Morire “col collo storto”

Giovanna Rezzoagli

Cosa succede quando una toscana incontra una emiliana in Liguria? Potrebbe essere l’inizio di una storia spiritosa, se non fosse che l’emiliana in questione, la sottoscritta, il senso dell’umorismo non lo possiede proprio, anche se ama molto ascoltare i racconti delle persone con cui si relaziona. La Signora di origine toscana al contrario, possiede il dono dell’ironia mai pesante, sempre fine e pungente. Capita allora che la toscana e l’emiliana dividano quotidianamente un pezzo di giornata insieme, sempre in terra di Liguria, e che tra loro due parlino, tra le tante cose, anche della scarsa predisposizione allo scherzo e all’ironia dei liguri, della loro diffidenza verso i “furesté” (i non del luogo),  ma soprattutto del cliché per eccellenza: l’avarizia presunta (ma un ligure doc preferisce definirla parsimonia) dei nativi. La saggezza delle persone anziane è un bene di inestimabile valore. Specialmente quando si tramanda con un sorriso e modi gentili. Fu così che un giorno la Signora A. se ne esce con una frase tipo “ morirà col collo storto per quel terreno”. Come, come, come? Io resto seria , lei se ne accorge  e mi spiega che nella zona in cui ambedue viviamo i vecchi erano soliti usare quest’affermazione per indicare gli avari, pardon, i parsimoniosi. Passano i mesi, continua il nostro rapporto fatto di lavoro certo, ma soprattutto di amicizia ed affetto. Recentemente incontriamo, durante una breve passeggiata fatta in compagnia del marito disabile di A., un vicino di casa simpaticissimo e gentile e si chiacchiera un poco. Salta fuori la storia del “morire col collo storto”, A. spiega che è un modo di dire che mi ha evidentemente impressionato, io stessa affermo che è nelle mie intenzioni scrivere un articoletto su  questo “detto”. Il vicino allora decide di raccontarci la vera storia del detto, ed io,  cari amici di Salerno, regalo a voi questo pezzettino di cultura ligure. Un tempo l’arredamento tipico di una camera da letto ligure era costituito dal letto, in legno con la testiera finemente cesellata a mano, due comodini alti in legno con un pannello lavorato con la stessa rifinitura della testiera del letto e con un ripiano in marmo che non era fissato, creando così una sorta di nascondiglio per documenti o soldi, vi era poi un armadio ed il classico comò, con specchiera e ripiano in marmo. Nella mia beata ignoranza avevo spesso ragionato sul perché i comodini che arredano le stanze da letto della casa in cui sono cresciuta avessero il ripiano mobile, pensavo che si fossero “scollati” nel tempo… E invece scopro che i bravi ebanisti di un tempo li costruivano proprio così, non so se solo in Liguria o se è uno stile diffuso ad altre zone. Il vicino ci spiega che  “il collo storto” veniva a chi non si fidava troppo di familiari e temeva le incursioni dei ladri,  e si svegliava nella notte a controllare che i tesori nascosti sotto il ripiano del comodino fossero sempre al loro posto… Questo amabile Signore concluse il suo racconto dicendo che un tempo ne morivano tanti “col collo storto”. Forse anche se oggi non abbiamo comodini con ripiani-nascondiglio, il collo storto ci viene lo stesso, vivendo di rimpianti o, peggio, di rimorsi. Allora ecco una possibile esortazione, che arriva dalla saggezza popolare arricchita da una vena di sottile e neanche troppo celata ironia, a vivere con consapevolezza il proprio presente perché nel futuro non si potrà più cambiare ciò che faremo oggi. Ma vi è anche un invito a dimensionare i veri valori della vita, perché nella tomba, collo storto o dritto, non portiamo un bel niente di niente.