Sud: sviluppo senza autonomia

Giuseppe Lembo

La tesi di Gaetano Salvemini per lo sviluppo del Sud (rottura dell’unità amministrativa e federalismo nelle autonomie locali e regionali), rappresentano la via obbligata per cambiare; lo sviluppo assistito del Sud, è stato uno “sviluppo senza autonomia”, in quanto la società civile meridionale non è cresciuta e si è fortemente legata alla classe politica, con rapporti fortemente dipendenti. La società meridionale senza autonomia, in forte condizioni di degrado sociale, ha seguito con entusiasmo le lezioni del meridionalismo unitario che era basato essenzialmente sull’intervento pubblico. Da qui le radici di un “meridionalismo straccione” che tanto male ha fatto al Sud; fino ai giorni nostri ha dominato le scene caratterizzate da un’ossessiva dipendenza dalla politica (le clientele che hanno prodotto assistenzialismo, potere, degrado sociale e sviluppo senza autonomia).Purtroppo sono stati dimenticati i temi autonomistici cari al Salvemini, prevalendo invece il pensiero di Nitti, su cui dal dopoguerra, si è basato la pervasività della politica nella società meridionale tradotta in un intervento pubblico dall’alto che ha caratterizzato il processo di sviluppo senza autonomia, nell’intero Mezzogiorno. Le politiche pubbliche, come testimoniato dagli interventi nel Mezzogiorno, non favoriscono il processo di sviluppo, per altro, forse non pensato e quindi non voluto; pur elevando il reddito ha plasmato negativamente l’ambiente sociale che ha assunto un atteggiamento sfavorevole allo sviluppo economico autonomo.La dipendenza dell’intervento pubblico non solo non ha svolto un ruolo di stimolo allo sviluppo autonomo, ma ha agito in direzione opposta, rafforzando i meccanismi della dipendenza politica. L’alternativa allo sviluppo assistito è lo sviluppo endogeno frutto di autonomia politica come strumento di responsabilizzazione e di mobilitazione della società locale. È solo attraverso il comportamento virtuoso diffuso che si potrà favorire lo sviluppo endogeno ed il radicamento locale agli investimenti esterni. Lo sviluppo senza autonomia è stato imposto al Sud per superare l’incapacità dovuta alla classe politica ed alla società locale a sostenere lo sviluppo e la crescita civile.Abbiamo assistito per decenni a forme di decentramento non responsabilizzanti. Tanto, per effetto di una forte dipendenza politica ed una diffusa deresponsabilizzazione della società meridionale. Gli interventi al Sud negli anni successivi alla seconda guerra mondiale furono pensati come risposte necessarie alla fragilità della struttura economica del Mezzogiorno ed al manifestarsi di gravi tensioni sociali e politiche (lotte contadine, separatismo siciliano, qualunquismo, laurismo); si pensò ad intervenire dall’alto per integrare il Sud nello sviluppo nazionale. Si è trattato di uno sviluppo dipendente senza autonomia e quindi di un non sviluppo. L’obiettivo era essenzialmente politico. Necessitava rendere autonoma la Democrazia Cristiana dai condizionamenti esercitati dalla Chiesa. Il risultato ottenuto dall’intervento pubblico nel Mezzogiorno ha portato nel tempo una elevata produttività politica in termini di consenso elettorale per la Democrazia Cristiana. Comunque non vanno disconosciuti gli effetti positivi degli interventi, anche se gravati da politiche scarsamente produttive ed a forte connotazione clientelare, con aperture alla corruzione ed alla criminalità. Lo sviluppo senza autonomia dell’intero Mezzogiorno, esprime la combinazione tra il dinamismo privato del Nord ed il disordine pubblico del Sud; è una costante dell’esperienza italiana dal dopoguerra ad oggi.I ritardi hanno fortemente condizionato il futuro del Sud, creando situazioni di allontanamento dal Nord sviluppato, dall’Europa e dal mondo industrializzato.Per ridurre le distanze occorre ridefinire nuove politiche per il Mezzogiorno; alla base devono avere la capacità e la volontà endogena di uno sviluppo possibile e di un cambiamento per un nuovo stato sociale con al centro l’uomo, non più suddito, ma protagonista e cittadino attivo, per l’auto-determinazione del proprio futuro.