Depressione: povertà del nuovo Millennio

 Rita Occidente Lupo

Un’iniezione di stima. E di bontà non guasta mai. Non solo a Natale. Capita che coi primi fiocchi, anche se non generosi col Sud Italia, baciato dal mare, s’inizi a pensare anche al Natale sotto un aspetto diverso. Un tempo ci si preparava con la cenere del braciere e le tovaglie coi pizzi da sfoggiare già dalla vigilia. Come contorno al pesce ed alle verdure. In ossequio alle tradizioni. Oggi non è più il pranzo, che occupa uno spazio decisivo nella vita sociale di ognuno. Quanto piuttosto l’attenzione che s’intende rivolgere specialmente agli ultimi. Chi sono poi oggi i nuovi poveri, è un po’ difficile da definire. I parametri sono mutati. E nuove fasce di disagio allungano le file delle mense di carità. Spesso sollevando il bavero del cappotto, per non farsi riconoscere o recandosi furtivamente, quando tutti già pranzano. Tra tante povertà, quelle che il terzo millennio inchioda alla storia del suo tempo, senza dubbio sono anche quelle psicologiche. Le stime recenti portano in vetta alle classifiche nazionali il nostro Paese per depressione. Un disturbo dell’umore banale, apparentemente innocuo, destinato poi ad ingigantire la propria aggressività, al punto da poter avviare al suicidio. E’ strano come tale patologia, che a volte si unisce anche al disturbo bipolare, alternanza di umore, sia ancora così ben miscelata, per fattori di natura organica ereditaria e genetica, da rendere ostico ogni tentativo di guarigione. Infatti, dalla depressione non si guarisce mai, sostengono le scuole psichiatriche maggiormente all’avanguardia. Però si può lottare per vincerla. Urtando contro il desiderio del depresso di rinchiudersi nel suo isolamento asfissiante e nella sua incapacità di relazionarsi.E’ proprio contro tale silenzi, spesso assordanti, che il Natale urta. La solidarietà tende la mano specialemnte a coloro che tacciono, spenti nella loro voglia di gioire.