Monte San Giacomo: reato ambientale o battaglia politica ?

Aldo Bianchini

Era il mese di agosto di tre anni fa quando su tutti i giornali e televisioni locali esplose il famigerato caso di presunto scempio ambientale che diede la stura ai titoli più variegati: “L’autostrada nel parco nazionale”, “Le ruspe deturpano il Parco”, “Strada nel Parco, tre rinviati a giudizio”. Poi, inevitabilmente, i riflettori si spensero e nessuno (dico nessuno!!) si è più preoccupato di seguire le vicende processuali (se non con poche e sterili veline…) che hanno portato a giudizio varie persone anche per la costruzione di una baita-resort in fondo alla strada. Soprattutto nessuno si è preoccupato di capire perché quella vicenda prese piede in una maniera così eclatante da interessare anche la sezione del Codacons di Sala Consilina. Dobbiamo innanzitutto precisare che sulla scena del presunto scempio ambientale si sono affacciati, nel corso del tempo, diversi soggetti. In primo luogo c’è chi denuncia (Il Comitato 18 agosto 2006), poi c’è la pubblica accusa che ha recepito l’esposto del Comitato, ci sono gli imputati, c’è il CTU (Consulente Tecnico dell’Ufficio), c’è l’Amministrazione Comunale di Monte San Giacomo unitamente ai BAAAS ed agli Uffici Tecnici Provinciali e Regionali che hanno rilasciato apposite concessioni e permessi edilizi ed ambientali, ed infine c’è il Codacons che spinge gli inquirenti a tutela della comunità. E c’è soprattutto la gente che della comunità fa parte e che, a questo punto, si pone la più classica delle domande che nulla ha a che fare con la retorica: “Siamo di fronte ad una causa ambientale o di fronte ad una mera guerriglia politica maturata all’ombra del Comune di Monte San Giacomo ?”. Su questa domanda, che faccio mia senza esitazione, deve essere aperta una vera e propria indagine che tenga conto di tutti gli elementi e i personaggi prima indicati. Ho esaminato un voluminoso faldone di carte, anche atti processuali pubblici, composto grazie alle gentili concessioni fattemi da tutti gli attori in campo. Si tratta, quindi, di un faldone verosimilmente credibile per entrare nel quale bisogna avere una chiave di lettura certa, sicura e quanto più possibile equidistante tra le varie parti. Per iniziare questo tipo di indagine giornalistica mi sono posto anche un’altra domanda diretta a capire se qualcuno, tra accusa e difesa, abbia messo in atto tutti quei meccanismi utili a strumentalizzare o quanto meno a servirsi della giustizia per vincere una battaglia squisitamente politica. Anche perché la magistratura non può e non deve fare dietrologia ma deve esaminare soltanto fatti concreti finalizzandoli all’ottenimento della prova conclamata. L’inchiesta giornalistica, invece, per sua stessa natura può e deve sfuggire a queste logiche penali inoltrandosi per sentieri che ad una superficiale lettura possono apparire poco credibili ma che, invece, trovano solido radicamento nella “convinzione popolare” che è sempre sovrana. Fatta questa lunga e doverosa premessa devo confessare che a stimolare la presente inchiesta, che è e resta un’inchiesta giornalistica, è stato un comunicato diffuso dal Codacons di Sala Consilina in data 23.05.09 in cui si parla dell’esito dell’udienza dibattimentale del giorno precedente e testualmente si legge: “…. Tuttavia, un ennesimo colpo di scena blocca adesso il nuovo processo. Infatti, sembrerebbe che, per via di un accordo dell’ultima ora tra il Presidente del Tribunale e il Presidente dell’Ordine, anche difensore degli imputati, i processi per reati ambientali ed edilizi non possano svolgersi al cospetto di un GOT (giudice ordinario non togato), quale è il dott. Russillo.  …… Tale decisione ci lascia sconcertati ….”. Incredibile, mi sono detto, che un magistrato di vaglia ed integerrimo come il dott. Luciano Santoro (Presidente del Tribunale) possa essere individuato come uno dei colpevoli dell’ennesimo rinvio del processo. La storia, ovviamente, viene da lontano ma un’affermazione come quella del Codacons lascia quantomeno perplessi. Partendo da qui cercherò di chiarire tutti gli aspetti di quella che oggi appare come una telenovela infinita che vedrà, comunque, nell’udienza del 9 ottobre (la baita) un momento importante in quanto il Tribunale dovrà decidere se accogliere o meno la costituzione di parte civile avanzata dal Comitato 18 agosto 2006. Poi ci sarà l’udienza, non meno importante, del 14 dicembre (la strada). Alla prossima puntata. 

 

 

 

 

 

Un pensiero su “Monte San Giacomo: reato ambientale o battaglia politica ?

  1. Inviterei l’ottimo giornalista Bianchini a recarsi sulla montagna, nel Parco Nazionale, in zona 1, zona SIC, a 1100 metri sul livello del mare dove abbiamo visto le ruspe cingolate usate per la SA-RC sventrare la montagna. Una sua documentazione dello stato dei luoghi adesso, dopo tre anni, a processo fermo, potrebbe essere interessante.

    L’ottimo Bianchini rischia, nel tentativo di chiedersi solo se nello scempio si nasconde la politica, di ergersi a difensore di chi tratta l’ambiente come “cosa sua”. E se un’associazione ambientalista coraggiosa si mobilita, qualche motivo ci deve essere. E se si denunciano ritardi, qualche motivo ci deve essere.

    Posso però assicurare Bianchini e benefattori vari dell’estetica del territorio che sono pronto a farmi processare per il reato di “difesa dell’ambiente” in questo Paese di Acchiapatrulli, se necessario.

    Con i più distinti saluti,
    Roberto De Luca

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