Calvanico: la sagra del boscaiolo, unica offerta turistica?

Un boscaiolo…che tira! Oramai la sagra dei sapori del bosco, riempie Calvanico, Comune della Valle dell’Irno, da più parti. Alla sua 17 esima edizione, migliaia i visitatori che approfittano dell’afa assediante metropolitana, per riversarsi ad un tiro di schioppo dal capoluogo, in cerca di refrigerio e d’accattivanti sapori. Un tuffo nella gastronomia del bosco, tra funghi porcini cucinati in mille modi. Tra ragù e salsicce, frutti di bosco e vinello a volontà. Le code chilometriche, le navette nella spola tra Mezzina e Capo Calvanico, per raggiungere la località Scalelle, dove gli stands accorsatissimi, emanano voglia di cibi buoni. Il segreto della Festa è nel fungo, padrone di casa, che dai primi ai contorni, non viene rinnegato da alcuno. Le sagre sono ormai un rituale per tanti che sfidano chilometri ed asfalto, pur di degustare piatti tipici, fuori dell’ordinario. E Calvanico ha una festa, che in realtà ha il sapore della sagra, con tanto di cappello. Fuori da tale circostanza, il paesino con poco più di mille anime, sonnecchia d’inverno e d’estate. Malgrado gli annosi castagni ed i nocelleti offrano frescura e l’aria salubre inviti ad un tuffo nel verde, tra gorgoglianti fontane, non esiste alcun’attrattiva. Nulla che possa tenere i giovani, attrarre presenze, riempire le giornate dei piccoli. Gli anziani detengono le loro abitudini, tra la sedentarietà della giocata a carte davanti all’unico Bar e la seduta dinanzi al Circolo Sociale. Mentre le donne, più che rimanere tra quattro mura a rigovernare, dopo il lavoro rurale, non pretendono. Calvanico muore, dice più di qualcuno, paese di anziani. Lontano dalle luci metropolitane, rischia di smarrire la sua antica fisionomia di Cluvium. Con i palazzi gentilizi, le cappelle votive, i prodotti tipici, nocciole e castagne, ignorato e non sfruttato nella sua dinamica ambientale. Il circuito universitario, quello che sarebbe stato l’indotto per promuovere la citadella universitaria, rinvigorendo l’intera Valle dell’Irno, un blocco di cemento fine a se stesso. Stretto nel dedalo delle sue Facoltà ed assediato dal suo campus, non espande le sue propaggini. Il Comune di Fisciano, senza vita nelle sere estive, che dovrebbero invece reclutare giovani in piazza e passeggio almeno lungo il corso. Così anche negli altri Comuni limitrofi lo spopolamento è palese. Il deserto. Eccezion fatta per Mercato San Severino, la Valle dell’Irno langue. Manca la volontà di voler creare turismo in tali paesi! Basterebbe davvero poco, dando sfogo alla fantasia, per rilanciare l’economia, puntando sul tris vincente: aria, acqua e verde.