Il Natale dimenticato

 Giovanna Rezzoagli

Cosa rappresenta veramente il Natale oggi? Se è vero che per comprendere il presente occorre avere consapevolezza del passato, le premesse per formulare una riflessione sul senso profondo del giorno più atteso dell’anno non appaiono positive. Il Natale cristiano celebra la nascita del Cristo, ma da anni la ricorrenza è diventata una corsa, spesso forzata e frenetica, al regalo. Alcuni decenni, o poco più, di benessere economico hanno prodotto uno spostamento verso la dimensione materiale della festa, a discapito del suo significato spirituale profondo. Questo ultimo Natale, che sta per scivolare nel passato, ha simboleggiato una forzosa controtendenza. Colpa della crisi economica che decima impietosa posti di lavoro e costringe tanti a fare letteralmente i conti con ciò che davvero è necessario. Il punto fondamentale di questa riflessione verte sostanzialmente proprio sul concetto di “necessario”. A mio avviso non è banale ne tantomeno scontato dedicare un istante del nostro tempo a riflettere su cosa è veramente necessario, per ciascuno di noi, oggi per vivere serenamente il Natale, ma non solo. Ricordo che mio padre amava canticchiare, sotto le feste, una canzoncina che a sua volta aveva imparato da suo padre. In un dialetto che ormai parliamo in poche persone suona così: “A Nadale se mangia u bibin, coi bescoeti tucai in tu vin, inaa galeena, p’a contentà u bambin che l’è in t’à chiina, p’à contentà u bambin che l’è in t’à chiina.”Tradotto significa:” A Natale si mangia il bibin con i biscotti inzuppati nel vino, una gallina, per accontentare il bambino che giace nella culla, per accontentare il bambino che è nella culla”. Bastava poco per rendere speciale la festa, i biscotti fatti in casa, un poco di vino e la gallina, mangiata solo in occasioni speciali, per rendere omaggio al piccolo di cui si celebra la nascita. Ma soprattutto il “bibin”, che non ho mai scoperto cosa fosse. Tante volte lo chiesi a mio padre, ma la sua risposta era sempre la stessa: il famoso “bibin” era ciò che piaceva di più, come dire che ognuno aveva il proprio bibin, l’importante era essere per un giorno contenti. Tempi lontani e saggezza contadina, tempi di povertà in cui la festa si celebrava mangiando qualcosa di buono e speciale, ma non per golosità o per materialismo. Era semplicemente l’unico modo per festeggiare in famiglia, ma anche con i vicini di casa o con chi non aveva nessuno. L’insegnamento del passato può essere quello di festeggiare anche ai nostri giorni riscoprendo ciascuno il proprio bibin, il proprio essere anche solo per un attimo felici, almeno a Natale.