Salerno:percorsi d’analisi con l’Ensemble Vocale Principe Sanseverino

 

” Formulo, esteticamente a mio rischio, questa conclusione: che la Musica e la Poesia sono il volto alterno ora proteso verso l’oscuro, ora scintillante con ogni certezza, di un fenomeno, il solo, L’Idea, cosí lo chiamavo. Uno dei modi piega verso l’altro e scomparendovi, ne riemerge arricchito: due volte, si raffina, facendo oscillare un genere intero”. (Mallarmé, citato da Pierre Boulez, in Punti di riferimento). La Musica e il verso, ad ogni modo, sono accomunati dalla specificità di forme distribuite nel tempo. Entrambi hanno il tempo come carattere fondante. Così come entrambi costruiscono il proprio effetto ricettivo su fenomeni di tipo uditivo, di tipo acustico. È evidente che le proprietà costitutive del metro (ciò che distingue per contrasto la poesia da tutte le altre forme di comunicazione verbale) e del ritmo sono tracce di una disposizione originaria della poesia per quella tradizione poetico-musicale mediolatina dalla quale derivano le forme principali della versificazione romanza, i cui nomi (sonetto, ballata, etc.) sono già tutte metafore di ordine musicale. Inoltre, questa  è un’ armonia del verso ambe sorta di prossimità tra musica e linguaggio è posta in evidenza dal continuo discutere da oltre due secoli da una parte, sul se e sul come la musica possa essere considerata un linguaggio e dall’altra, dai continui tentativi di separarla e distinguerla dal linguaggio. Evidentemente deve esserci un qualche legame con la parola se si pone mente al fatto che la musica nella sua storia secolare è quasi sempre stata associata al verso e la strada che nel mondo occidentale l’ha portata ad un’esistenza autonoma è stata lunga e tormentata. Alla musica poetica è dedicato il quinto incontro della terza edizione dei Percorsi d’Analisi, promossi dall’Associazione Seventh Degree, di Liberato Marzullo e Antonello Mercurio con il contributo delle amministrazioni provinciale e comunale di Salerno e del nostro ateneo, con la partecipazione del Liceo Scientifico “Giovanni da Procida” di Salerno, che si terrà mercoledì 22 aprile, alle ore 19,30, presso il Convento San Michele. L’ospite di Antonello Mercurio e Alfonso Amendola sarà il musicologo Giovanni Acciai il quale accenderà un conversazione sull’interessante tema con esempi musicali dal vivo affidati all’Ensemble Vocale Principe Sanseverino dell’Università di Salerno. La Musica Poetica, o composizione musicale, è una scienza matematica che consente di riprodurre su un foglio un’armonia gradevole e corretta e così, in un secondo tempo, poterla suonare o cantare conducendo l’ascoltatore alla devozione di Dio e al piacere e diletto dell’anima e della mente […]. Il suo stesso nome indica che il compositore non solo deve capire il linguaggio, come fa il poeta, ma deve anche rispettare il tempo del testo; egli scrive poesia e melodia, così attribuendosi il titolo di Melopoeta o Melopoeus”. Così scriveva Johann Gottfried Walther nei “Praecepta der Musicalischen Composition”. La musica poetica cerca di bilanciare scienza e arte, ratio e sensus, ma il suo principale obiettivo è condurre l’ascoltatore verso l’interpretazione ‘affettiva’ del testo e la rappresentazione musicale dell’ordine cosmico. Non bisogna dimenticare, però, che la strada verso l’autonomia si è aperta proprio alla fine del secolo XVI con i teorici dell’armonia da una parte e la Camerata dei Bardi dall’altra. Strano a dirsi ma forse senza l’invenzione del melodramma non sarebbe neppure nata la musica strumentale pura. Infatti, quest’ultima nasce solo dalla consapevolezza che la musica da sola, i suoni senza l’ausilio della parola hanno una loro autonoma portata espressiva e affettiva. Da questa convinzione è nata l’idea che la musica potesse e anzi dovesse unirsi alla parola: si trattava infatti o di un completamento e un’integrazione tra due ordini altrimenti carenti di espressività e che potevano quindi trovare la loro pienezza espressiva solo dalla loro unione, o dell’avvicinamento tra due linguaggi diversi e autosufficienti che, tuttavia, potevano trovare un punto d’incontro nella loro comune capacità di esprimere gli affetti e le emozioni, da cui ne sarebbe derivato un potenziamento. Il compositore deve osservare i fenomeni fisici e il comportamento umano e usare la imitatio per appropriarsi delle composizioni dei grandi maestri; praeceptum, exemplum et imitatio sono fondamentali alla musica quanto lo è la retorica e le grandi opere – dirà Mattheson – non devono essere risultato di ispirazione o di esperienza soggettiva ma calcolato «sangue freddo». L’uso di determinate figure nella musica legata a un testo dà concretezza al significato della singola parola quando questa riveste particolare importanza e la ricorrenza della stessa figura sulla medesima parola, anche in opere diverse, è assai frequente in tutta la storia della musica. L’illustrazione pittorica del testo in musica ha origini antiche e il sistema più usato per rappresentare le immagini era il ‘vocalizzo’ che con l’andamento della sua linea melodica risultava adatto ad evocare parole: l’occhio prima dell’orecchio percepisce il messaggio simbolico e onde, lacci oppure catene e serpenti sono così chiaramente espresse.  Il musicus poeticus ricercando la relazione fra testo e musica usa evidenti analogie ma anche tali oscuri artifici. Alla base il tradizionale metodo di praeceptum, exemplum et imitatio che fa pensare al musicista come a un normale artigiano che esercita un ‘mestiere’. Bach era solito affermare che egli era riuscito ad ottenere risultati grazie all’operosità e alla pratica. Non modestia ma modo di pensare del tempo: «Nel genio umano i molti esempi di diversità e livelli di superiorità non sono in realtà il risultato di un dono di natura ma il frutto dell’acquisizione».