Amicizia che dura: pet therapy

 Giovanna Rezzoagli

Con il termine pet therapy (in italiano, zooterapia) s’intende, generalmente, una terapia dolce, basata sull’interazione uomo-animale. Il valore terapeutico degli animali trova oggi una strutturazione metodologica e impieghi mirati a specifiche patologie. Il termine pet-therapy indica una serie complessa di utilizzi del rapporto uomo-animale in campo medico e psicologico. Che si tratti di un coniglietto, di un cane, di un gatto o di un uccellino la sua presenza risveglia l’interesse di chi gli è vicino: bambini ed anziani, ma anche malati e disabili con problemi psichici e fisici possono migliorare la qualità della loro vita e le loro condizioni di salute grazie all’assistenza di animali amici. Fu lo psichiatra infantile, Boris Levinson, a enunciare per la prima volta, intorno al 1960, le sue teorie sui benefici della compagnia degli animali, che egli stesso applicò nella cura dei suoi pazienti. Levinson constatò che prendersi cura di un animale può calmare l’ansia può trasmettere calore affettivo, e aiutare a superare lo stress e la depressione.Il “Corriere della sera” del 26/04/2009 dedica un articolo a questa metodologia applicata presso il reparto di pediatria dell’ospedale “Sant’ Anna” di Como e riporta un commento del Direttore dell’ospedale: «È molto bello che in uno spazio clinico ci sia un angolo per il calore degli affetti e della tenerezza».L’elemento essenziale affinché questo tipo di intervento sia davvero indicato resta la motivazione del paziente all’animale, il fatto cioè che la persona che usufruisce della terapia sia attratta, interessata ed incuriosita dalla presenza dell’animale; in caso contrario sarà meglio rivolgersi ad altre forme d’intervento.Il termine che l’uomo utilizza per definirli, animali, va ad identificare un genere cui lui stesso appartiene. Proprio nel momento in cui usa quel termine, però, si distacca dall’animale e se ne pone in rapporto: di fronte, di fianco o, come spesso accade, al di sopra di lui, sfruttandolo a fini leciti o meno leciti, o prevaricando i suoi diritti di essere senziente. Così li ritroviamo coccolati da una famiglia, compagni di vita di anziani soli – quante volte li avete sentiti dire “Al mio cane manca solo la parola?” – , ausilio terapeutico e psicologico per bambini e adulti gravemente malati o affetti da handicap. Trattati, a volte, quasi come dei bambini. E, all’estremo opposto, ridotti ad oggetti, cavie da laboratorio, fenomeni da baraccone, o a macchine, sfruttate per soddisfare i bisogni di una società tanto numerosa quanto consumista.Un rapporto complesso ed estremamente affascinante, quello tra l’animale e l’uomo, forse perché pone in gioco la capacità di quest’ultimo di essere onesto e rispettoso nei confronti di esseri senzienti innocenti ed indifesi. Alcuni tra i più grandi geni di tutti i tempi e in tutte le discipline, filosofiche, religiose, letterarie e scientifiche, si sono espressi sull’argomento e, spesso, hanno abbracciato il credo animalista o comunque militato a favore dei diritti animali contro una società che andava in senso opposto. Nella tradizione biblica, già alcuni profeti del Vecchio Testamento presagivano l’ampliarsi di tale sentimento come condizione necessaria del regno di Dio: Isaia paragona l’uccisione di un bue a quella di un uomo; Geremia ha l’ordine da parte di Dio di porsi sulla porta del tempio per dissuadere coloro che entravano dal compiere sacrifici animali. Secondo certi filosofi contemporanei, osteggiati da alcuni teologi, i primi cristiani, come gli Apostoli Pietro, Stefano, Giovanni, rispettavano gli animali come creature di Dio e consideravano la carne il cibo dei demoni: dall’arrivo di Gesù non era più consentito mangiarne, così si astenevano dal consumarla e lo stesso impegno chiedevano ai credenti.Ancora oggi, comunque, molti ordini religiosi cristiani, sono dediti al vegetarianismo. Al di fuori della morale religiosa, moltissimi pensatori ebbero interesse per questo tema: una diatriba filosofica emerge, ad esempio, dagli scritti di Cartesio e Voltaire. Il primo considerava gli animali delle macchine, che nulla potevano sentire. Giustificava così gli esperimenti condotti su animali vivi, le cui grida non riconduceva al dolore ma considerava cigolio degli ingranaggi. Il secondo, in un meraviglioso passo del suo Dizionario filosofico, a metà del 1700, si dice decisamente contrario a questa concezione: ” Dei barbari afferrano questo cane, che supera tanto l’uomo in amicizia; lo inchiodano su una tavola e lo sezionano vivo per mostrarti le vene meseraiche. Rispondimi, meccanicista, la natura ha forse sistemato tutte le molle del sentimento in quest’animale perché non senta? Ha dei nervi per essere impassibile? Non supporre tale impertinente contraddizione della natura”. Sono moltissimi i filosofi che chiamano l’umanità al massimo rispetto per questi esseri dotati di volontà e capaci di provare emozioni e dolore, e anelano ad un mondo che restituisca agli animali i diritti che da sempre vengono loro strappati. In campo scientifico, si ricordano Leonardo da Vinci, sostenitore dei diritti animali, Einstein, vegetariano e animalista, e Schweitzer, premio Nobel per la medicina fortemente contrario alla vivisezione (la sperimentazione su animali vivi) per motivi etici. Già l’etica. In questa nostra epoca sembra essere un fantasma molesto. Per un bimbo crescere con un amico animale significa ricevere amore, imparare a dare amore. Per esperienza personale posso solo aggiungere che sono lieta che mio figlio sia nato in una casa in cui un amico felino già lo aspettava, e che, a distanza di tredici anni il mio gattone “vecchietto” riposi felice in braccio al suo giovane umano, proprio lui che, quando era un giovane felino, vegliava sul suo sonno di neonato.