farà fronte alle ingenti spese sanitarie che si renderanno necessarie per curare i feriti. Molto probabilmente il poverissimo stato centroamericano non potrà sostenere alcun costo. E allora, tutto in stand-by, in attesa di “chiarimenti”. Appare del tutto evidente che feriti con lesioni e traumi riportati in eventi catastrofici come quello che di fatto è stato il sisma che ha colpito l’isola caraibica, non possono aspettare per ricevere cure. I conti si sarebbero potuti anche fare dopo. O no? La diplomazia internazionale e nostrana hanno recentemente dimostrato, con le critiche al capo della Protezione Civile Guido Bertolaso per le sue considerazioni tecnicistiche sull’organizzazione e la gestione degli interventi emergenziali, che la politica un prezzo lo impone, eccome. La solidarietà, a quanto pare, anche. Salvo l’ennesima ritrattazione, in attesa del solito ma ormai logoro tappeto sotto cui nascondere l’umana spazzatura.