Cilento: Convegno – Studio, Terra Matrigna, 150 anni di emigrazione e spopolamento

Da un allontanamento necessario all’abbandono consapevole.

Con il terzo incontro, che si è svolto a Palinuro, presso l’Antiquarium Teatro , nella serata del 21 agosto, si è concluso il Convegno Studio su “Terra Matrigna, 150 anni di emigrazione e spopolamento del Cilento. Da un allontanamento necessario all’abbandono consapevole”

Organizzato dall’Associazione “Progetto Centola” e dal Gruppo Mingardo Lambro, con il Patrocinio dei Comuni di Celle Bulgheria, Centola e Torraca, alle cui autorità va il nostro ringraziamento per il prezioso aiuto che ci è stato dato, gli incontri nelle diverse serate hanno permesso ai relatori un lungo e articolato processo di riflessione sul tema dell’emigrazione che ha coinvolto una realtà importante del nostro territorio.

Il Convegno Studio ha visto articolarsi tre incontri dislocati sul territorio ed esattamente a Celle Bulgheria, a Torraca e a Palinuro, nei quali sono stati sviluppati tre temi relativi al processo di emigrazione ed esattamente L’emigrazione storica di (1870 – 1960) (Celle Bulgheria, 31 Luglio 2021), L’emigrazione contemporanea. La diaspora dei giovani [Cause – Effetti – Rimedi] (Torraca, O7 Agosto 2021), Lo spopolamento delle aree interne [Cause – Effetti – Rimedi] (Centola-Palinuro, 21 Agosto 2021).

La regia attenta e minuziosa di Ezio Martuscelli, presidente dell’Associazione Progetto Centola, ha permesso un coordinamento del gruppo che ha portato a risultati sicuramente utili e apprezzabili.

Nel Primo incontro Alfonso Conte ha ripercorso con rigorosa passione l’itinerario lungo un secolo di una emigrazione che, nel suo diverso articolarsi ha visto prima come meta le Americhe, poi, a cavallo del boom economico, l’Europa e l’Italia settentrionale. Fenomeno che se per un verso ha portato,attraverso le rimesse, risorse economiche nuove al territorio, ha anche sterilizzato ed eliso mestieri antichi e potenzialità, appena accennate, di questa terra.

Diverso il discorso di Rita Gravina che, dati contemporanei alla mano, ha analizzato il nuovo fenomeno dell’emigrazione giovanile che sta tra la perdita di potenzialità intellettuali; molti i giovani con laurea e master, che abbandonano le proprie case, spessissimo definitivamente l’Italia, e la ricerca, di nuovo, di un lavoro che permetta una vita che non sia legata all’assistenzialismo statale. E’ tornata, anche se in modo diverso, la valigia di cartone. I tentativi di smuovere il territorio cominciano ad esserci, le ipotesi di start up che recuperino antichi mestieri e professioni, un uso diverso e più qualificato dell’informatizzazione, soprattutto nella pubblica amministrazione, sono proposte che fanno sperare in bene.

Francesco D’Episcopo, nel suo intervento ha proposto una ricognizione e valorizzazione del genio meridionale e delle sue potenzialità.

Nel terzo incontro Luigi Leuzzi ha messo in luce la dicotomia dell’identità del migrante che per un verso, ascoltando il Super io, cerca nuove terre, nuove occasioni di vita, e lo strazio dell’Es che abbandona la sua terra e resta orfano di una parte fondamentale di sé.

Angela Natale con poetico garbo ci ha condotto per mano nei sentieri della solitudine dell’emigrante per eccellenza, il sommo Dante, (Era già l’ora che volge il disio…) e nelle sue attese di ritorno vincitore cinto del lauro, speranza di tanti, molti emigranti che in qualche modo affidano ai loro discendenti.

E’ di questo ci ha parlato Raffaele Riccio, portando l’esempio dello Stato di MinasGerais,fondato e costruito da tantissimi cilentani e altrettanti abitanti dei territorio limitrofi a cui ancora sono intitolate strade e borghi e da cui nipoti e pronipoti partono per tornare in queste terre e ritrovare le loro origini. Un racconto, quello di Riccio che ci ha immerso nel mondo del nostos, del ritorno. Non sfugge al nostro relatore la potenzialità di un nuovo e più qualificato turismo che, questo desiderio di conoscersi per ciò che si è stati e, perciò, per quel che si è, può portare al territorio.

Poetiche le letture delle lettere di emigranti fatte da Maria Luisa Amendola, che ci hanno mostrato un aspetto psicologico dell’emigrazione poco noto.

Questi incontri sono stati possibili anche grazie all’aiuto di Pasquale Carelli, Luciana Gravina, e tutti quelli che hanno coordinato il territorio e moderato gli interventi.

L’auspicio ora è di pubblicare gli atti di questo percorso per lasciare traccia di un lavoro che va proseguito e perseguito negli anni a venire.

Luciana Gravina e Rita Gravina