Le basi biologiche dell’innamoramento

 Giovanna Rezzoagli

Anche l’innamorarsi, evento che apparentemente  sembra essere tra i più irrazionali ed aleatori tra quelli che caratterizzano la nostra esistenza, è soggetto a “condizionamenti” di cui non siamo consapevoli. Nel linguaggio parlato ed in quello letterario, sovente si incontra il detto: “L’amore è cieco”.  Come spesso accade, nelle affermazioni popolari vi è molta verità. Studi recenti hanno evidenziato che le caratteristiche fisiche di un individuo influiscono molto poco sulla nascita di un legame di amore, mentre condizionano e determinano l’attrazione sessuale. Questo avviene perché il sesso e  l’ innamoramento non sono nati contemporaneamente. Il sesso aveva, per i nostri progenitori più antichi, unicamente finalità riproduttive legate ad impulsi istintuali. Col progredire dell’evoluzione, si è imposto il modello vincente della coppia come contesto ideale per favorire la sopravvivenza dei piccoli. L’innamoramento nasce proprio per rendere la coppia stabile. Ma come ci si innamora? In questo processo molto delicato, sembrano avere un ruolo di primissimo piano i feromoni (noti anche come “ferormoni”). La sintesi di questi messaggeri chimici è affidata alle ghiandole apocrine, in modo particolare a quelle presenti dietro l’orecchio, nel cavo ascellare e nell’area genitale, significativo il fatto che la femmina ne possegga il 75% circa in più del maschio. Negli ultimi anni diversi studi si sono susseguiti con lo scopo di indagare il ruolo dei feromoni nelle relazioni umane; pare che queste sostanze possano influenzare le preferenze sessuali sulla base delle affinità genetiche tra i due individui,  tutto ciò con lo scopo di garantire l’evoluzione della specie. I feromoni sembrano inviare un messaggio subliminare, quindi non percepibile coscientemente, ma che viene decodificato a livello cerebrale ed è in grado di influenzare i rapporti umani. A scatenare la tempesta dell’amore è anche il messaggio chimico contenuto nell’odore della pelle del nostro partner. Insomma deve scattare l’alchimia olfattiva perché si accenda la passione. E’ ovvio che se nasce una resistenza o addirittura un rifiuto nei confronti dell’odore dell’altro l’attrazione viene meno. In genere ci si sente attratti da persone “immunologicamente compatibili” cioè che hanno una maggiore integrazione delle loro caratteristiche genetiche. L’olfatto quindi, uno dei nostri tratti più primitivi, esercita un forte influsso sulla vita sessuale anche se inconsapevole. Come i sapori, gli odori vengono percepiti senza essere mediati dalla parte razionale del cervello, per questo sono uno strumento perfetto per fissare ricordi legati all’emotività più che al pensiero razionale. Parallelamente allo tsunami chimico che si scatena all’interno dell’organismo, anche nella nostra psiche si attivano meccanismi inconsci che porteranno a gestire la nascita del nuovo sentimento. Sovente un soggetto innamorato tende ad idealizzare colui che ama, esaltandone le qualità ed i pregi e tendendo a banalizzare se non ad ignorare eventuali caratteristiche negative. Freud, che definì e descrisse i meccanismi di difesa ed è il fondatore del modello tripartitico della psiche, affermò che nell’innamoramento: “ L’Io diventa sempre meno esigente, più umile, l’oggetto (dell’innamoramento) sempre più magnifico, più prezioso, fino ad impossessarsi da ultimo dell’intero amore che l’Io ha per sé, di modo che, quale conseguenza naturale, si ha l’autosacrificio dell’Io”. Uno spaccato del nostro modo di essere forse un poco disincantato, non molto romantico, ma piuttosto realistico. Ma l’uomo non è solo logos, così come non può essere troppo condizionabile dal pathos. Le relazioni di coppia che durano negli anni sono cementate dall’amore, che modifica il proprio pathos senza diminuirne l’intensità , e sono unite anche dal logos che ben sa che il tempo passa e le situazioni cambiano e si evolvono. L’amore eterno esiste? Io credo di si, a patto che nasca “irrazionale” e cresca nella maturità e nel rispetto.

 

5 pensieri su “Le basi biologiche dell’innamoramento

  1. L’istinto primo della donna, nel progetto della perpetuatio generationis, è quello di ripetere (quanto più possibile) il modello bilogico paterno. La mitologia c’ha messo la sua introducendo il “complesso di Elettra”.
    Stavros

  2. Ho sentito in giro che ci sono in commercio profumi ai feromoni. Sarà vero o è una leggenda metripolitana? In ogni caso i feromoni sono una realtà scientifica e nell’innamoramento non c’è né mito né Eros ma solo un pò di biochimica. Anche se da donna mi smonta molto, complimenti per la chiarezza dell’articolo.
    Jessica

  3. Gentile Signor Stavros, grazie per il Suo commento. Mi permetta di osservare che l’oggetto del mio scritto consiste in una breve disamina della fenomenologia biochimica che si evidenzia durante la fase dell’innamoramento, con un veloce excursus sul meccanismo di difesa dell’idealizzazione definito da S. Freud e configurato come meccanismo di difesa primitivo secondo la Tabella di George Vaillant. Il Complesso di Elettra è l’espressione introdotta da Carl Gustav Jung per descrivere l’equivalente del più noto, anche in contesto prettamente divulgativo, Complesso di Edipo maschile descritto da Freud. Attinenti alla Teoria della Psicoanalisi meritano una puntuale e precisa disamina in apposito contesto, non previsto nell’articolo in oggetto. Cordialmente.
    Giovanna Rezzoagli

  4. Gentile REZZ la psicoanalisi ha reso il mito COMPLESSO, personalemente lo ritengo, dal punto di vista antropologico un fenomeno e come tale da tener presente e non demonizzare.
    Stavros

  5. Gentile Signorina Jessica,grazie per il cortese commento, forse in commercio esistono davvero profumi contenenti feromoni di sintesi, non sono molto acculturata sull’argomento, se è davvero così, mi conceda, che tristezza…Gentile Signor Stavros, mi sembra di evincere dal suo sintetico commento, che forse nuovamente l’oggetto del mio scritto non sia stato ben compreso. Demonizzare, termine che imprime una suggestione di carattere negativo nel lettore, non compare nell’articolo e non è un vocabolo che utilizzo nella mia personale espressività, se non come rafforzativo di concetti particolarmente sentiti a livello soggettivo. Per quanto attiene all’utilizzo del mito in psicoanalisi ribadisco che, a mio parere, sia argomento che meriti disamina approfondita e puntuale, non preventivata nell’articolo in oggetto. P.S., il mio cognome è Rezzoagli. Cordialmente

I commenti sono chiusi.