Spezzare le catene?

Salvatore Ganci

Esistono i contratti nazionali collettivi di lavoro: sono un protocollo d’intesa, del tutto generale, sulle “regole del gioco” tra Datore di lavoro e Lavoratore. Così, per me ancora Docente, la “visita fiscale” arrivò la stessa mattina in cui ero alla prima assenza dal lavoro nell’anno scolastico in corso, circa tre quarti d’ora dopo la doverosa telefonata in Segreteria d’Istituto per annunciare la mia assenza. E la colica era ancora in corso quando ricevetti la visita di quella gentile dottoressa di guardia all’ASL … Mi sono chiesto se la visita fiscale è arrivata anche per quel docente universitario che, causa un po’ di nevischio e di ghiaccio lungo corso Gastaldi giorni fa (che è, ahimè, in salita andando in Istituto) ha annullato l’ultimo “compitino” valido per “l’esame” assegnando tout-court i voti derivanti dalla media aritmetica dei compiti precedenti. Mi viene in mente un pannello di lucine che il docente che entrava in Dipartimento “accendeva” per “significare” che era presente in Dipartimento. Come ricordo di chiarissimi Docenti che quella lucina mai hanno voluto accendere, anche se lo studente tipo ex ’68 era il primo a dovere prendere atto che questo Docente era sempre in Dipartimento già alle otto e mezza del mattino, mentre molti altri arrivavano comodamente dopo le nove e mezza … Forse è un po’ poco per arrivare ad una conclusione, ma non voglio annoiare il Lettore. Ci sono lavori dove il contratto nazionale non serve assolutamente a discriminare se il lavoratore assolve dignitosamente il suo compito o se è una semplice presenza nociva. Chiunque si trovi in un reparto ospedaliero percepisce “a campanella” il reparto dove si lavora e quello dove si cerca di sopravvivere. Come è facile osservare che le “allieve infermiere” che praticano il tirocinio in reparto hanno una competenza, una gentilezza ed un sorriso che spesso si perde al terzo anno di “assunzione” o anche prima. Gli esperti lo chiamano Burnout  ( su questo argomento cito l’articolo di Giovanna Rezzoagli “Il burnout: un rischio da riconoscere”). Nello stesso ospedale si trova al Pronto Soccorso il “medico” (ben “Istituzionalizzato”) che tout-court diagnostica un tumore nell’area occipitale ai parenti del ricoverato senza alcuna diagnostica certa (solo una T.A.C.) basandosi sulla sua “esperienza”. Eppure … il contratto nazionale di lavoro non prevede nulla sul “modo” con cui il paziente e i parenti possono vivere quelle parole. E, ironia della sorte, questo stesso “dottore” viene rincontrato dall’ex paziente più di un anno dopo … Chissà se l’avrà riconosciuto? Doveva essere sotto terra da almeno nove mesi … Siamo lo stato delle Lobby: quella ecclesiastica, quella dei farmacisti che non vogliono che si vendano farmaci da banco nelle IperCoop, quella dei giornalisti, quella dei medici e quella dei docenti universitari (i docenti della secondaria sono la serie B, la serie C e la serie D a seconda del “tipo” d’Istituto). La lobby dei “neobaroni (figli del ’68!) non risponde quasi in nulla alle esigenze degli studenti (la domanda) ma a quelle proprie (l’offerta). Non si propongono i corsi che interessano agli studenti (o alle imprese che li potrebbero assumere), ma quelli che i “professori” vogliono insegnare. Vale ancora il paradigma  Gentiliano “So, quindi so insegnare”, con la conseguenza che la “bravura” del docente è misurata dal dove il “sistema” l’ha allocato e/o dal tipo di laurea e non dalla efficacia didattica dell’azione educativa; c’è la lobby degli editori scolastici, la lobby dello spettacolo, la lobby dei camalli del porto di Genova dove ormai si scarica molto poco …: c’è la lobby degli psicologi che se la prende senza quartiere contro i counselors,  manca solo la lobby delle povere donne costrette a prostituirsi e multate dagli zelanti Comuni del Lombardo-Veneto.  Però, entrare in una “lobby” è davvero dura per alcuni privi dei requisiti … Restio alle “interpretazioni di ciò che vedo, ascolto e sperimento”  mi sorge egualmente  il dubbio se le lobby sono un meccanismo perverso ma soft per dividere ed evitare una rivoluzione organizzata dei pochi fuori da queste corporazioni. Ma siamo un paese “democratico” dove in Parlamento la lobby dei professori è seconda solo a quella degli avvocati. E allora … come dire: “evviva Cecco Beppe!”.  E con queste premesse di “speranza” come dire: “ragazzi, denunciate quel Prof. che non vi ha fatto svolgere l’ultimo compitino e chiedete conto della sua assenza ingiustificata …”. Che c’è? Vi manca il coraggio?  Però, senza il coraggio, saremmo ancora allo Ius primae Noctis. Ma prima o poi …

