E le chiamano “badanti”

 

            Salvatore Ganci

Nella piacevole insensibilità di un lavoro a “tempo pieno” (e gratificante) e di due genitori ben anziani ma, perbacco, in ottima salute, non conoscevo la realtà di una casa di riposo per anziani. Mia moglie vi ha lavorato esclusivamente  nel turno notturno per un po’ di anni, assicurando così la sua presenza in casa a nostro figlio fino in età pre-scolare (e a me il “lusso” di fermarmi il pomeriggio in Istituto a preparare esperienze d’aula e coltivare un po’ di ricerca sperimentale). La sera, mamma usciva poco prima delle 20 lasciando un vuoto palpabile ed io cercavo di surrogare la sua presenza con nostro Figlio fino al mattino alle 6.30, quando io riprendevo il mio lavoro e nostro figlio trovava la mamma al risveglio. Pochi i dettagli sul lavoro di mia moglie, che per etica e coscienza umana, passava senza chiudere occhio tutta la notte, sempre attenta che nessuno fosse bagnato o sporco, che nessuno avesse sete. Spesso, con un invidiabile bagaglio di conoscenze mediche atte a formulare la corretta diagnosi per il pronto intervento del 118,  rimandando così alla prossima occasione la dipartita dell’ospite. Interminabili per noi tutti le notti quando nostro figlio non stava bene e mamma era al lavoro. Poi nostro figlio arriva all’età della scuola, i turni di lavoro cambiano e spesso andiamo a prendere mamma al lavoro la sera, entrando spesso nella struttura (con l’ovvio consenso del proprietario) e prendendo atto “concreto” della realtà, raccontata, ma non ancora toccata con mano. Esseri umani confinati in una solitudine spaventosa, pur presenti in venti in un salone eppure senza che uno conoscesse il nome dell’altro, un continuo ricambio di umanità: la morte che entrava ad intervalli variabili e con discrezione, anche quando chi se ne andava penava l’inferno per la provvida sventura di un tumore all’esofago inoperabile. La morte entrava ovattata dopo che il tumore aveva terminato la sua opera: un materasso fuori a prendere aria e un nuovo “cliente”, in lista d’attesa,  in arrivo, con somma felicità del proprietario dell’azienda. Allo stesso modo un continuo ricambio nel personale. Quasi sempre una umanità spesso con un denominatore comune: donne separate con figli a carico e mariti “latitanti” negli assegni: un lavoro che “ti sceglie” per la tua sopravvivenza e per quella dei tuoi figli, extracomunitarie con vari problemi esistenziali e un Italiano a volte al limite dell’intelligibilità, personale che dopo il periodo di prova resta incapace di “reggere” allo squallore della demenza, alle gambe amputate per colpa di un diabete trascurato, alle piaghe di chi non può nemmeno spostarsi con la sedia a rotelle ed è confinato con le sue piaghe in un letto. E davanti a questa realtà c’è chi porta conforto materiale e allo spirito sempre con un sorriso (spesso forzato) e una buona parola e chi si abbandona alle male parole e, se non visto, anche a gesti di violenza gratuita. Questo il personale “variegato”, a volte con un “titolo” rilasciato dalla Regione, a volte più bravo ed efficiente senza alcun titolo. E’l’esercito dei “badanti” che lavorano nel settore privato e/o pubblico, anche se la reale qualifica è più altisonante: “operatore socio assistenziale”. I più “bravi” sono quelli che (pur contro la Legge) aiutano l’Infermiere titolare nelle medicazioni più problematiche e vi provvedono a proprio rischio nelle ore notturne quando non c’è nessuno e la “casa della morte” è isolata dal mondo con il suo bel nome sulla targa al cancello chiuso così piacevole, come “Villa Sorriso”, “Villa Serena”, “Villa Letizia” … un inno all’ottimismo della “terza età” ormai al capolinea. È la categoria dei lavoratori che non conoscono le RSU, non conoscono le assemblee in orario di lavoro, non conoscono il termine “sciopero”, non sono iscritti a nessun Sindacato, sono così in buona salute da non ammalarsi mai (tranne qualche crollo sul lavoro) e non conoscono spesso il termine “ferie di una settimana consecutiva” dovendo avere il cellulare sempre acceso e non conoscono in molti casi neppure il significato della parola “speranza”,  di trovare un lavoro più umano. Oggi, li si vuole tutti con il pedigree di un “titolo”.Di fronte all’ipocrisia di chiamare “operatore ecologico” il netturbino e “non vedente” il cieco, per cortesia, non chiamate queste persone  badanti”. Diverso il discorso di coloro che, senza arte ne parte, operano nelle case private.  Aumenta la domanda di figure professionali in grado di svolgere mansioni assistenziali e l’offerta del mercato spesso propone persone che non posseggono alcuna nozione pertinente. Italiani o, più spesso, stranieri, che “badano” ad anziani e disabili come possono. Un lavoro tanto umile quanto prezioso. Ma che richiede anche motivazioni “trasparenti” ed una buona dose di abnegazione. Purtroppo la combinazione di questi due fattori è assai rara.L’ora in cui le ombre saranno lunghe nella nostra giornata terrena giungeranno per tutti, dipenderemo da queste persone che pure appellate con un termine che calca l’umiltà dei loro compiti, svolgono uno dei lavori socialmente più preziosi e rilevanti. Mi ripugna l’alta considerazione sociale del professore di prima fascia che ha prodotto qualche centinaio di pagine di articoli su cui il filtro del tempo opererà una censura pressoché totale al suono di migliaia di euro mensili, mentre i/le “badanti” (o meglio gli Operatori Socio Assistenziali) alle dipendenze di una Struttura, sono al lavoro non solo oggi, a Ferragosto, ma anche a Natale, Capodanno e Pasqua  sul “turno in quarta” che spesso diventa ancora più stretto per via di sostituzioni e/o per difetto di personale con la totale insensibile latitanza dell’Ufficio Provinciale del Lavoro. Il tutto con contratti spesso  “a tempo determinato” per 6.25 Euro l’ora (lordi ovviamente) in media: questa è la considerazione “sociale” del lavoro svolto di chi opera in una Struttura.  Ben diversa la situazione dei/delle “badanti” che lavorano presso una famiglia. Se da un lato il rapporto di lavoro può cessare da un momento all’altro perché rapporto privato, dall’altro riposi infrasettimanali e ferie sono un fatto più certo e garantito a prescindere da una professionalità molto più esenti da controlli. Quasi sempre le mansioni sono le stesse degli operatori in una residenza protetta (spesso con l’aggiunta dei lavori domestici) ma nel complesso ferie e riposi sono certezze. In ogni caso non sminuiamo la funzione sociale di queste persone appellandole come “quelli che badano al vecchietto”: una ipocrisia a fin di bene.