Donne infibulate: ancora milioni le bambine mutilate

Annachiara Fasulo

Le bambine mutilate ogni anno nel mondo sono tra i 2 e i 3 milioni. L’Egitto, a giugno di quest’anno, ha scelto di proibire espressamente la pratica di mutilazione dei genitali femminili, ma si assiste alla sua diffusione in Paesi che fino ad ora non le praticavano come l’Arabia Saudita e l’Iraq. Sotto la sigla MGF rientrano una serie di pratiche lesive dell’integrità psico-fisica e della dignità della donna, suddivise dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in quattro tipi. La forma più invasiva è l’infibulazione che consiste nell’asportazione del clitoride, delle piccole labbra e parte delle grandi, con successiva sutura che lascia solo un unico buco, grande come un chicco di grano, per la fuoriuscita di urina e flusso mestruale. Sebbene le MGF siano diffuse soprattutto nei Paesi dell’Africa Subsahariana, il fenomeno ci riguarda da vicino perché con l’immigrazione nei nostri Paesi è stata esportata anche questa pratica. Spesso, in un contesto di immigrazione, la mutilazione viene effettuata in occasione di viaggi nei Paesi d’origine ma talvolta viene praticata in clandestinità da donne che continuano la tradizione. Nel 2006 l’Italia ha risposto emanando una legge che introduce due articoli nel codice penale che espressamente qualificano come delitti la mutilazione e la lesione degli organi genitali femminili. Le finalità di cui all’art. 1 della legge 9 gennaio 2006 n. 7 sono “prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile” e ampia parte della legge è dedicata agli interventi di informazione, prevenzione e cooperazione. Purtroppo però è stato fatto poco in sede di attuazione. Poche sono le denunce e nei tribunali sono stati portati solo due casi prima del 2006 e, successivamente all’emanazione della legge, c’è stato un unico arresto a Caldiero, in provincia di Verona, nell’aprile del 2006. La “mammana” nigeriana è stata accusata di praticare infibulazioni a domicilio, successivamente il capo d’imputazione è stato mutato in lesione degli organi genitali femminili. Il processo è ancora in corso ma sono emerse una serie di difficoltà derivanti sia dalla formulazione imprecisa degli artt. 583-bis e 583-ter del codice penale, sia da dubbi sulla legittimità costituzionale di una legge che tutela solo le bambine, rischiando di violare l’art.3 della Costituzione e cioè il principio di uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini davanti alla legge senza distinzione di sesso.