Cava de Tirreni: Antonio Florio plays Phil Woods

 

Il sassofonista salernitano ritorna domenica 26 aprile nel noto night metelliano proponendo l’originale esuberanza della sua celebre sonata, ospite del DJ Armando Ferraioli. E’ il 1955 quando Charlie Parker muore improvvisamente nell’appartamento della baronessa Pannonica de Koenigswater. Phil Woods ha da pochissimo iniziato la sua attività professionale di jazzista: il suo ingresso “in società” dà l’impressione di voler emergere ad ogni costo con il suo modo di suonare, generoso e infaticabile, cogliendo della lezione parkeriana il nocciolo vivo del bebop per farlo maturare in presa diretta con i tempi. La scaletta che il M° Antonio Florio ha redatto per la serata di domenica 26 aprile al Night Solluan , ospite di Armando Ferraioli, prevede quale scelta originale il primo tempo della sonata per sax alto e pianoforte, composta da Phil Woods nel 1980. Una scrittura, quella di questa pagina, caratterizzata da un forte senso dello swing da un profondo temperamento e dalla indiscutibile capacità di organizzare il lavoro all’interno di una struttura classica di infinita comunicativa. Un Softly-Allegro questo primo tempo di sonata che ci consentirà di apprezzare in pieno le tendenze dell’espressione di Woods,affrancatosi in pieno dalla sudditanza stilistica parkeriana ed esternante un’originalità superba, con un approccio jazzistico, che intuiremo nell’improvvisazione che va a perfezionarsi in quel bilance tra bop e free che sembra rappresentare la peculiarità più emblematica del jazz moderno. I vari brani che comporranno il programma saranno legati da un doppio filo rosso, riguardante l’influenza classica nel timbro e nella scrittura dei grandi sax alto del panorama jazzistico nonché le strade maestre di questo fascinoso strumento, sulle cui dritte incontreremo le sonorità di Johnny Hodges,il sax alto che regnava incontrastato sulla front line dell’orchestra ellingtoniana, mirabilmente rappresentato da una virtuosistica Sophisticated lady, in cui ritroveremo le sue morbide acciaccature, il suo sound incantevolmente terso, il fraseggio asciutto, nervoso e agilissimo, mantenuto entro arpeggi distanziati, i suoi glissandi da delirio, non così lontani dalle sonorità di Paul Desmond, evocato da Take Five, il pezzo più celebrato del disco Time out del quartetto di Dave Brubeck, l’esaltazione dei “tempi inconsueti” che passano dal 5/4 di Take five al 9/8 di Blue rondò à la turk, passando per il doppio valzer (“Kathy’s Waltz”) ed episodici sprazzi di 4/4 delle altre composizioni, per poi ammirare, con “J get a kick out of you” di Cole Porter, il rigore timbrico, al fraseggio inessenziale, ritmicamente controllato, dalla sonorità leggera e totale di Lee Konitz, sfociante nelle intuizioni sincretiche tra i vari elementi stilistici differenti di Art Pepper. Gastronomia a sorpresa per l’atteso momento conviviale, innaffiato dal fine perlage dello spumante italiano