Cilento: parole e gioco dell’oca

 

 Roberto De Luca

Questa è una lunga storia, che mostra quanto sia vana, nel contesto locale, la recente reprimenda del Presidente Napolitano contro l’abusivismo edilizio diffuso. Forse una storia di connivenze e di ipocrisie istituzionali. Di certo una storia dalla quale l’ambiente ne esce come unica vittima. Il 18 Agosto del 2006 mezzi cingolati vengono portati all’interno del territorio di Monte San Giacomo per sventrare una montagna e per ricavare una comoda strada per arrivare ad un casolare che si vuole ristrutturare. Il vecchio rudere, una volta ricovero di animali, è situato in una zona bellissima ai piedi del Monte Cervati, a 1100m sul livello del mare. Questo cumulo di pietre, che giace tranquillo all’interno della zona più protetta del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, era stato precedentemente acquistato da un facoltoso cittadino di Sala Consilina. A memoria d’uomo in quel posto non s’era mai vista una strada: gli armenti si muovevano alquanto liberamente nei tempi andati in quella zona. Tuttavia qualcuno pensa che in demanio pubblico si possa autorizzare un privato benefattore a fare quello che non avrebbe potuto fare nemmeno nel suo proprio terreno, dati i vincoli paesaggistici esistenti all’interno della zona 1 del Parco. E cosa è stato fatto dall’attuale amministrazione di Monte San Giacomo? Si è dato permesso ad un privato cittadino, senza alcuna delibera del Consiglio Comunale, competente in materia, a costruire una strada ex-novo su demanio pubblico. In altri contesti questo sarebbe risultato una vera e propria mostruosità amministrativa. In questa umida vallata costituisce forse, a quanto pare di comprendere, solo la normalità. Una normalità un po’ strana, in quanto lo stesso facoltoso committente dei lavori, autorizzato dall’amministrazione di Monte San Giacomo, stava costruendo una villetta (adesso posta sotto sequestro) in quella stessa zona. Ma questa è un’altra storia, ovvero un altro processo penale. Subito dopo che il fatto dell’Agosto 2006 viene reso noto dalla stampa locale, anche grazie all’intervento della sede CODACONS di Sala Consilina, esponenti apicali dell’amministrazione locale intervengono sulla stampa per dire che tutto è in regola. Secondo questi soggetti, infatti, chi strillava per lo scempio ambientale non era altro che un millantatore. Della serie: la verità ufficiale siamo noi! Il resto taccia, così come si vede succedere spesso da ultimo in questi luoghi (e non solo). Riconoscete o no questo modo di agire? Peccato che l’amministrazione rappresenti localmente il centro sinistra: il vice sindaco è addirittura presidente di una Comunità montana monocolore di centro sinistra.  Tuttavia, a dimostrazione che nulla era in regola, vi è stato il sequestro del cantiere (ovvero, di ben due cantieri!) da parte della magistratura, opportunamente sollecitata da una nostra denuncia e da quella del “Comitato 18 Agosto di Monte San Giacomo”, costituitosi nell’estate del 2006 ed il cui presidente è tuttora Caporrino Pietro. I benefattori con le ruspe erano infatti tornati alla carica a Settembre del 2006 (circa un mese dopo l’accaduto), forti del consenso degli amministratori locali, si immagina. Questi paladini della legalità, che reggono le sorti dell’amministrazione pubblica anche a livello sovra-comunale, ribadivano prontamente sulla stampa, ancora una volta, che il fatto che i lavori fossero ripresi significava che tutto era in regola. Per evitare ulteriori danni alla natura abbiamo allora fatto ricorso alla magistratura, denunciando il fatto in modo circostanziato il giorno 16 Settembre 2006. E adesso il procedimento giudiziario. Due sequestri dei cantieri, in successione, uno a novembre del 2006, uno due mesi dopo. Seguono tre rinvii a giudizio: per il committente, il direttore dei lavori e la ditta appaltante. Non ci interessa fare i nomi: il fatto che conta è il modo in cui vengono affrontati tali problemi localmente. Secondo il nostro avviso qualcuno mancava nella lista dei rinviati a giudizio; tuttavia, eravamo fiduciosi nella celebrazione del processo. Prima udienza fissata il giorno 9 Gennaio 2008. Arriva Gennaio, ma un difetto di notifica ad uno degli imputati fa saltare l’udienza. Rinvio al 10 Giugno 2008. Arriva Giugno e, incredibilmente, un motivo simile fa saltare anche questa udienza, rinviata adesso al 12 Novembre 2008: i benefattori con le ruspe, così, hanno