Da Menna a De Luca: i disastri della politica
Ero un ragazzetto quando, verso la fine degli anni cinquanta, mio padre (alunno capostazione presso la stazione FF.SS. di Salerno) mi raccontava di un ambizioso progetto delle FF.SS. consistente nello spostamento della stazione di Salerno dal sito, in cui era ed è, in una zona della bassa Valle dell’Irno al di là dell’attuale snodo autostradale che porta verso Caserta e Avellino. Mio padre (membro della direzione provinciale PSI) mi diceva anche del “grande disegno” dei socialisti di realizzare oltre al “polo ferroviario” anche quello “interportuale” per valorizzare l’area della Piana del Sele e rivitalizzare il “porto commerciale” e il riammagliamento stradale e autostradale con la nascente Salerno-Reggio Calabria. Ovviamente sembrava che di lì a qualche settimana sarebbero stati rimossi i binari sul lungomare e abbattuti il casello e l’ostello di Torrione. Per ridare dignità al lungomare, si diceva. Macchè!. Erano, quelli, gli anni in cui imperava la figura di Alfonso Menna. Anni bui in cui nessuno osava mettere in discussione le “grandi scelte” dell’uomo che assommava in sè vari incarichi prestigiosi. E per anni la “stazione ferroviaria di Salerno” patì l’incertezza della politica e il degrado del tempo. Le decisioni della politica andavano in tutt’ altre direzioni, mentre c’era ancora la stazione di Mercatello che fungeva già da “metropolitana leggera” scaricando centinaia di turisti che prendevano d’assalto i lidi balneari nei mesi estivi. Insomma una sorta di “Palinuro express” ante litteram. Poi vennero le scelte scellerate: la galleria di Santa Lucia, l’Università a Fisciano, l’abbandono dell’aeroporto e l’incremento fasullo del porto commerciale, la costruzione faraonica ma contorta della tangenziale per tutelare gli interessi (nemmeno tanto occulti) delle importanti “famiglie salernitane”. E più di tutte le altre cose ci fu la selvaggia “colata di cemento” a disdoro di qualsiasi elementare PRG (piano regolatore generale). Cercò di porre rimedio (trent’anni dopo il racconto di mio padre) al sacco edilizio ed amministraivo di Salerno il progetto socialista del famoso “laboratorio laico e di sinistra” dei socialisti Conte e Giordano che, per amore della verità, si avvalsero di una troupe irripetibile di cervelli salernitani quali: Franco Amatucci, Raffaele Galdi, Giovanni Giannattasio, Alberto Cuomo e tanti altri. Il laboratorio era aperto a tutte le estrazioni politiche ed in esso approdarono tecnici di vaglia di qualsiasi colore. Fu allora che venne deciso il blocco dello scempio edilizio con l’approvazione della famigerata “delibera n.71” alla fine di un infuocato consiglio comunale dei primi mesi del sindacato Giordano. La delibera, in pratica, bloccava qualsiasi insediamento edilizio se non venivano rispettati gli standard urbanistici consistenti essenzialmente nel rispetto del “verde pro capite”. Si bloccavano, così, gli interessi (anche poco leciti!!) della grandi famiglie salernitane mentre, nel contempo, il laboratorio partoriva le grandi idee urbanistiche per una città veramente europea: metropolitana leggera, rifacimento acquedotti e reti fognarie della Città capoluogo e delle città vicine, trincerone ferroviario fino alla tangenziale, prolungamento tangenziale fino all’aeroporto, Lungoirno, gallerie dal porto allo svincolo autostradale per Napoli, sub-way da Via Ligea alla foce dell’Irno, rifacimento del lungomare tra la spiagga di S.Teresa e il porto turistico, cittadella giudiziaria, cittadella finanziaria, riammagliamento stradale e autostradale (idee degli anni ’50), nascita dell’interporto di San Nicola Varco, fondovalle Calore, Cilentana, Bussentina, Aversana, Mingardina, raddoppio del tratto San Severino-Fratte, collegamento Baronissi-Eboli, potenziamento della Litoranea, delocalizzazione del porto commerciale, ecc. ecc. Insomma una grande progettualità nel contesto della “città possibile” in un’area metropolitana che andava da Cava alla Valle dell’Irno ai Picentini fino a Battipaglia. Le nuove idee, ma soprattutto le nuove regole di legalità e trasparenza impaurirono le “grandi famiglie” che vedevano svanire i loro interessi. In loro aiuto giunse rapida la Magistratura (quella con la M maiuscola) che, grazie a ben organizzati complotti probabilmente sconosciuti agli stessi magistrati, si insinuò nelle maglie sfilacciate del potere laico