Angelo Cennamo
Le stragi compiute dai partigiani rossi ai danni di uomini e donne inermi, l’indomani della liberazione, gli attentati delle br contro politici ed intellettuali dell’area cattolica e moderata, negli anni di piombo, il linciaggio di Bettino Craxi all’uscita dell’Hotel Raphael, nella stagione di mani pulite, i girotondi intorno al palazzo di giustizia di Milano per difendere la costituzione, “oltraggiata” dai postfascisti del centro destra, il ferimento di Silvio Berlusconi dell’altra sera, in occasione della campagna di tesseramento del Pdl. Esiste una matrice culturale e sociologica comune che lega alcuni degli eventi più significativi della storia di questo paese, dalla seconda guerra mondiale ai giorni d’oggi. Un pezzo d’Italia cova, da sempre, rancore e ribrezzo per l’altra metà della nazione, nella quale questa non si riconosce perchè la giudica culturalmente mediocre e moralmente involuta. La storia si ripete ogni qualvolta tale fazione, quella “più rozza ed incivile”, si aggiudica, democraticamente, le elezioni politiche e per questo, legittimamente, si accinge a governare il paese. Da 15 anni a questa parte, il “partito dei rancorosi” ha preso di mira un signore che, dopo aver guadagnato miliardi con l’edilizia e le televisioni commerciali, ha deciso di scendere nell’agone politico fondando, prima, quello che si sarebbe rivelato in pochi mesi il primo partito italiano, e poi governando il paese per almeno la metà degli anni della sua avventura parlamentare. Dal gennaio del 1994, Silvio Berlusconi è il bersaglio mobile di un gruppo consistente di nostri connazionali che non accettano di essere amministrati, tanto meno di rapportarsi dialogicamente con il cavaliere di Arcore e con la sua schiera di politici e di simpatizzanti. Il gruppo dei rancorosi è ben articolato e ramificato nella società civile. Occupa posti strategici nell’economia, nel sindacato, nella magistratura e, soprattutto, negli ambienti accademici delle università e dell’editoria. Oggi questa parte del paese si sente particolarmente minacciata dal governo di centro destra per una serie di ragioni. Intanto perchè l’esecutivo gode di buona popolarità e di ampi consensi, come a pochi altri governi è capitato nella storia repubblicana. In secondo luogo, perchè il partito più rappresentativo dello schieramento attraversa una crisi identitaria senza precedenti, mentre le altre forze più estreme della coalizione, per la prima volta, non sono state elette in parlamento. Terzo, il potere politico della Cgil si è ridotto ai minimi termini, anche per effetto della frantumazione del mondo sindacale che ha portato Epifani ad isolarsi dalle altre sigle più moderate. Tutti questi fattori di crisi, messi insieme, hanno generato tra le fila dei “rancorosi” una nuova strategia di contrasto : una forza suppletiva che ha unito gruppi editoriali e televisivi a talune procure in un intreccio esplosivo che sta alimentando nel paese un clima di veleni e di violenza. Oggi intorno a Berlusconi, ad eccezione di qualche grave distinguo, si stringe unanime il coro ipocrita della solidarietà intempestiva. Ma, da domani, ne siamo certi, l’odio continuerà a covare e non sarà difficile armare la mano di un altro Tartaglia.
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Mi meraviglio, sinceramente, che due giorni dopo la VILE aggressione al Presidente del Consiglio italiano, ancora, si fomenta la violenza con titoli tipo “IL PARTITO DELL’ODIO”.
Mi aspetterei, come invoca il Presidente della Repubblica, invece, un invito alla moderazione e alla non violenza.
Che sia chiaro, intendo da entrambe le parti!
Ho qualche difficoltà a credere che chi non è a favore è parte dei “rancorosi”.
Una posizione intermedia che valuti le cose in modo critico, magari qualche volta a favore, e qualche altra volta no, non è possibile!
Per esempio, credo che non ci dobbiamo rassegnare all’impossibilità di evitare altri eventi violenti.
Mi piacerebbe un dibattito pacato, concreto e tempestivo, intento a risollevare le sorti del paese, che ne ha tanto bisogno.
in queste circostanze prendere posizione è sbagliato. specialmente è sbagliato fare ricostruzioni ideologiche, dietrologiche, caro cenammo, è un poco comodo e semplicistico. è un diritto la critica ed è una faccenda personale avere stima delle persone, ma in questa circostanza, si discute di altro ed è qui che rivolgo il mio dissenso a questo articolo. le questioni in gioco sono diverse a me interessa evidenziarne qualcuna. la prima qui è in gioco il rispetto delle istituzioni, punto è basta, il primo ministro in quanto istituzione va rispettato. la seconda, qui è in gioco la compassione, il viso insanguinato di berlusconi, la smorfia di dolore e quasi la sua incredulità, a me che veramente non ho nessuna stima personale del primo ministro, mi ha commosso e scatenato una forte compassione. la terza è la sicurezza e chiedo, le chiedo, ma come è possibile che possa succedere una cosa così stupida in itali a oggi, ste cose si prevengono che cavolo!
