A scuola di politica…democratica!

di Rita Occidente Lupo

16 marzo 1978: tragedia in Via Fani. La storia annovera un martire dell’ideologia politica. Aldo Moro. In olocausto agl’interessi del Governo, che saluta la vigilia dell’ingresso dei comunisti in maggioranza. Un colpo al cuore dello Stato il suo rapimento. Inutili i tentativi anche da parte del Papa, d’implorare la grazia della sua liberazione.Una prigionia vergata di pii tentativi, nella mediazione della libertà, tra faziosità politiche. Con le intellighenzie che, tirando i fili di un sottile gioco, dopo 55 giorni, produssero il verdetto assassino. Il giustizialismo d’un capro espiatorio immolante, alla causa nazionale, il meglio di sè. I suoi affetti. I suoi sani principi etici. La sua democrazia cristiana. Vita vissuta. Consumata, durante la prigionia, tra silenzi infittiti di preghiere ed attese. Di consapevolezze che, dall’altra parte della barricata, le Brigate erano più rosse dei suoi carcerieri. Con molta reverenzialità, il presidente Moro, fu trattato mentre trattava. Senza cessare d’interloquire con chi di dovere. Di mediare per quel pentapartito che avrebbe salutato una nuova era per il Paese. Il suo sacrificio: consummatum fuit. Oggi, Via Fani, interroga ancora le coscienze. Di coloro che possono guardare al vecchio partito sturziano, rivisitato dalla Dca di Rotondi o rimaneggiato dietro lo scudo crociato riconquistato da Pizza. Dal nascente Pdl o dall’incerta Unione di Centro. Da Aldo Moro, a scuola di politica. A costo della vita. Scimmiottando ogni sorta di laicismo infamante. Il presidente della vecchia balena bianca, tenne alta la dignità dell’impegno sociale. L’abilità dell’essere propositore ed esecutore di disegni politici, proiettanti un Paese ancora sfigurato, dai processi d’arretratezza meridionale, sullo scenario internazionale. Un uomo che, dinanzi alla consapevolezza che il suo boia era lo stesso Partito, nel quale aveva creduto, che le Brigate Rosse, sabotaggio ad una classe politica che rimaneggiando la democrazia, la strumentalizzava per il proprio tornaconto, seppe anche chinare il capo. In ossequio alle stesse idee, alle stesse volitività di chi, senza sentirsi lo Stato, aveva cercato d’inserirsi appieno nello Stato. Moro aveva compreso le ragioni dei suoi compagni di ventura. Perchè, i Brigatisti, gli furono più vicini degli stessi suoi colleghi di Partito, ai quali la famiglia fino all’ultimo s’appellò, nel tentativo di riscattargli la vita.  Gli spararono prima delle Brigate Rosse! Al di là  del cappuccio, il presidente li aveva conosciuti bene singolarmente. I suoi ultimi istanti di vita, agghiacciati dalla balenante verità sui propri esecutori! Il 9 maggio in Via Caetani, il portabagagli di un’auto, per l’ultimo saluto.