2 pensieri su “Spezzare le catene?

  1. Lo “ius primae noctis”. Già, prof. Ganci.

    A fine anno ci delizia con una serie di raccontini che sembrano essere tratti dalla vita vissuta, tanto appaiono veri. Fa inoltre menzione della pratica medievale che richiama alla memoria gli antichi privilegi feudali.

    Alcuni amici mi hanno raccontato che ancora oggi possono sopravvivere vestigia di pratiche simili, soprattutto nelle comunità chiuse dove il reggente di turno si comporta da vassallo ed i suoi sottomessi da valvassini. Beh… non possiamo parlare proprio di “ius primae noctis”, è logico; ma qualcosa di simile potrebbe accadere. Infatti, cosa Le viene in mente se, quando si assumono persone a contratto, si predilogono solo le femminucce di bell’aspetto? Il curriculum, mi dirà. Già… come nel caso in cui si assurge alla carica di “docente” con curricula tali da far invidia ad un premio Nobel. E già, prof. Ganci, li abbiamo visti pubblicati sulla rete questi curricula e li abbiamo apprezzati molto per la loro estrema sintesi. Sarà così anche nel caso delle attraenti fanciulle?

    Tanto, ormai, questo è un paese che è andato… al di là del solito modo di dire. Si preferiscono infatti situazioni alquanto ibride e nessuno fa più caso se in qualche “regno” terreno esiste un harem oppure un piccolo porto franco in cui far assumere amici e parenti. Nemmeno gli uomini pii si scandalizzano. Figuriamoci quelli avvezzi alle imprese dei delinquenti incalliti. Peccatucci, insomma, come quello commesso dal “docente” della Sua storiella. E a meno che il nostro paese di Acchiappatrulli non prenderà a funzionare all’incontrario una buona volta, uno studente denunciante si troverà nei guai il giorno dopo, mentre il “docente” (con un curriculum da far invidia, si immagina) potrà continuare a fare il proprio comodo. Succede così anche nei porti franchi di sopra, dopotutto.

    Buon Anno 2010 a Lei e a tutti gli Italiani onesti come Lei.

  2. A certe sue legittime domande non posso, purtroppo, fornire una risposta “pubblica”. Anch’io ho fatto caso che un certo personale (femminile) di un certo “ufficio amministrativo” di un Dipartimento di Genova non ha una sola impiegata al di sotto di un certo “standard” e la mobilità del lavoro fa pacificamente parte di un certo occulto codice. Quanto a quel “docente” assente platealmente a una prova ritenuta “d’esame” per una spruzzatina di neve, forse un rimedio ci sarebbe … Ci vorrebbe una associazione in grado di iscrivere a quel corso qualche pensionato “sveglio” che non ha nulla da perdere come studente e lasciare a lui tutte le segnalazioni atte a far provare a questo “signore” le delizie che emergono dal Diritto Ammninistrativo e dal Codice Penale. L’arroganza di costui è, nel suo caso, la maggiore debolezza …Per il resto ha ragione: ho solo attinto a storie vere, specie per quella del “poco scientifico” medico del pronto soccorso…
    Con la massima stima
    Salvatore Ganci

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