’O presèbbio ’e mast’Aniello ’o scarparo e ’a festa ’e Natale r’i tiempi passati

 Alberto Mirabella

I miei ricordi vanno agli anni del secondo dopoguerra a Sarno, esattamente agli anni Cinquanta, quando questa ricorrenza era molto sentita soprattutto dal punto di vista religioso. Non c’era famiglia che non preparasse in casa un presepe con pastori rigorosamente di terracotta che per la loro fragilità negli anni finivano per diventare spesso mutilati di qualche dito o arto. A casa mia, ubicata in via Cavour, per mio padre Aniello la costruzione del presepe costituiva un’occasione particolare per poter estrinsecare tutta la sua creatività. Egli era artigiano calzolaio come il nonno Alberto, e creava le scarpe ex novo su misura, tagliando la tomaia che poi mia madre Sisina cuciva su macchina Singer (’a màchina p’arrevettà). Non esistevano devo precisare, a differenza di oggi, strutture presepi ali prefabbricate per cui ogni presepe veniva costruito ogni anno totalmente daccapo e sempre con varianti per cercare di renderlo più bello. Mio padre per realizzare il suo presepe faceva tutto lui; la prima cosa era la struttura lignea che ricopriva con carta dipinta in modo da dare la parvenza di montagne e sentieri. Andava a raccogliere sulla montagna il muschio e piantine di aloe. Nella struttura intersecava delle stradine dove nel punto più alto poneva i tre Re magi a cavallo, sostituiti poi il 25 dicembre con i Magi in ginocchio davanti al Bambino Gesù. I miei ricordi vanno agli anni del secondo dopoguerra a Sarno, esattamente agli anni Cinquanta, quando questa ricorrenza era molto sentita soprattutto dal punto di vista religioso. Non c’era famiglia che non preparasse in casa un presepe con pastori rigorosamente di terracotta che per la loro fragilità negli anni finivano per diventare spesso mutilati di qualche dito o arto. A casa mia, ubicata in via Cavour, per mio padre Aniello la costruzione del presepe costituiva un’occasione particolare per poter estrinsecare tutta la sua creatività. Egli era artigiano calzolaio come il nonno Alberto, e creava le scarpe ex novo su misura, tagliando la tomaia che poi mia madre Sisina cuciva su macchina Singer (’a màchina p’arrevettà). Non esistevano devo precisare, a differenza di oggi, strutture presepiali prefabbricate per cui ogni presepe veniva costruito ogni anno totalmente daccapo e sempre con varianti per cercare di renderlo più bello. Mio padre per realizzare il suo presepe faceva tutto lui; la prima cosa era la struttura lignea che ricopriva con carta dipinta in modo da dare la parvenza di montagne e sentieri. Andava a raccogliere sulla montagna il muschio e piantine di aloe. Nella struttura intersecava delle stradine dove nel punto più alto poneva i tre Re magi a cavallo, sostituiti poi il 25 dicembre con i Magi in ginocchio davanti al Bambino Ge