Varietà della Destra

 Fulvio Sguerso

Il sostantivo femminile singolare “destra” è ormai talmente carico di significati che non è possibile parlare di questo argomento senza specificare di quale destra intendiamo parlare. Il suo significato storico e politico, già complicato, cangiante, plurimo di per sé, si colora di connotazioni positive o negative a seconda dell’orientamento o della fede politica dello storico che non intenda, o non possa, deporre gli occhiali ideologici o idiosincratici con cui considera l’oggetto del suo studio. Non sarà quindi inutile un breve excursus almeno su alcuni dei diversi significati che il termine in questione ha assunto dalla sua nascita a Versailles, nell’agosto del 1789, ai nostri giorni. Dunque l’originario significato spaziale è divenuto anche politico dal momento in cui tutti i delegati che all’Assemblea Costituente temevano di perdere i loro privilegi e che venisse intaccata la struttura gerarchica della società che li garantiva, si riunirono e votarono insieme sedendo alla destra del banco del Presidente, mentre i loro oppositori si riunirono alla sua sinistra. L’idea della politica intesa come conflitto tra una destra e una sinistra ha quindi la sua precisa data di nascita; questa novità, anzi, questa invenzione, secondo il sociologo Steven Lukes, “ha introdotto il principio di parità nella vita politica moderna: ha introdotto cioè l’idea che le alternative politiche siano legittimamente eguali nella competizione per il potere”. Fin qui niente di strano: il nuovo significato dei sostantivi “destra” e “sinistra” può spiegarsi come un normale passaggio metonimico dal contenente al contenuto. “Tuttavia – prosegue Lukes – basta un momento di riflessione per comprendere che la parità giuridica non coincide naturalmente con la parità valoriale. Questa differenza appare evidente nelle lingue indoeuropee nelle quali i termini dell’area semantica di “destra” indicano abilità, rettitudine, correttezza morale, mentre quelli dell’area di “sinistra” indicano l’opposto. O si pensi anche alla storia delle religioni e ai risultati dell’etnografia comparata: alla destra è stato sempre attribuito un significato simbolico positivo. Su questo punto ebraismo, cristianesimo e islamismo concordano; anche le culture tribali seguono lo stesso modello: in tutte queste culture la destra prevale anche negli usi cerimoniali e nelle consuetudini sociali, nei giuramenti, nei saluti, nei matrimoni e in altri contratti, negli omaggi e nelle espressioni di rispetto e di amicizia. Notiamo che il simbolismo politico di destra e sinistra combina lateralità e gerarchia, eguali diritti e diseguali capacità, eguaglianza formale e deseguaglianza reale.” Dunque i termini della diade “destra-sinistra” – tranne che nel loro significato di base meramente spaziale – si presentano fin dal loro apparire nel lessico politico con valenze per niente paritetiche, tento che, almeno all’inizio, essere di destra significava essere dalla parte legittima, buona, fedele al trono e all’altare, insomma essere dalla parte benedetta da Dio. Nondimeno il mutare delle circostanze e del contesto storico-sociale non rimane senza conseguenze riguardo al significato valoriale dei due termini, tanto che – osserva un autorevole esponente dell’odierna weltanshauung di destra come Marcello Veneziani:    negli ultimi due secoli si giunge al rovesciamento del significato della coppia destra-sinistra, cosicché oggi ci si trova nella quasi impossibilità  di definire con chiarezza, considerando la realtà e la storia italiana del Novecento, proprio uno dei due termini che sembrava il più semplice: la destra, e con essa i suoi valori di ieri, ma soprattutto di oggi.” Beati i tempi in cui, verrebbe da aggiungere, quando si parlava di “destra” si sapeva perfettamente di che cosa si stava parlando! Sorvoliamo per brevità sul glorioso periodo della ottocentesca Destra liberale italiana e veniamo ai giorni nostri. “Dopo la fine della guerra – scriveva Norberto Bobbio  nel 1993  – il termine assiologicamente positivo è stato per decenni “sinistra”, quello negativo “destra” perché fascismo e nazismo erano considerati comunemente regimi di destra. Tutti (o quasi) si facevano chiamare di sinistra, anche se non lo erano. I “destri” erano messi nella condizione di sentirsi quasi in castigo. Oggi le cose sono cambiate. La destra è diventata molto più sicura di sé, ha acquistato una spavalderia che prima non aveva. Al contrario, la sinistra è diventata più timida. C’è stato un tempo non molto lontano in cui il dichiararsi di destra era un atto di sfida. Ora è la sinistra che sembra dover dover accettare le nuove sfide della storia. Era sicura di essere dalla parte della ragione, di quella ragione storica che hegelianamente legittima il vincitore, e improvvisamente si è accorta di essere passata dalla parte del torto, cioè dei vinti”. Se questo giudizio poteva ancora sembrare eccessivo nel 1993, oggi, dopo le ripetute sconfitte elettorali e a causa del discredito, anche culturale, in cui è precipitata la classe dirigente della sinistra, soprattutto nel nostro Paese, attesta una situazione di fatto. Eh sì, sembra proprio che le egemonie culturali dipendano dagli assetti del dominio costituito e dai rapporti di forza sussistenti in un determinato sistema sociale. Ma questa è un’idea di destra o di sinistra? Ai posteri l’ardua sentenza.