Depressione, male del nostro tempo

 

Anna Maria Noia

Depressione: una parola oggi – purtroppo – sempre più “alla moda”, se così si può dire. Soprattutto in un mondo frenetico, ricco di patemi (dal greco: “pathos”, “soffrire”), in una temperie convulsa, isterica, frastornante e piena di un’ansietà non soltanto “cosmica” (che contraddistingueva un tempo i poeti, soprattutto ottocenteschi e appartenenti al filone del Romanticismo) ma imbevuta di drammatica nevroticità; insomma: in un ambito sociale quale quello odierno che esalta la prevaricazione, la velocità, il perfettismo, il carrierismo, l’efficientismo (e tanti altri “ismi”, suffisso che definisce le esasperazioni già all’interno del singolo termine cui il suffisso è legato); in questo momento storico di crisi e recessione, quindi, è sempre più probabile “contrarre” la depressione. Abbiamo usato l’infinito del verbo “contrarre” anche se tale disagio non è trasmissibile, ma vogliamo descrivere così la vera e propria “pandemia” del cosiddetto “male oscuro”, oggigiorno diffusissimo e terribile per le sue implicazioni sociali e di vita di relazione.Molti “normodotati” pensano che essa depressione sia nient’altro che una forma di pigrizia o di inedia, di ipocondria, invece non è così. La parola “normodotato”, tra l’altro, ci sembra molto più brutta e squallida dell’altro termine “handicappato”, riservato a coloro che noi tutti, senza attenzione, così definiamo perché secondo la nostra concezione e secondo i pregiudizi che ci guidano sembra appartengano al “mondo” (a parte…) dei “differentemente abili”, dei “diversamente abili” (che denominazione ipocrita) e/o altrimenti detti “diversi”.Così come diversi sono i “poveri” depressi, stracci dimenticati senza nome e senza pietà alcuna nelle sempre più numerose case di cura, sottoposti a mortificazioni e di rado accuditi con rispetto come si dovrebbe: e meno male che hanno “chiuso” i manicomi!Sono ombre di se stessi, i depressi, fiori senza tempo, racchiusi in un’umiliante clessidra dove la sabbia scorre lenta. Alcuni, tra cui il cantante Simone Cristicchi, a volte li “riesumano”, ripescano la loro condizione e le vicende di sofferenza che li riguardano in canzoni, poesie, ma anche asettici e freddi, indifferenti saggi scientifici, questi ultimi da parte dei medici, psicologi, psichiatri e neurologi.È un disagio molto preoccupante, invece, la depressione, un perdere progressivamente stimoli vitali, un morire dentro, un essere distaccati dalla vita sociale a grave scapito della socializzazione. I depressi, infatti, molto spesso si rinchiudono in se stessi, non comunicano con il “mondo”, con quelli che – secondo loro – sono “normali”, cioè attivi, frettolosi, intelligenti e chi più ne ha più ne metta, coloro che comandano le sorti di una collettività, di un’umanità senza più nulla ormai di umano, i “capi” – tanto per intenderci. Un’umanità che potrebbe e “dovrebbe” essere migliore per garantire la serenità a tutti gli appartenenti alla specie dell’Uomo, senza distinzioni di razza, sesso, società e senza discriminazioni che purtroppo oggi pullulano, anche da parte dei politici. Così, anche gli ammalati di tale “morbo” potranno essere innanzitutto trattati con dignità e rispetto, poi integrati un po’ per volta nella società.Essi sono creativi, anche: dipingono, scrivono poesie, leggono: il loro dramma umano è percepibile eppure i depressi non arrecano – o piuttosto non vorrebbero arrecare – fastidio ad alcuno. Noi speriamo invece che venga un giorno in cui tale disagio psicofisico e sociale venga definitivamente “debellato”, alla stregua di tutte la altre malattie, mentali e non (dunque anche il cancro, la leucemia, l’Aids…) e che venga restituita ai fardelli umani vittime della depressione, attualmente abbandonati alle flebo e al proprio triste e sciagurato destino, un briciolo almeno di serenità. Basta anche un’ora di ascolto da parte di noi più sensibili “normodotati” per ridare un qualche entusiasmo a tanta misera gente depressa, come d’altronde dovrebbe succedere anche per altri malati gravi, per esempio i dializzati, gli ammalati di cancro, i bambini leucemici o talassemici e altre “categorie” di sofferenti.

 

3 pensieri su “Depressione, male del nostro tempo

  1. Gentile Autrice, la depressione è un’alterazione del tono dell’umore classificabile, in ambito di semeiotica psichiatrica, tra
    i disturbi dell’affettività (D.S.M. IV). Ne esistono due tipi,la depressione reattiva, conseguenza di eventi esterni all’Io del soggetto colpito, e la depressione endogena, che nasce “dal di dentro”. Non fa distinzione tra i “normodotati” ed i “diversamente abili”.La legge Basaglia ha profondamente contribuito a sensibilizzare la società nei confronti delle patologie psichiatriche. La “freddezza” che spesso gli specialisti adottano altro non è se non una difesa per poter continuare a gestire il dolore altrui, ricordo che proprio tra il personale medico il tasso percentuale di eventi suicidiari è molto alto, così come la percentuale di casi di abuso di sostanze esogene. Il depresso non ha in se la percezione delle risorse necessarie a chiedere aiuto, anche se è ben consapevole della sua condizione. Personalmente, nell’ambito della mia professione, ho avuto modo di verificare che un approccio empatico professionale produce un concreto beneficio, soprattutto nei soggetti che sono impossibilitati ad interagire in modo autonomo, i cosiddetti istituzionalizzati. L’empatia, che il Counselor F.A.I.P. impara in anni di studio ad affinare ed a modulare, trasmette un poco di calore nel gelo della solitudine. Perchè il vero male che dilaga ovunque è l’indifferenza.Con i migliori saluti
    Giovanna Rezzoagli, Couselor Tirocinante

  2. Alla gentilissima Giovanna Rezzoagli

    Salve da Anna Maria Noia,
    vi ringrazio della precisa puntualizzazione riguardante il mio articolo
    sulla depressione,
    puntualizzazione che sicuramente ha contribuito
    a farmi sapere qualcosa di più su questo
    cosiddetto “male oscuro”.
    E’ vero, chi lavora proprio nel campo
    delle “cure” per tale disagio
    è maggiormente informato
    di chi è, in qualche modo, “profano”.
    Perciò accolgo con piacevolezza
    e voglia di apprendere molto di più
    il vostro prezioso commento,
    che mi stimola – d’altra parte –
    a riflettere meglio su ciò che scrivo su tale “problema”
    e/o su cosa è veramente il fenomeno
    in questione.
    Grazie quindi delle preziose informazioni
    e a presto: ci sentiamo su queste pagine…

    Cordialmente,
    Anna Maria Noia

  3. Gentile Signora Anna Maria Noia
    un sentito ringraziamento per la Sua risposta e per le belle parole
    Personalmente credo che il confrontare i propri punti di vista sia una grande risorsa per tutti, forse non sfruttata appieno. Non ci sono pareri più o meno validi, e le riflessioni “profane” sono le più preziose perchè permettono un’osservazione sullo spaccato di vita che, a volte, si tende a perdere di vista quando si è inseriti in un contesto settoriale.Grazie a Lei per la cortese attenzione, un caro saluto, Giovanna Rezzoagli

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