guadagnato circa un primo anno di tempo utile per la prescrizione del reato. Il decreto di citazione da notificare ad uno degli imputati 60 giorni prima dell’udienza, secondo quanto prevede la legge, è stato notificato solo 59 giorni prima del 10 Giugno 2008. Ecco come vanno le cose! Una sospensione de facto? Così sembrerebbe! Un anno guadagnato, intanto. Qualche cittadino incomincia a chiedersi, tuttavia, se questo sia solo frutto di una cattiva organizzazione dell’ufficio notifiche (fatto di per sé già molto grave), o se i problemi siano di altra natura. Ma, come ci insegnava Russell, è difficile indurre un controllo sul controllore, così come è difficile che un altro barbiere possa fare la barba all’unico barbiere di questa malandata e ormai decadente vallata. Intanto si cerca di andare verso la celebrazione della prima udienza del processo. Si convocano le associazioni che avevano fatto richiesta di costituirsi parte civile per il giorno il 12 Novembre 2008. Ma vi sono ancora impedimenti e solo il 14 gennaio 2009, alle ore 9:30, finalmente, si può celebrare la prima vera udienza del processo penale. Il Giudice Onorario, dott. Russillo, ascolta la richiesta del CODACONS, rappresentato dall’avv. Alberto Landi, e del Comitato 18 Agosto 2006 di Monte San Giacomo,  rappresentato dall’avv. Francesco Maldonato, ad essere ammessi come parte civile nel processo. Al momento della presentazione ufficiale delle richieste, l’avv. D’Aniello, Presidente dell’Ordine forense locale e difensore degli imputati, contesta calorosamente, davanti al Giudice Russillo, la legittimità dell’accettazione delle stesse. Tuttavia il Giudice riconosce il nostro diritto a partecipare al processo, ammettendo, dopo una non breve camera di consiglio, le richieste sia del Comitato 18 Agosto sia del CODACONS. L’udienza successiva, nella quale si sarebbe dovuto ascoltare il perito nominato dal Pubblico Ministero, Ing. Marcello Romano, e i testimoni nominati dalle parti, avrebbe dovuto aver luogo il 15 Aprile 2009, ma viene anch’essa rinviata di circa un mese. Ci si aggiorna quindi al 22 maggio 2009. Il 22 maggio scorso, tuttavia, un ennesimo colpo di scena blocca di nuovo il processo. Infatti, sembrerebbe che, per via di un accordo dell’ultima ora tra il Presidente del Tribunale e il Presidente dell’Ordine, anche difensore degli imputati, i processi per reati ambientali ed edilizi non possano svolgersi al cospetto di un GOT, quale è il dott. Russillo. Il fascicolo viene quindi trasmesso all’ufficio della Presidenza perché venga definita una nuova assegnazione del processo, con conseguente annullamento, si immagina, di quel pur breve “iter processuale” pregresso. Inutile dire che tale “accordo” ci ha lasciato sconcertati. Considerando, infatti, la carenza dei magistrati togati applicati al Tribunale di Sala Consilina e la specificità dei processi trattanti reati di carattere ambientale, per i quali è stato stilato questo “accordo”, ci si chiede se si voglia che tutti i procedimenti penali proprio sui reati ambientali vadano a definirsi con una mera prescrizione. Sono questi i fatti  che stanno ad indicare che la giustizia viene amministrata, in questo lembo di terra martoriata dagli scempi ambientali, nell’interesse della collettività e non di pochi privilegiati? A voi la risposta. Intanto, come nel gioco dell’oca, si torna al punto di partenza: sempre a Sala Consilina, sempre nello stesso Tribunale, il giorno 14 dicembre 2009 si celebrerà una nuova udienza, potendo tranquillamente affermare che, dopo più di tre anni e dopo due sequestri di altrettanti cantieri, non si è ancora in grado di ascoltare le parole del perito nominato dal Pubblico Ministero, Ing. Marcello Romano. Forse sotto c’è qualche verità che scotta? In tutto questo lasso di tempo l’unica verità che è saltata fuori è quanto sia difficile lottare per l’ambiente in un contesto ormai degradato da molti punti di vista. Continueremo, nonostante tutto, a tenere la barra dritta. “Resistere, resistere, resistere” è la nostra sola parola d’ordine. Tuttavia, dopo questo lungo racconto e dopo la reprimenda del Presidente della Repubblica, qualcuno dovrebbe intervenire in merito alla questione, a tutti i livelli, da quello socio-politico a quello più propriamente istituzionale. Dobbiamo cambiare registro se non vogliamo che altre metaforiche “navi dei veleni” affondino anche nelle acque basse del pantano che abbiamo oggi davanti ai nostri occhi.