“Non sono io che sto fumando…è un personaggio che lo sta facendo”

  

E’ così che Alessandro Haber, spiazzando gli studenti dell’ateneo di Fisciano, ha inaugurato la VII edizione di Filmidea, accendendo in aula la sua fedele compagna: la sigaretta. Da subito l’attore ha rotto gli schemi proprio come è nella sua tradizione; un Haber che ha raccontato del fascino dell’oblio, della sensazione di perdizione, di quell’alone di mistero che avvolge gli artisti. Quasi come in un monologo, facendo sì che la cattedra si trasformasse in palcoscenico, dinanzi ad un pubblico attento e divertito, è passato dal raccontare di una strana malattia, quella dell’attore, alla continua ricerca di sé e del nuovo. Un Haber, dunque, in continuo movimento, teatrale, eppure così vicino al suo pubblico, che ha incarnato un personaggio autoironico e smemorato. Come un fiume in piena ha accompagnato gli studenti in un viaggio che è partito dal mondo del teatro per giungere a quello del cinema. Due mondi per l’attore lontani e allo stesso tempo così vicini.  “Quando faccio teatro mi sento proprietario e autore di tutto quello che costruisco. Il teatro ha tempi e modalità differenti rispetto al cinema. Con l’inquadratura cinematografica, invece, non sappiamo mai quale sarà il risultato finale perché nulla è sequenziale”, ha spiegato.Haber ha continuato a raccontare della sua ricerca di attore, della volontà di non riproporre mai quello che hanno già fatto altri e della volontà di rischiare il tutto in una commistione tra umorismo e commozione. “Un conto è leggere un testo teatrale e un conto è recitarlo. Ho sempre cercato di vivere i personaggi dal di dentro. Quelli che recitano non mi piacciono, non sono veri, non sono credibili, sono finti. Bisogna dare un’emozione. Ho sempre cercato di inculcare nei giovani l’importanza del non recitare, ma di vivere un teatro realistico, non televisivo”.Haber è riuscito a trasmettere ai giovani la sua passione per il teatro: “cercate di fare qualcosa che vi piace – ha detto agli studenti – anche se non è facile. Mi ritengo un fortunato perché faccio un lavoro che mi piace fortemente, è un piacere carnale, fisico, mentale, non ci sono soldi che tengano. Non potrei fare altro. Questo lavoro è la mia droga, la mia malattia, dalla quale non posso guarire, una malattia che però mi da vita”.Alla domanda di uno studente su come interpreta i suoi ruoli Haber risponde: “ci sono attori diversi, quelli che si trasformano completamente e quelli che mettono il proprio bagaglio nel personaggio, come faccio io. Mi sento un po’ camaleonte, non mi stravolgo più di tanto, io cerco sempre di tirare fuori una mia verità e di incontrarmi con il personaggio sempre a metà strada”.Dalla risposta al cellulare che squilla in aula, alla commozione fino alle lacrime scaturita dalla lettura di una lettera che una madre scrive al proprio figlio: Haber ha sorpreso gli studenti con momenti alternanti di riso e riflessione. L’attore si è soffermato anche sul suo rapporto con il cinema e sulle esperienze con numerosi protagonisti della cinematografia italiana, tra questi Mario Monicelli e Francesco Nuti. Immancabile un riferimento ai film di nicchia che non ricevono una giusta distribuzione come il suo ‘Scacco Pazzo’. “Ci sono film importanti che possono far riflettere e se c’è una promozione adeguata anche questo genere di opere può ottenere i giusti ascolti”, ha detto a tal proposito. L’autore ha poi parlato dei suoi progetti futuri e della voglia di dirigere un film.Infine ha lasciato gli studenti con la promessa di ritornare all’università, soprattutto, dopo aver incontrato il rettore al quale ha manifestato la volontà di tenere uno spettacolo nel teatro dell’ateneo.