Vallo di Diano: la terra di nessuno e la discesa dei Barbari

 

 Lorenzo Peluso

 

Era consuetudine, soprattutto tra le milizie del leggendario Attila re degli Unni, lasciare, lungo la loro avanzata, alla conquista dell’Europa di quei tempi, segni indelebili di devastazione.Fu per questo che ad Attila fu ampiamente riconosciuto l’appellativo di “flagellum Dei”.La loro avanzata, dalla Russia e fino all’Europa meridionale, lasciava disseminati sui campi di battaglia morte e distruzione. Tanto più i segni della civiltà europea erano evidenti tanto più il flagello e la distruzione erano intensi. Questa storia di devastazione e di inciviltà si consumò tra il 406 ed il 453 d.C. più di 1500 anni fa.Il mondo nel frattempo è divenuto tutt’altra cosa. Sia chiaro, non che ci manchino le guerre, i dittatori e quant’altro, ma in teoria la civiltà, la cultura e l’educazione dovrebbero aver raggiunto, nel frattempo, un livello degno del secolo in cui viviamo. Dovrebbero! A volte però a guardarsi bene intorno non è difficile convincersi del contrario. Esistono luoghi, qui nel nostro territorio, dove i segni dell’inciviltà, “i resti” o le scorie della nostra società, sono l’emblema dell’assenza completa di amore per il prossimo e quindi per noi stessi. Esistono delle “terre di nessuno” dove in assenza di alcun controllo, metodicamente e quotidianamente gli abitatori di queste terre lasciano i propri segni di devastazione, con l’assoluta certezza che nulla e nessuno li possa sconfiggere. Sono i “Barbari” di questo secolo, sono tanti, per fortuna non troppi, Attila, che scorazzano nelle loro station wagon, o nelle loro berlinette, alla ricerca delle “terre di nessuno” dove abbandonare “i resti” o le scorie del nostro modello consumistico della realtà quotidiana. Questo modello “culturale” si materializza attraverso grossi sacchi neri di pattume, o buste in plastica, che vengono lasciati lungo le nostre strade o meglio ancora in luoghi appartati, dove l’occhio indiscreto non può fotografare l’attimo cruciale dell’abbandono. Questi “nuovi” Barbari, poi, risalgono in groppa ad i loro cavalli meccanici e con la soddisfazione di aver vinto ancora una volta, inforcano la strada del ritorno verso casa. È questa la battaglia quotidiana che combatte, in solitudine, il nostro territorio. Una battaglia che certamente i cartelli posti lungo le strade di questo nostro Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, “qui la natura è protetta”, ignorano. Una battaglia che ignorano anche gli addetti alla manutenzione stradale, dipendenti dell’ANAS, della Provincia di Salerno, che in groppa ai loro cavalli meccanici di colore arancione, percorrono quotidianamente i sentieri tracciati dai Barbari e che preferiscono tirare dritto più tosto che intervenire a supporto del territorio. Una battaglia che le amministrazioni dei comuni di Buonabitacolo e Padula, ad esempio, hanno rinunciato a combattere visto che nei pressi del fiume Calore, al confine tra i due comuni, si accumulano a decine i sacchi neri di pattume che nessuno rimuove, tanto è terra di nessuno.Sia chiaro vi è una spiegazione: è una questione di competenze; ad ognuno le proprie. È così nel balletto, non troppo movimentato, della ricerca delle competenze “gli Unni” conquistano terreno e lasciano devastazione. La storia ci insegna che Attila, ad un certo punto, però, fu sconfitto. Il generale romano Ezio e Teodorico I, nella battaglia dei Campi Catalaunici il 20 giugno del 451 d.C. sconfissero gli Unni e posero fine all’avanzata di Attila. La domanda adesso è chi porrà fine all’avanzata dei nuovi Barbari? Lo farà forse il nuovo condottiero della Provincia di Salerno, che ha competenze sia in materia di ambiente sia in materia di strade, il neo eletto presidente Cirielli, che pure nei suoi trascorsi di esperienza militare ne ha acquisita? Lo faranno forse le amministrazioni locali che prima o poi dovranno misurarsi con il consenso degli elettori? Staremo a vedere. Nel frattempo è appena iniziata la stagione turistica ed i sentieri tracciati dai Barbari si apprestano ad essere varcati dai tanti visitatori che frequentano il Vallo di Diano ed il Cilento per godere di quella natura che continua quotidianamente a combatte in solitudine la propria battaglia.