e di sinistra e sfasciò un’intera classe dirigente e politica. Soltanto qualche anno e il potere, grazie al rampante De Luca, viene restituito alle “grandi famiglie” che azzerano le idee e i progetti e sposano le nuove grandi idee (copia di quelle precedenti!!!): la cittadella giudiziaria passa nel centro della città, la lungoirno viene visibilmente distorta e ridotta, il trincerone si ferma al primo lotto, l’aeroporto si blocca, l’interporto svanisce, l’Aversana si riduce, della sub-way e del lungomare nemmeno l’ombra. La nuova strategia è quella del “project financing”, cioè dell’affidamento totale ai privati (scelti con laboriosa cura…e se non vanno bene il lavoro resta nel cassetto) per una “colata di cemento” senza precedenti nell’ottica di una rimappatura urbanistica della Città sulla base delle scelte operate da un solo uomo; proprio come accadeva negli anni sessanta con Alfonso Menna. Insomma, come dire di decenni volati via, di tragedie giudiziarie consumate sulle teste di pochi idealisti che ci avevano illuso di poter cambiare l’amministrazione della cosa pubblica. Il popolo si è accontentato, facilmente, degli apodittici annunci, delle illusioni mediatiche, delle fontane che non spruzzano acqua, dei marciapiedi in tanti casi inutilmente larghi e delle future piazze dai nomi roboanti ed ha presto dimenticato tutto quello che a questa Città serviva e serve per davvero. Altro che Crescent e Piazza della Libertà. Quel sogno di delocalizzare la stazione ferroviaria, ormai stretta su se stessa dalla cittadella giudiziaria, rimarrà per sempre un sogno.
Sempre interessanti le ricostruzioni di Bianchini, soprattutto per coloro che soltanto negli ultimi anni seguono con maggiore attenzione le vicende amministrative della città e sono consapevoli che il modo di amministrare del sindaco De Luca è un vero e proprio fattore frenante per lo sviluppo democratico della città, nonchè per la sua crescita socio-economica.
Un necessario approfondimento della questione impone però al giornalista di rendere più chiaro ed esplicito il frequente riferimento agli interessi economici di “grandi famiglie”, ovvero “autorevoli famiglie”, cittadine.
Senza inutilmente tirare in ballo profili di tipo penalistico (si tratterebbe di reati che ormai sarebbero ben prescritti), di certo molti cittadini sarebbero ben lieti di comprendere meglio quali sono le reali circostanze di fatto che inducono a ritenere che alcuni proprietari, imprenditori, professionisti, etc., siano stati avvantaggiati patrimonialmente dalle scelte amministrative degli ultimi decenni.
Invero, mentre le opzioni attuali sono già più “leggibili”, ma pur meritano di essere ben esplicitate, è proprio uno squarcio su quelle risalenti che consentirebbe la formazione di un quadro più completo, riannodando i fili di vicende decennali: forse diverrebero più comprensibili gli atteggiamenti odierni di alcune “anime belle”, i fenomeni di “successione” nelle candidature politiche e negli incarichi del settore pubblico allargato, nonchè le fortune economiche di alcuni, che poco conto hanno dato di sè.
Lo so questa schiettezza è lontana dalle abitudini del giornalismo italiano, e vieppiù di quello di provincia, ma è bene chiarirsi: fino a quando si resta ai confine di indagini (e lamentazioni) di taglio sociologico sarà difficile sottrarsi ad un qualsivoglia sistema di potere a scarso tasso democratico, e fondato soprattutto su familismo e corruttele.
Messaggio per il sig. Aldo Bianchini :
Egr. Le scrivo per poter conoscere (anche se in modo sommario) della vita politica e sociale della Città di Salerno dal 1950 all’oggi .
Ho vissuto dal 1944 al giugno del 1950 a Salerno ove ho frequentato sino alla 3 elementare .
Ricordo che :Sindaco fu poi Napoli(medico) , il lungomare fu allargato e che facevamo ed adavamo a veder pescare un personaggio che si chiamava “Vicienzo ‘o Piscatore” il quale passava con la sua crretta del pesce verso le 13°° al grido
abitavo in via Fabrizio Pinto e stavano costruendo il colleggio Salesiano dietro il mio quartiere .
Esiste ancora la strada che portava al campo sportivo detta??
Sapete darmi notizie della coppia Rag. Capuano_Rinaldi ??
Mi scusi, ma nei miei occhi bambini c’è ancora quella luce degli anni ’50 .
Ora vivo a Roma d’allora ed ho 67 anni ma la mia mente è Lì alla mia Salerno .
Saluti e mi aggiorni con eventuali links del giornale , grazie.