ma l’ultimo pensiero che propongo scaturisce dalla certezza che solo in questa circostanza “la casta” si sia resa conto della violenza gratuita, del reale pericolo di vita che in quella circostanza ha corso berlusconi, come se per la gente, in certe città quartieri e aree, anche salernitane, non fosse quotidianità. la casta vive. nelle migliori famiglie, agnelli, tudor ed altri, è usuale mandare i propri rampolli, in forma anonima, nel mondo reale per imparare e vedere come è la vita reale. il problema della casta è la spocchia e il fatto di vivere sotto una campana di vetro, la lontananza pratica verso il vivere quotidiano e anche l’idea che hanno della propria immunità (intendo quella fisica) e non si rendono conto della fragilità della vita. forse una volta vi era, in quei palazzi, una maggiore varietà di rappresentanza e quindi vi era una contaminazione sociale che oggi veramente manca. infine trovo veramente assurdo mettere in discussione, cosa che si può fare benissimo, le tematiche relative al problema dei malati psichiatrici a seguito di questa vicenda. mi auguro meno tragedia e più gioia, mi auguro che ci sia felicità che il primo ministro ha scampato un serio pericolo, e questo è gia una grossa consolazione, ma mi auguro francamente che si smetta di voler sfruttare questi eventi per altre questioni, perchè caro cenammo, qua la politica non sentra proprio neiente e se rileggi il tuo articolo ti renderai conto che le tue premesse sono esattamente contrarie al contenuto. ed infinemi auguro che il primo ministro dica smettetela tutti e lasciatemi in pace, sto bene e voglio fare il mio lavoro e on la vittima.
Cari Francesco e Michele Zecca,
l’invito del presidente Napolitano ad abbassare i toni è condivisbile, ma è difficile pensare e sostenere che il clima arroventato di questi mesi sia stato alimentato in modo equanime. Nell’articolo in questione avrei potuto scrivere molto di più in ordine a fatti ed episodi che hanno cambiato la storia di questo paese. Avrei potuto citare, ad esempio, manifesti di “odio”, lo ripeto “odio”, di taluni intellettuali della “solita” area, a seguito dei quali sono stati compiuti atti scellerati. Il partito dell’odio e del rancore, cari lettori, esiste eccome, e certi distinguo e precisazioni ascoltate nelle ultime ore non fanno che confermre quanto asserisco. C’è anche chi lo rivendica il diritto ad odiare. Per carità, ognuno è libero di pensare e provare i sentimenti che vuole, ma non ricordo libri o film che inneggino alla morte o all’odio verso Bersani, Franceschini o Prodi.
L’ analisi politica e “psico-sociologica” che emerge dall’articolo è assai realistica. Tutto vero quello che dice Angelo Cennamo, anche se il titolo è un pò forte. Il metodo della sinistra si basa sull’attacco rancoroso continuo, quello del centrodestra (quando era all’opposizione) era maggiormente improntato allo sfottò e alla ridicolizzazione dell’avversario. Tuttavia, ripercorrere le nefandezze compiute nella storia del secolo scorso dalle forze di sinistra mi sembra poco utile, perché non fa altro che indurre la controparte a spiattellare le nefandezze compiute da uomini e governi della destra. Questa logica non porta da nessuna parte.
Aggiungerei alla pregevole analisi di Cennamo, alcuni elementi che caratterizzano la sinistra:
1) la presunzione di certa sinistra di essere unica depositaria della cultura;
2) la convinzione che a sinistra, e solo a sinistra, sta la solidarietà umana e la giustizia sociale;
3) l’incapacità della sinistra di riconoscere i propri errori e i propri limiti; ciò produce la demonizzazione dell’avversario e la giustificazione della violenza contro di esso;
4) il sentimento di invidia, di intolleranza, di livore e di frustrazione che pervade tanti esponenti dell’opposizione e tanti militanti della sinistra, affetti da cronica mediocrità, di fronte al personaggio Berlusconi: come se essere ricchi e potenti fosse pregiudizialmente una colpa. Lo potremmo forse ammettere se tale condizione fosse ereditata, ma nel caso di Berlusconi mi sembra che essa sia il frutto di iniziativa, di coraggio, di capacità di rischiare e di duro lavoro, il tutto non disgiunto da un pizzico di fortuna, ma ” audaces fortuna iuvat “. Si consideri, inoltre, l’abissale differenza che c’è, ad esempio, tra la famiglia Agnelli e Berlusconi (anche quando non era in politica) in quanto a capacità di relazionarsi con le masse…..
Tanto premesso non si può sottacere che l’esuberanza, non solo dialettica, del premier raggiunge talora livelli eccessivi. Una maggiore sobrietà e una maggiore prudenza nelle dichiarazioni e negli interventi pubblici gioverebbe sia allo schieramento del centrodestra, sia a se stesso, sia al clima politico nazionale che ha bisogno, come non mai, di recuperare una condizione di distensione e di civile confronto. La parola dovrebbe tornare ad essere strumento di dialogo e di convincimento e non arma di offesa. Se lo ricordi il premier e, ancor più e ancor prima, se lo ricordino i vari Di Pietro, Santoro, Travaglio ecc. ecc.
“Hanno inscenato proprio qui davanti un’indegna gazzarra di stampo squadristico. Il segno degli effetti che provocano le campagne di odio e di aggressione”, affermazione pronunciata dall’ onorevole Bettino Craxi nel bel mezzo della gogna mediatica che avveniva contro di lui. Magistratura e stampa erano contro di lui e Ghino di Tacco non resistette. Era il 1992, l’anno dopo ci sarebbe stato lo storico episodio de l’Hotel Raphael… 17 anni dopo è cambiato poco, prima c’era Craxi adesso Berlusconi… La speranza è che non si arrivi a parlare di “Clima Infame” come successe dopo la morte di Sergio Moroni. L’Italia, purtroppo, non è matura per imparare dalla storia…
Le campagne d’odio portano alla violenza; la violenza, nella maggior parte dei casi, porta alla morte.
Luca Galdi