Salerno: la Belle Epoque nei concerti a Villa Guariglia

 

L’Europa Belle èpoque è connotata  da un tumultuoso sviluppo, da una incrollabile fede nel progresso, dalla spensieratezza e da…tante, belle donne. La luce elettrica annullava le differenze tra il giorno e la notte, facendo sfavillare vetrine ricolme di ogni ben di Dio, caffè, teatri, cabaret dove vorticavano gli incontri. Tutto sembrava permesso e possibile. Denaro e ottimismo parevano destinati a non finire mai, accendevano i sensi e garantivano l’appagamento di ogni voglia. Persino le malattie facevano meno paura: a tenerle a bada intervenivano le continue scoperte della scienza. A Parigi si innalzava la Tour Eiffel e si vivevano i fasti dell’Esposizione Universale, si celebrava il ritorno delle Olimpiadi. Un milione di chilometri di binari attendeva merci e viaggiatori, nuovi e lussuosi modelli di automobili sfrecciavano lungo strade piene di vita, rese ancora più colorate dai grandi manifesti che affermavano il nuovo modo di vendere e di vivere.Euforia e frivolezza dominavano, anche se sotto la superficie serpeggiavano i virus di un malessere che sfociò nel dramma della Grande Guerra. Simbolo di quest’epoca fu la nascita del Cafè Chantant la nuova classe emergente, la borghesia che seduta a quei tavolini non voleva più pensare. Il trend parigino del caffè-concerto giunse in Italia alla fine dell’800 e a Napoli si sviluppò al Teatro Salone Margherita della Galleria Umberto I, laddove nacque un numero in più rispetto alla moda corrente: lo spogliarello. E così Luigi Stellato con Francesco Melber, nella rielaborazione di un motivetto popolare, crearono “A Cammesella”, divertente duetto tra sposini, con il marito che tende a eliminare a uno a uno i numerosi schermi dietro i quali la moda del tempo nascondeva le grazie della sposa, e quest’ultima che, di volta in volta, si schermisce e cede e sulla stessa scia “Lilì Kangy”, “Niny Tirabusciò”, “‘A Frangesa”, colonna sonora di tempi in cui il dictat era “Aiz’ ‘a vesta! Smuovete, è l’epoca c’ ‘o vvò!”.L’atmosfera del cafè chantant, dei tabarin, verrà rievocata sulla terrazza di villa Guariglia, domenica 12 luglio, alle ore 21, in una serata offerta dal Centro Studi Salernitani “Raffaele Guariglia” e dal suo presidente Matilde Romito. La Compagnia Teatro degli Eventi presenterà lo spettacolo “Tu che m’hai preso il cuor!” per la regia di Vito Vargas con Maurizio Merolla e le quattro follie del cafè chantant Assunta De Falco, Charlotte, Roberto Corcione e Adolfo Di Luzio, il famoso balletto “Coppe di champagne” e l’orchestrina diretta da Giuseppe Mazzillo. Questo terzo appuntamento della XII edizione dei “Concerti d’Estate a Villa Guariglia in Costiera dei fiori” organizzati da Tonya Willburger con il contributo del Comune di Vietri Sul Mare, della Regione Campania, della Camera di Commercio e della Provincia di Salerno, del Centro Studi Salernitani “Raffaele Guariglia”, della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, dell’Ept di Salerno, nonché con il patrocinio del Conservatorio di Salerno e della Coldiretti, sarà un omaggio alle star del tempo Nicola Maldacea, genio della macchietta, ovvero della descrizione e caricatura del tipo, che impose in tutto il teatro di varietà e che ebbe tanti seguaci e imitatori. Maldacea si presentava al pubblico vestito da prete, da donna, da cocchiere, da guardia e in tanti altri travestimenti che erano parte integrante della macchietta, facendo ridere già al solo suo apparire. Con Maldacea verranno evocati anche Peppino Villani e il duo composto da Elvira Donnarumma e Gennaro Pasquariello, considerati i due maggiori cantanti dell’epoca d’oro della canzone napoletana: la prima fu omaggiata da Libero Bovio in Chiove “Tu staie malata e cante, tu staie murenno e cante,” si di dice che la “canaria” fosse lei, morta quasi sulle tavole del palcoscenico, solo a cinquant’anni, mentre il secondo cantò diverse volte per Giacomo Puccini a Torre del Lago, entrambi fautori di un’arte che fu una sorta di mediazione tra il canto popolareggiante e istintivo dei posteggiatori e i moduli espressivi tipici dei cantanti di varietà con le inevitabili, ma misurate, concessioni a una certa teatralizzazione della canzone.