Case di cartapesta. Di chi la colpa?
Servire gli altri. La Chiesa del Giovedì Santo. Quella che in ginocchio, liturgicamente, ripropone la lavanda dei piedi, sull’esempio del Cristo. Che nell’ultima Cena lasciò un segno tangibile della Sua presenza, attraverso l’istituzione dell’Eucarestia. Un modo per non far sentire solo l’uomo, spesso costretto a districarsi nel labirinto esistenziale, tra troppe prove e svariate vie senza uscita. Un dedalo dal quale si rischia di non uscirne, senza le ali della speranza. Le macerie abruzzesi interrogano le coscienze. Citano in causa le responsabilità civili. Interrogano l’affidabilità amministrativa. Le case si sono sbriciolate. Malgrado avessero appena pochi anni di vita. Come gli austeri stabili barocchi. Sfidano il cielo, solo superstiti mobili. Sventrato il nuovo. Come il datato. In polvere il passato ed il presente. Un’atmosfera desolante. Bellica. Al suolo ancora massi, pietre, mattoni e quant’altro un tempo aveva offerto conforto domestico. In una regione sismica, come d’altronde è l’intero nostro Paese, in cui i criteri per l’edificazione infrastrutturale, sono stati ignorati. Nessuna voglia d’ attenersi alle disposizioni, per la messa in sicurezza delle popolazioni. Anche se solo da quest’anno, l’obbligo d’ossequio nell’edificazione, a determinati schemi, in merito sia ad i materiali di costruzione, che alle regole. In altri Paesi, laddove la Terra trema frequentemente, gli abitanti convivono con la sismicità del suolo, sentendosi protetti nelle loro dimore. Nei Paesi dell’Oriente, nemico non più il terremoto, che fa ballare oggetti e persone. Che ama spesso procedere a braccetto col maremoto. In Italia, ancora l’abusivismo edilizio, la fa da padrone. E l’irresponsabilità amministrativa. Ora scattano tecnici, fisici, geologi. Il parterre d’elite, la task force d’eccellenza, per monitorare il territorio e verificare lo stato della regione. Completamente orfana d’infrastrutture. E di strutture. Tra i terremoti che hanno vergato una pagina tragica nel nostro tempo, quello che l’Abruzzo sta continuando a vivere in questi giorni. La ricostruzione del sisma campano dell’80, richiese anni. Tuttora, i metallici container in alcune realtà, rimandano a quella triste sera del 23 novembre, quando alcuni paesi furono sfigurati. E centinaia di fedeli si ritrovarono sotto la chiesa di Balvano. L’Aquila attende aiuto. Sostegno. Implora viveri, generi di prima necessità. Le migliaia di sopravvissuti, illese al sisma, ora devono guarire lo shock di 20 interminabili secondi. E delle scosse che ad ogni pie’ sospinto, rinsaldano l’angoscia. Lo sciame sismico, che da ben tre mesi s’imponeva, non è stato valutato appieno prima. Alla comunità scientifica ora, pontificare! Intanto nel polverone aquilano, continua il lamento dei feriti, mescolato alla disperazione dei familiari delle vittime. Venerdì Santo, morte di Cristo sulla croce. Solenni funerali di tutte le vittime. La luna della Parasceve, dietro le nuvole, accompagna i primi convogli carichi d’alimenti e d’indumenti. Le centinaia di preghiere, silenziose e corali, a suffragio di martiri, non per vocazione.